La coppia 9: la fedeltà sostanziale

I due hanno preso degli impegni, quello della fedeltà reciproca è uno dei più importanti, in gran parte dei rapporti è la condizione di base perchè si sviluppi quel clima di fiducia che permette di procedere assieme.
Noi parliamo di almeno tre livelli di fedeltà: la fedeltà sostanziale, la fedeltà sessuale ed affettiva, la fedeltà esistenziale.
Ognuno di questi tre livelli è un processo, qualcosa che prende forma nel tempo e attraverso le esperienze: all’inizio di un rapporto la fedeltà è facile, con l’avvento della routine può divenire più complicata.
Ci sono persone che mai nella loro vita valicheranno il confine dato; ce ne sono altre che invece lo valicano spinte da una inquietudine, da una necessità, da una curiosità.
Quando la mattina si esce di casa e si lascia alle spalle la rappresentazione che chiamiamo “coppia”, si entra in un’altra rappresentazione che chiamiamo “lavoro”: ogni teatro tende ad avere le sue regole e i suoi confini, non è detto che sul lavoro la persona abbia gli stessi atteggiamenti che ha a casa.
Quante “persone” coesistono in noi? Una? Quale ingenuità.
Nella molteplicità delle spinte e dei bisogni, delle paure e degli slanci che caratterizzano quella persona che chiamiamo con il nostro nome, che crediamo unitaria e che tutto è tranne che unitaria, vengono generate scene diverse a seconda dei diversi teatri in cui opera.
La persona si trova ad affrontare nel quotidiano molti aspetti del suo non compreso e lo fa grazie alla presenza dei suoi colleghi di lavoro: quel collega, quella collega che si presentano e suscitano in me un mondo di emozioni, di fascinazione o di fastidio, di attrazione o di repulsione, di seduzione e di coinvolgimento o di indifferenza e lontananza.
A seconda di ciò che in me non è risolto e compreso, grazie alla presenza di coloro che dividono con me tanto tempo e tanta relazione, posso conoscere le mie spinte, lavorarle, comprenderne la natura.
Vi rammento che la persona comprende attraverso le esperienze: prevalentemente attraverso le esperienze. Se non sperimentiamo non comprendiamo.
Grazie a coloro che mi stanno attorno posso vedere e lavorare ciò che nell’ecologia della coppia non viene alla luce: la frequentazione di un’altro da me che non è la mia compagna o il mio compagno, svela aspetti del mio interiore altrimenti sopiti, inconsci, conosciuti solo come spinta non definita.
Quando siamo esposti al mondo, lontano dalla protezione della coppia, della casa – di quella rappresentazione domestica – veniamo svelati dall’altro che si presenta e solleva in noi un mondo ancora non ben conosciuto, compreso ed integrato.
La fedeltà sostanziale è l’attraversare questo percorso del quotidiano in un equilibrio instabile, nella fragilità evidente, nel dubbio su di se e sul rapporto consolidato senza superare il confine.
La fedeltà sostanziale è tornare la sera a casa, fatto non scontato; è guardare il proprio partner e dire si, va bene, con te.
La fedeltà sostanziale è quella che ogni giorno trova la possibilità di conferma, che tutti i giorni si rinnova: questo rinnovamento non è un dato a priori, è qualcosa che ci sfida e ci interroga ogni volta che andiamo nel mondo e da esso torniamo.

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La coppia 8: la relatività del rapporto

Nel tempo il rapporto si trasforma da assoluto in relativo; tutto, con il trascorrere delle esperienze, si trasforma da assoluto in relativo:
Il sacro fuoco diviene semplicemente un fuoco; l’altro, su cui avevamo confidato tanto, diviene semplicemente l’altro.
Certo, non un altro qualsiasi, non sto parlando di questo, ma non è più colei o colui che conferisce senso alla nostra vita: nell’innamoramento così ci era sembrato che fosse.
L’altro viene vissuto e percepito nella sua complessità e nel suo limite; noi impariamo a viverci nella nostra complessità e nel nostro limite: una quantità quasi infinita di cose cambiano diventando grandi, quando in noi matura uno sguardo adulto.
Il rapporto non è più il totem, diviene un fatto importante, fondante, ma un fatto.
Nel perdersi e ritrovarsi ciclico, nella fascinazione e nel rifiuto, nell’avvicinarsi e nel bisogno di distanza prende forma un rapporto non fondato sull’attaccamento e sulla dipendenza: come è evidente, attaccamento e dipendenza procedono assieme ma le molte sberle, quando non la comprensione spontanea, ci inducono al superamento di entrambe.
Per un po’ ci sembra di scollarci, di allontanarci e di perderci irrimediabilmente, poi cominciamo a comprendere che sta nascendo altro, qualcosa di molto importante; il rapporto sta germogliando in ciò che è, nella sua natura più profonda: le emozioni, gli affetti, il pensiero di noi sono relativi, limitati, transitori, in continua mutazione; ciò che dura, e pian piano si svela, è ciò che precede questi, l’esperienza esistenziale, la trasformazione del sentire, il cambiamento in profondità.
Il rapporto viene percepito allora come relativo dalla mente/identità, officina insostituibile dalla coscienza: se appoggiamo lo sguardo sulle valutazioni e sulle considerazioni della mente ci perderemo; se ascoltiamo il sentire che in noi svela il livello più profondo, entreremo nella vera natura dello stare insieme.

