accoglienza

Portare il peso del limite dell’altro

Ognuno ha i propri eroi, io ho questo piccolo uomo che porta a scuola sulle spalle, tutti i giorni, per 30 km il figlio disabile.

Viviamo tutti in relazione e tutti abbiamo figli, partner, colleghi, amici, fratelli e sorelle nel cammino interiore.
Nella relazione ci mostriamo a loro con i nostri limiti, il nostro non compreso, e loro si mostrano a noi.
Non c’è scampo e ad ogni ora siamo chiamati a caricarci sulle spalle il peso del nostro e dell’altrui limite.
Un rifiuto di questa assunzione di responsabilità, si evidenzia attraverso il giudizio: quando l’altro viene stigmatizzato per il limite che ha marcato, quel giudizio ci ricorda che lo stiamo rifiutando, che non lo stiamo accogliendo, che non ci carichiamo il suo essere limitato sulle spalle e lo portiamo nella nostra vita, come l’altro porta noi.
Vogliamo che l’altro porti noi, ma noi non portiamo lui.
Vogliamo essere accolti e sostenuti, ma non accogliamo e sosteniamo.
Ci ricordiamo allora che la vita è una sequenza infinita di gesti di accoglienza, di situazioni in cui ci pieghiamo e diciamo quel si che cambia le cose, la natura della relazione stessa, di ogni relazione.
Per favore, non tirate in campo il fatto che bisogna anche dire dei no, non stiamo affrontando la questione a quel livello in questo momento.
Chi ha dei figli, chi vive con un partner da tempo, chi vive in una comunità, chi svolge una relazione di aiuto queste cose le sa.
Ci si carica sulle spalle il limite dell’altro perché in noi è germogliata l’esperienza della compassione, non per altro.

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compassione

Vedere la realtà con gli occhi della compassione

Si può vedere e partecipare la realtà con gli occhi della mente che tutto fraziona, tutto giudica, tutto attribuisce.
Si può vedere e partecipare avvolti nel manto delle emozioni e delle affettività che tutto colorano creando trasporto e partecipazione.
Si può infine vedere e partecipare la realtà con l’ampiezza del sentire che tutto abbraccia e nulla discrimina, che tiene insieme le parti e considera il processo più che il singolo fatto, che comprende la realtà sempre in termini unitari.
All’interno del sentire, può sorgere come dono il fiore della compassione che di tutto si avvede, a tutto provvede nella discrezione, con tutto procede nella vicinanza, nella comprensione e nel sostegno, sempre un passo indietro consapevole della propria irrilevanza.
Si può insegnare la compassione? Dubito, anche se ci si può disporre, di certo si può vivere per quel che ci è dato.
Si può coltivare assieme? Si, può essere il piccolo germoglio che la coppia, la famiglia, la comunità, il gruppo di colleghi coltivano a tutte le ore, senza sforzo, semplicemente avendola presente allo sguardo.
Può un cammino come il Sentiero fare della compassione la propria essenza? Lo ha già fatto, nel momento in cui ha edificato le fondamenta del proprio procedere sul limite considerandolo il primo tra tutti gli insegnanti.

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Immagine da http://goo.gl/xWiyB8

sono migliore

Sono migliore di te ?

Ho amici complottisti, loro vedono losche trame dietro ogni evento. Ne ho altri che continuamente protestano, con tutte le ragioni, sul malaffare nella politica e nella società in genere.
Per parte mia non so se ci siano ovunque dei conflitti, ne so se tutto sia marcio, anche se ho dei sospetti, penso però che non si possa passare la vita a protestare, ad accusare, a puntare il dito.
Non che protestare non si debba, è importante e qualche volta imperativo, ma non può bastare: debbo essere capace di fare meglio, di fare diversamente, debbo essere diverso da ciò che condanno.
Mi chiedo: come sarei dopo venti anni di politica, o di amministrazione pubblica? Sarei corrotto? Non credo. Sarei logorato, stanco, demotivato, incline al tirare a campare? Forse.
Mi chiedo ancora: sono migliore dei corrotti? Si, senza dubbio. Come faccio ad essere migliore, perché lo sono?
Perché ho conosciuto la corruzione e ne ho compreso la natura. La coscienza che mi genera e mi guida ha acquisito l’esperienza del corrompere e dell’essere corrotti e l’ha integrata, l’ha compresa.
Quando l’ha fatto? In una, o più, delle sue tante rappresentazioni, quelle che noi chiamiamo vite.
Oggi posso dire che la corruzione non mi tocca perché essa è già in me, da essa ho già imparato.
Se questo ho compreso, quando vedo i casi di corruzione nella politica e nella società non posso che condannarli: condanno i fatti, opero perché chi li ha compiuti non possa ripeterli, ma non giudico il corrotto e il corruttore perché conosco il processo dentro al quale si trovano a sperimentare.

