Sull’intenzione dell’altro

Da Alberto: “Quant’è importante riuscire a credere nella “buona fede” della persona che si ha davanti?”
Una lettura delle intenzioni di fondo dell’altro è senz’altro necessaria per poter discernere e dare luogo al comportamento, alle scelte più opportune in quel frangente.
Aldilà di questo discernimento, che mai potrà svelare la realtà dell’altro essendo anche ad esso nascosta, bisogna tenere in conto che, come sempre, ciò che è centrale è la nostra intenzione e la nostra reazione.
L’altro è legittimato a mettere in atto ciò che il suo sentire gli permette; noi, ugualmente, siamo legittimati dal nostro sentire.
Possiamo accogliere o rifiutare; essere teneri o duri; affrontare o defilarci.
Lavoreremo sulle tracce residue, su quello che accade in noi mente la relazione è in atto e quando è già passata. Tutto ci tocca, niente ci lascia indifferenti.
Partiremo da un principio: non accusare. E poi da un secondo principio: non sentirci vittima. Postulato questo, faremo un’indagine sul vissuto che avrà l’ampiezza che il nostro sentire ci potrà permettere.
L’altro è in mala fede? Valuterò e sceglierò tenendo conto di quello che mi appare, non che è, che mi appare, ma il determinante è il singolo mio più piccolo movimento interiore: non debbo mai togliere gli occhi da me, dalla mia reazione emotiva, dal pensiero che sorge, dai moti di avversione, dalla vittima, dall’offeso,  dal vilipeso.
Qualunque sia il torto dell’altro, ciò che solo conta è la mia reazione; la vita dell’altro è sua, non mi riguarda la sua intenzione; invece sono chiamato subito, subito non dopo un lustro, ad osservare ciò che si agita in me.

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