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La coppia 7: la crisi

La crisi è la manifestazione tangibile della non sostenibilità ulteriore di una lettura della realtà personale e di coppia.
Quello che va in crisi è la nostra interpretazione, la nostra lettura dei fatti e dell’altro: se non ci è chiaro questo produrremo solo dolore.
La crisi della coppia è la mia crisi, anche se è innescata dall’altro:
– come mi interpreto,
– come ti interpreto,
– come interpreto il nostro rapporto,
qui va cercata la causa, la dinamica, la soluzione.
C’è qualcosa che non vedo di me, di te, del nostro stare assieme o, se lo vedo, è distorto dalla mia comprensione egocentrica.
La crisi nella coppia rimette dunque in discussione, in modo più o meno profondo, la disposizione interiore dei due e li costringe ad un mutamento e a ricollocarsi su un altro piano e con un’altra modalità.
Vi chiedo: c’è qualcosa di più importante, di più trasformante di una crisi?
Il sentirsi messi in discussione, il doversi analizzare, il dover riflettere sul proprio limite, sulla propria limitata visione non è una delle cose più importanti e produttive interiormente che ci possa accadere?
Perchè abbiamo paura delle crisi? Perchè ci tolgono delle certezze? Quali, quelle di vivere da sepolcri imbiancati facendo finta che sia normale?
La crisi scoperchia il sepolcro e mette a nudo l’ipocrisia: ogni crisi ci rende più autentici, le persone cambiano e migliorano perchè vanno in crisi.
Ogni volta che una nostra certezza, una nostra consolidata e soporifera abitudine viene messa in discussione, una distorsione viene svelata, un limite mostrato dobbiamo imparare a provare gratitudine verso chi l’ha prodotta, verso la situazione che l’ha generata.
La coppia è una grande officina di trasformazione dell’interiore e la crisi dei suoi componenti e delle loro dinamiche è l’elemento che ciclicamente provvede alla pulizia, al rinnovamento, alla rigenerazione, al morire e al rinascere.
La crisi ci ricorda la necessità di abbandonare parti di noi affinché altro emerga, ci mostra il nostro volto cangiante e ci stimola a perseverare nel processo del rinnovarci senza sosta, mai considerando l’acquisito come permanente: come tutto nella vita, la crisi ci insegna l’impermanenza, la responsabilità, il lasciar andare, la disposizione ad abbandonare ogni attaccamento.

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La coppia 6: il conflitto

Non voglio analizzare le ragioni del conflitto, mi interessa sottolinearne due aspetti:
– l’ineluttabilità;
– la funzione.
Ovunque esista identità, esiste conflitto: avendo l’identità la necessità di definirsi e di sentirsi esistente, nella relazione di coppia si confrontano due di queste necessità e un certo grado di attrito è inevitabile.
Come prende forma, si sviluppa e cosa produce il conflitto?
1- la levata di scudi, l’inalberamento, esperienza ben nota a tutti: di fronte ad una affermazione o ad un comportamento dell’altro si accende uno stimolo ad ergersi/manifestarsi/contrapporsi.
2- l’arroccamento: la costruzione del fortino e la difesa/attacco.
3- il riposizionamento: la rappresentazione delle rispettive istanze identitarie può condurre ad un ridimensionamento delle stesse.
Questo ultimo punto mi interessa: i due, dopo la prova muscolare si ammansiscono e si aprono ciascuno all’istanza dell’altro. Se non si aprono non c’è evoluzione e il conflitto permane divenendo risentimento od altro.
“Si aprono ciascuno all’istanza dell’altro”: vorrei farvi notare che per aprirci all’altro, alle sue ragioni, al suo punto di vista molto spesso dobbiamo passare per il pavoneggiamento della nostra singolare posizione.
Come evitare questo?
– Semplicemente vedendo la prova muscolare che si appresta;
– riconoscendola come manifestazione della propria percezione identitaria;
– dubitandola;
– disconnettendola, lasciandola andare.
Naturalmente questo ha valore all’interno di un rapporto, o di una dinamica identitaria, sani, non distorti patologicamente.
Se i due sanno che il conflitto appartiene alle cose, se sono dotati di un solido legame e di una buona dose di ironia, questa sarà la chiave determinante per detendersi quando gli scudi si alzano: sorridere di sé è la chiave. Quasi sempre.
Per non sviluppare conflitto persistente nelle relazioni è necessaria la consapevolezza piena delle proprie dinamiche egoiche: se si vede in tempo reale ciò che la propria mente aggiunge sul reale, il conflitto non sorge.
Per sviluppare questa consapevolezza è necessario che l’adesione alla propria spinta identitaria sia molto blanda.

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