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maestro

Il primo ed ultimo maestro

Il nostro cammino di trasformazione avviene con poche persone, quelle che ci danno la vita: i nostri genitori; quelle con cui condividiamo il nostro quotidiano: il partner, i figli, i colleghi di lavoro, il datore di lavoro, i dipendenti.
Impariamo attraverso quelli che ci sono vicini, al fianco; quelli che non riconosciamo come maestri, perché il maestro è sempre altro, in un altrove, è sempre speciale.
È un errore madornale: il maestro di ciascuno è la persona più vicina che ha, chiunque essa sia.
Se avremo il coraggio di aprire gli occhi su questa persona, su queste poche persone, avremo trovato la chiave della nostra vita, la chiave per superare il condizionamento.
Dal libro L’essenziale, Ed. privata, pagina 46

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domande esistenziali

I laici e le religioni

[…] L’opinione laica sembra infatti ben disposta a interloquire su tematiche filosofiche o persino spirituali, concedendo una patente di credibilità dialogica a riflessioni sulla vita, la morte, l’al di là, i valori universali… mentre appare refrattaria, distratta, non reattiva quando il papa affronta tematiche molto più “laiche”, come il sistema economico-finanziario disumano, la dignità di ogni persona a cominciare dai poveri, i migranti, i profughi, il commercio delle armi, le strutture e gli assetti politici e sociali che alimentano ingiustizie: i silenzi che hanno accolto i suoi appelli contro la terza guerra mondiale in atto o contro la persecuzione delle minoranze, cristiane o meno, sono sintomi preoccupanti di un dialogo che ha timore di affrontare frontalmente questioni imbarazzanti per i rapporti di forza esistenti nel mondo. Ma il dialogo autentico non ha come finalità i massimi sistemi: da quelli prende le mosse per chinarsi sul bene più prezioso che ci è dato di possedere e che a tutti va garantito, la vita umana.[…] Enzo Bianchi, Avvenire, 28 aprile 2015.
Credo che i laici abbiano una domanda esistenziale che non trova risposta e per questo indagano, interloquiscono, chiedono a chi, presumono, a quella domanda dovrebbe aver trovato risposta.
Non è questa la funzione delle religioni? Proporre all’umano un cammino di unificazione interiore, di senso, di ancoramento ai valori fondamentali, all’essenziale?
Credo altresì che i laici vogliano riservare a sé e ai processi politici, economici, sociali il superamento delle spaventose diseguaglianze e ingiustizie che attraversano il pianeta.
Mi sembra che nella coscienza laica ci sia sufficiente consapevolezza di una divisione dei ruoli che affida alla religione la vita interiore, e alla politica quella di relazione.
Questa consapevolezza laica marca, probabilmente, un limite: la non chiara comprensione che ogni mutamento esteriore trae origine da un cambiamento interiore. Se i laici avessero ben compreso questo, la politica che essi esprimono avrebbe ben altra natura.
Questa lucidità di sguardo c’è invece nelle religioni in genere, che pongono al centro di ogni processo il cambiamento del “cuore” dell’uomo.
Rimane da vedere e da chiarire se e in che misura, le religioni rispondono alla fame esistenziale delle persone: a mio parere in una misura molto scarsa.
Il cattolicesimo, in particolare, sembra prigioniero di se stesso, della propria tradizione, della propria teologia, del verso consolidato dal quale ha guardato e guarda all’evento che l’ha generato: la vita, la morte, la resurrezione di Gesù, il Cristo.
Credo che il mondo interiore dei laici chieda ai cattolici la capacità di rigenerare il paradigma cristiano, di trovare gli alfabeti nuovi di una interpretazione simbolica ed esistenziale dell’archetipo del Cristo che parli alle loro menti e ai loro cuori in maniera, per loro, credibile ed efficace.

Immagine da http://goo.gl/78aLk0

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