Una responsabilità prioritaria: non alimentare l’inimicizia

Questo tempo è attraversato da correnti di inimicizia molto forti, molto pervasive e che intessono gli animi e le relazioni.
Non descriverò qui i mille volti di questa inimicizia, sono più che evidenti anche agli occhi dei meno accorti.
Voglio invece parlare della responsabilità di chi ha compreso l’importanza e la delicatezza di questo tempo di transizione per le coscienze.
Mi risulta incomprensibile e non accettabile l’atteggiamento di quanti si voltano schifati di fronte all’essere attuale del mondo: non comprendo la presunzione che sostiene quella avversione, non condivido il tirarsene fuori, la critica di chi non si misura con i processi.
Se c’è vera comprensione del tempo che stiamo vivendo, non può esserci giudizio tranciante, né astensione dall’operare affinché la realtà evolva.
L’inimicizia profonda di questo tempo è figlia della non comprensione che genera la paura, la diffidenza, la marcatura dei piccoli e meschini territori personali, di razza, di civiltà, di nazione.
Chi ha compreso nel suo intimo il procedere dei processi di conoscenza-consapevolezza-comprensione, ha una responsabilità precisa ed ineludibile: cooperare affinché il meglio in sé e nell’altro possa esprimersi, possa giungere a consapevolezza superando il velo delle ostilità e delle opposizioni, e tessere una trama di relazioni fondate sul creare, sul comunicare, sul confrontarsi, sul condividere e non sull’opporsi, sul dividersi, sull’ignorarsi, sul negarsi.
Chi non ha compreso le basi del vivere può permettersi il lusso della distruzione: chi ha compreso, può solo costruire, può riparare i danni da altri provocati, può educare, può contenere il dilagare degli egoismi e degli odi.
Si risponde all’odio con l’amore, non bisogna mai dimenticarlo: se si perde questo riferimento interiore si è perduti a se stessi e al proprio vivere.
Lo ripeto: si risponde all’odio con l’amore. Se si è capaci d’amore, naturalmente, e se non si è capaci si cerca di imparare l’arte non facile dell’amare che impone il lungo e faticoso processo del conoscersi e del fare i conti con quel che si è.
Quando l’inimicizia che ammorba il mondo ha conquistato uno spazio anche nel nostro interiore, allora siamo diventati come il mondo: nulla vale che noi si condanni il mondo e il suo male, ciò che importa è che noi siamo ammorbati dallo stesso male, l’inimicizia, l’odio, l’avversione, il giudizio, il non discernimento.
Ciò che ci assimila al mondo è il modo di manifestare la nostra intenzione che, sebbene sia diversa e anche alta e nobile, nel momento in cui deve divenire pratica ordinaria di vita, precipita nel mare dei giudizi, delle aspettative, delle stroncature, delle presunzioni.
Una intenzione sorretta da adeguate comprensioni genera un pensiero, un’emozione ed un’azione coerenti, orientate dall’amore e dalla compassione, sostenute dalla modestia e dall’umiltà: una intenzione anche nobile, che si veste di avversione e di inimicizia, non è sorretta da una comprensione autentica.
Se abbiamo compreso, agiamo dunque affinché il nostro vivere sia all’insegna della compassione: se non abbiamo compreso e ne siamo consapevoli, facciamo un passo indietro e lavoriamo il nostro limite evitando di alimentare il peggio di noi: se taceremo, se staremo un passo indietro, il mondo non soffrirà la nostra assenza.
Infine ripeto ancora ciò che ritengo determinante: di fronte ad un mondo pervaso di inimicizia, c’è bisogno di un’intenzione d’amicizia, di compassione e d’amore che deve essere sostenuta nel tempo da coloro che nell’intimo hanno compreso.
Quando l’altro divide, noi uniamo.
Quando l’altro condanna, noi comprendiamo.
Quando l’altro giudica, noi ci interroghiamo.
Quando l’altro offende, noi ripariamo l’offesa.
Quell’altro di cui qui parlo, spesso non è l’altro da noi, ma e quell’altro che vive in noi e che non ha compreso bene e si mostra nel suo limite, prevaricando e umiliando la parte di noi più prudente, più equilibrata e, magari, più saggia.
Un po’ di silenzio ci permetterà di ascoltare bene le voci del nostro interiore e magari, chissà, ci permetterà anche di sentire ciò che il nostro prossimo ha da dire.


Novità dal Sentiero contemplativo: se vuoi, iscriviti alla community

 

Print Friendly, PDF & Email

12 commenti su “Una responsabilità prioritaria: non alimentare l’inimicizia”

  1. “Quando l’altro divide, noi uniamo.
    Quando l’altro condanna, noi comprendiamo.
    Quando l’altro giudica, noi ci interroghiamo.
    Quando l’altro offende, noi ripariamo l’offesa.
    Quell’altro di cui qui parlo, spesso non è l’altro da noi, ma e quell’altro che vive in noi e che non ha compreso bene e si mostra nel suo limite, prevaricando e umiliando la parte di noi più prudente, più equilibrata e, magari, più saggia.
    Un po’ di silenzio ci permetterà di ascoltare bene le voci del nostro interiore e magari, chissà, ci permetterà anche di sentire ciò che il nostro prossimo ha da dire.”
    …infatti L’ALTRO non è fuori da me, ma vive anche lui in me… e come parla, come è prepotente!!! Sì, è la parte pigra, che dimentica ciò sta sta imparando, ciò che ha imparato…che agisce come una macchina, che vuole essere speciale, che non si ricorda della mia irrilevanza.
    Per quanto mi riguarda, necessito di ricordare cosa stiamo imparando, me lo dimentico, soprattutto quando le cose da fare sono tante e quando non mi concedo un po’ di silenzio.
    Grazie per camminare insieme!

    Rispondi
  2. “Si risponde all’odio con l’amore, non bisogna mai dimenticarlo: se si perde questo riferimento interiore si è perduti a se stessi e al proprio vivere”.
    Parole illuminanti, grazie Roberto. Questo post arriva, come sempre per me, al momento giusto, in un momento in cui sento urgente il bisogno di deporre le armi…

    Rispondi
  3. ÈCiò che ci assimila al mondo è il modo di manifestare la nostra intenzione che, sebbene sia diversa e anche alta e nobile, nel momento in cui deve divenire pratica ordinaria di vita, precipita nel mare dei giudizi, delle aspettative, delle stroncature, delle presunzioni.”
    È proprio così. Il giochetto dell’identità viene smascherato. Quel passo indietro, se non due, è quanto mai urgente

    Rispondi
  4. Grazie Roberto, questo post tocca anche me, è un aiuto a riflettere, come dice Catia, a non perdere la vigilanza al nostro comportamento.

    Rispondi
  5. Certo non possiamo chiamarci fuori rispetto al dilagare di chi fomenta divisione, esclusione, inimicizia. Come dice Alberta, questo post tocca anche me nel profondo. Dovremmo ripetere come un mantra la parte che comprende i quattro “quando” in modo da non perdere la vigilanza, sempre necessaria per essere aperti all’altro, scevri da giudizi e inclusivi.

    Rispondi

Lascia un commento