Siamo dentro a un turbine e veniamo trasformati [sentiero40]

Noi diciamo che bisogna osare, buttarsi senza reticenze, consapevoli o inconsapevoli che siamo. L’affiorare della dimensione dell’essere può avvenire solo passando attraverso l’esistere, solo dentro, nelle viscere dell’esistere prenderà forma la consapevolezza dell’essere.

L’esistere è incarnazione, identificazione; l’essere è escarnazione, disidentificazione; entrambi costituiscono il respiro della vita, dell’Assoluto così come appare nel tempo.
Come l’incarnazione prepara l’escarnazione, l’identificazione prepara la disidentificazione, ma il ciclo non è eterno: la disidentificazione, l’essere, apre anche sul non-essere.

Il ciclo esistere-essere è funzionale ai processi di strutturazione del corpo della coscienza, non è eterno: a coscienza strutturata quel ritmo apre al non-essere, un nuovo e diverso e non spazio-temporale livello d’esperienza. Come l’esistere è frutto dell’essere, così l’essere fiorisce nel non-essere. Di questo parleremo nei capitoli successivi senza la pretesa di dire niente di nuovo e, soprattutto, senza dire nulla che non appoggi sull’esperienza.

Comunque, il lettore consideri che tutto questo non è altro che l’interpretazione di un’esperienza e la sua didattica conseguente: non abbiamo la pretesa di parlare della natura della realtà, ma di esporre come questa si configura nella nostra esperienza oggi, sapendo che domani sarà certamente diverso.

Uno dei nostri limiti più gravi alla comprensione sorge da un deficit di esperienza: la nostra identità è affollata di principi morali, regole e paletti che, se da un lato sono necessari a tracciare la via data la nostra comprensione limitata, dall’altro limitano, o rendono più faticoso, il nostro osare. Per fortuna le persone trasgrediscono ampiamente e quindi, prima o poi, ciò che gli è necessario lasciano che accada.

Se tu guardi spassionatamente la realtà, come la può guardare il più “rozzo” e “inevoluto” dei tuoi allievi, tu vedrai che quella persona non è lontana dalla realtà. Come vive? Seguendo le proprie spinte interiori, i propri bisogni, ovvero ciò che nel suo intimo lo guida.
Noi lo consideriamo inevoluto perché è in balia di quelle spinte e non ne è consapevole, ma se guardassimo il vero valore di quelle spinte scopriremmo che lui è dentro un turbine che, esperienza dopo esperienza, lo trasforma.

Anche noi siamo dentro a un turbine e anche noi veniamo trasformati incessantemente; all’identità piace parametrare e quindi fa classifiche: chi è più avanti, chi più indietro, chi evoluto, chi no. Se esci da questa logica irreale fondata sull’ignoranza e la presunzione, scopri che ogni cosa, ogni essere è quel che è.

Cosa significa? Che vive la vita che può vivere e che ogni vita è diversa e ciascuna funzionale all’equilibrio dell’ecosistema delle relazioni che è il bene comune primario, perché agente di tutte le trasformazioni, di tutte le possibilità creative.

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NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.

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2 commenti su “Siamo dentro a un turbine e veniamo trasformati [sentiero40]”

  1. “Se tu guardi spassionatamente la realtà, come la può guardare il più “rozzo” e “inevoluto” dei tuoi allievi, tu vedrai che quella persona non è lontana dalla realtà. Come vive? Seguendo le proprie spinte interiori, i propri bisogni, ovvero ciò che nel suo intimo lo guida.”
    Questo che viene descritto, è ciò che sento più vero.
    Al di là della legge degli uomini, delle ingiustizie che si possono subire, esiste un fine, che quello evoltivo o se preferiamo il progressivo svelamento della Realtà, che coinvolge ogni essere sullo stesso piano, che mi induce a ritenere tutti, ma veramente tutti, ugualmente degni d’Amore.

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  2. A ognuno i propri passi, evoluti o non evoluti non è classica determinante.
    Ho corso tante maratone nella mia vita.
    Ognuno corre con il passo a lui possibile. È possibile allenarsi per migliorare eppure i miei corpi sono un vincolo ai miei passi.
    E ognuno corre la sua maratona pur essendo la corsa un unico corpo.
    Alla partenza e all’arrivo è più immediato percepire il gruppo come unità.

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