L’officina esistenziale maestro-discepolo

Dice Leonardo commentando il post Il maestro non “incendia” il cuore del discepolo: Ma mi chiedo qual è l’azione del discepolo sul maestro? C’è? Esiste? Ha senso parlarne?

Si considera la relazione maestro-discepolo come se fosse a senso unico, ma noi sappiamo che nella realtà nulla ha una sola direzione, ma tutto è scambio e relazione biunivoca. Fa forse eccezione questo rapporto?

Quella del maestro è una funzione, l’individuo che la esercita ha una evoluzione di vario grado e dunque è soggetto alla legge del karma e sta, comunque, apprendendo qualcosa dalla incarnazione in corso.

Questo vale per qualsivoglia maestro indipendentemente da come egli si interpreta e da come i discepoli lo interpretano: sarebbe interessante una analisi di queste interpretazioni, di come gli uni e gli altri leggono e ricoprono la funzione, non escludo che possa essere molto divertente.

Personalmente ho assolto la funzione di maestro mai sentendomi tale; d’altra parte ho ricoperto altre funzioni nella vita e nemmeno con esse mi sono mai sentito veramente identificato: ho sempre operato per servire, per migliorare qualcosa o qualcuno, nonostante i miei limiti, ma nel mio intimo ho vissuto queste scene con lo spirito dell’attore sul palcoscenico; prima o poi la rappresentazione sarebbe finita.

Il discepolo, che mai ho considerato tale ma ho sempre riconosciuto come altro da me alla pari di me, mi ha permesso gran parte del cammino esistenziale che ho compiuto negli ultimi trenta anni.
Nella relatività della relazione che riuscivo a impostare, condizionata dai miei e altrui limiti, ho dovuto inventare linguaggi, filosofia, pedagogia, didattica per farmi intendere.
Ho dovuto plasmare spinte, reazioni, prevenzioni, ansie, aspettative, delusioni: il rapporto con qualcuno che mi chiedeva una parola, una indicazione, è stata una officina insostituibile, qualcosa la cui funzione vedevo in modo chiaro e nella quale non ho risparmiato energie, consapevole che era la mia e l’altrui vita a essere in gioco, e a esserlo in maniera determinante e, per me, assoluta.

In quest’ottica si spiega perché per me sia stato così logorante confrontarmi con la tiepidezza di molti che negli anni sono capitati qui: tiepidezza che io non conosco, ma che, soprattutto, vanifica l’officina che tendo a realizzare; essa ha un senso solo se entrambi i protagonisti si buttano senza riserve, altrimenti diviene solo fatica per l’unico che veramente si spende.

Nell’officina, composta da due o da venti individui, essendo tutti diversi e ricoprendo funzioni differenti, non conta tanto il limite di comprensione che si porta, anche se ha la sua importanza, quanto l’immersione nel lavoro esistenziale che si è in grado di mettere in atto.

Un discepolo volenteroso porterà molta legna da ardere, e libererà molto amore e molta disponibilità nel maestro. Un discepolo tiepido sbilancerà inevitabilmente il rapporto e finirà per logorarlo.

Nella mia visione ed esperienza, la relazione maestro-discepolo, discepolo-maestro obbedisce, come tutto nel divenire, alla legge dell’equilibrio: se contenuto e contenitore sono adeguati l’uno all’altro, grande sarà il profitto esistenziale della relazione.

Essere adeguati significa possedere comprensione, filosofia, pedagogia, didattica, linguaggio, prassi di vita tali da poter orientare, nel maestro; e bisogno esistenziale associato a forte volontà e grande determinazione, nel discepolo.

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2 commenti su “L’officina esistenziale maestro-discepolo”

  1. Inappuntabile quello che affermi.
    Quando l allievo non è solo uno ma sono molti il logoramento dipende dalla quantità di allievi tiepidi, se prevalgono la relazione è davvero sbilanciata

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  2. Grazie Roberto, le tue parole portano nuova luce su questo tema del rapporto maestro e discepolo e aiutano chi ha avuto l’opportunità di averti come buon amico a riconoscere le proprie responsabilità come “contenitore” e a comprendere meglio quanto vissuto nella relazione con te in tutti questi anni.

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