La funzione di un tumore, l’elezione di Trump

Assimilo la vittoria di Donald Trump alle elezioni americane, alla notizia di un tumore che ci ha colpito e invaso di metastasi.
La vittoria di Hilary Clinton sarebbe stata assimilabile ad una malattia cronica grave priva di una sintomatologia eclatante e tale da indurci a provvedere sollecitamente.
Il ventre dell’America media è sul tavolo operatorio, esposto, nudo, puzzolente.
Evidentemente, non è Trump il tumore, ne è solo il simbolo.
Tutti coloro che si sono impoveriti negli ultimi decenni hanno trovato il loro campione e sperano che lui possa risolvere le loro sorti. Auguri!
Noi italiani conosciamo come è andata a finire, abbiamo avuto per vent’anni il nostro Donald, il nostro campione e si chiamava Silvio.
Anche in questo caso non era lui il tumore, ne era il simbolo.
Molti degli impoveriti, dei delusi, dei frustrati, dei rabbiosi lo hanno a suo tempo votato: dubito che oggi abbiano compreso il loro errore, che si sentano responsabili di un ventennio perso, del male che, anche grazie a loro, è sceso più in profondità.
Pare che l’umano impari, quasi sempre, solo facendosi male: un tumore è certamente qualcosa di male, almeno nell’impatto, ma potrebbe anche avviare processi sani di riflessione, di rifiuto della morte incipiente, di desiderio di rinascita, di riscatto.
Dopo il ventennio berlusconiano, questo paese è ancora profondamente e mortiferamente paralizzato: sembra che il corpo sociale non abbia contribuito a generare gli anticorpi alla malattia grave che l’ha colpito, sembra incapace di decodificare con chiarezza i simboli della propria malattia e di provvedere efficacemente.
Sembra che il tumore abbia corrotto nel profondo la sua capacità di analisi, di consapevolezza, di controllo, di reazione: il paese è come un corpo in cui il sistema nervoso centrale non opera più secondo una logica ed una visione d’insieme.
Il tumore americano, unito agli altri innumerevoli umori che ammorbano il pianeta, sarà in grado di attivare una reazione, un sussulto?
Negli anni sessanta, una generazione ha rotto degli equilibri mortiferi perché sentiva interiormente che aveva bisogno di altro: aveva comprensioni interiori nuove che non trovavano una possibilità espressiva nel corpo sociale, nei suoi valori, nella sua struttura.
Oggi esiste una generazione che ha comprensioni tali da poter attivare un processo di cambiamento radicale?
O, più semplicemente, esiste una generazione mediocre nel sentire che ha come unica aspettativa quella di difendere il poco che ha e di volerlo migliorare tagliando fuori l’altro da sé, in una sorta di lotta primaria per la sopravvivenza?
O, altra possibilità, non sono le difficoltà di questi anni, e i tumori che ci assalgono, altro che le doglie del parto di un nuovo sentire che lentamente, ma inesorabilmente, va affermandosi facendo esplodere, portando ad evidenza il vecchio che muore?
Allora Trump è il simbolo del vecchio che muore e che mostra la propria natura senza più celarla? E la Clinton sarebbe stata il simbolo del vecchio che continuava mortifero a dominare?
Può darsi. Può darsi anche che sia più facile liberarsi di un cadavere maleodorante che abbiamo chiaramente sotto gli occhi.
Questo spero, anche se la nostra esperienza italiana non lo confermerebbe, dal momento che siamo passati da un illusionista ad un altro illusionista con il tumore sempre più diffuso.
Certo è che si può uscire dal tumore conoscendone le ragioni che lo hanno generato e riformando in profondità il modo di pensare, di lavorare, di consumare, di relazionarsi: si può uscirne andando avanti, ma non è quello a cui stiamo assistendo, i semi di un sentire nuovo sono soffocati e coperti dagli umori intestini e lo sconquasso americano, e quelli che seguiranno altrove, non metteranno in discussione nessuna di quelle che sono le radici reali e profonde del tumore.
Perché? Perché questa non è una rivoluzione guidata dal sentire, ma dalla rabbia e dalla frustrazione.


Se hai qualcosa da chiedere. Le risposte.
Newsletter “Il Sentiero del mese”  |  Novità dal Sentiero contemplativo
Ricevi una notifica quando esce un nuovo post. Inserisci la tua mail:

 

Print Friendly, PDF & Email

2 commenti su “La funzione di un tumore, l’elezione di Trump”

  1. Grazie robi per questa analisi cristallina…almeno mi aiuta a riprendermi da un sincero stordimento, perché no riesco a capire proprio come possa esistere stato votato anche da una sola persona.

    Rispondi

Lascia un commento