Il Cristo secondo il Cerchio Firenze 77/9: a Dio quel che è di Dio

“Date a Dio quel che è di Dio e date a Cesare quel che è di Cesare”. Mirate la bellezza di queste parole pronunciate dal Cristo, esse hanno in sé tutta una dottrina, insegnamento al vivere terreno.

Quant’è vera quella frase per tutti voi che, per legami di famiglia o di altro genere, dovete trascorrere la vostra esistenza nella vita sociale, fra le esigenze della comunità.
Coloro che sono liberi possono ritirarsi da questa schiavitù e dare loro stessi a Dio senza altre preoccupazioni. Essi fuggono gli uomini; fuggono dalle loro ridicole consuetudini, dalle loro vuote ricercatezze che usano per ostentare la loro pretesa raffinatezza di modi; fuggono l’ipocrisia, legittimata perché chiamata educazione, e infine fuggono dall’inutile vita moderna che, per la sua poca semplicità, assilla e toglie la libertà tanto necessaria allo spirito.

Certo è assai bello e giovevole potersi ritirare da tanto frastuono, ma non sempre è possibile. Però eremita è possibile essere pur restando in mezzo a tanta folla; basta saper isolare il proprio cuore, la propria mente dai perturbamenti dell’ambiente impuro; basta insomma, isolare il sentimento e il pensiero dagli affetti terreni.

Così, essendo asceta in mezzo alla vita sociale, compiamo il nostro dovere verso Dio; ma v’è un altro dovere da compiere ed  è il tributo a Cesare. V’è una grande virtù tanto necessaria e questa è l’obbedienza; per coloro che sono uomini nella scala evolutiva, dobbiamo dare il buon esempio e fare il possibile acciocché essa trionfi. Questo perché a coloro che ancora non hanno sveglia una coscienza spirituale è assai necessaria l’obbedienza alla legge terrena che funga da vincolo alla loro tendenza a commettere falli. Voi che vivete nella società umana, che con essa condividete il tempo e lo spazio, che con essa avete dei rapporti, sapete perché dovete obbedire sia all’ordine divino che a quello civile.

Fonte: raccolta di brani sul Cristo del Cerchio Firenze 77 | Tutti i post del ciclo

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