Non temere la propria manifestazione, ancorarla all’Essere [NP2]

Commento di M. al post “Né ciò che penso“: Mentre percorriamo la via, sperimentiamo ogni giorno il mondo della materia al lavoro, in famiglia, con gli amici. Sento difficile il discernimento, ossia dove mettere il confine tra l’abbandono della centralità [mia] e l’impegno quotidiano nella vita reale. Per me la cosa più difficile è progredire con il sentire verso questa perdita e continuare a vivere nel mondo reale dove recitiamo i nostri ruoli sociali e dove la centralità è la norma.

Domanda a M.: è vero che nel mondo la centralità del soggetto è la norma, ma sei certa che il tuo vivere nel mondo debba obbedirle?

Non puoi essere creativa, efficace ed efficiente, pronta, disponibile eppure attenta a non farti invadere, in piena manifestazione di ciò che porti come soggetto eppure non appesantita dall’egocentrismo?

È la logica della manifestazione simultanea di Essere e divenire.
Dobbiamo superare il pensiero duale e dicotomico che dice: o questo o quello.
Queste e quello: la condizione? Che si sia consapevoli del nostro attaccamento alla performance soggettiva.

Si può essere simultaneamente un passo indietro e farsi avanti.
Non è un paradosso: sono un Centro di sentire e di espressione, sono in gioco, anzi, gioco in sommo grado a ogni attimo.

Con questa leggerezza vado nel mondo, cosa dovrei temere? Il rifiuto, la disapprovazione?
Il reticolo della mia soggettività dice: sì, questo devi temere!
Posso non tenere conto di questo timore e fregarmene? Per la gran parte di noi è dura, non ce la facciamo.
Qual è allora la via?

Vivere consapevoli del proprio diritto alla piena manifestazione risiedendo in quell’allineamento alto e durevole che genere la retta intenzione, il retto pensiero, la retta azione.

Detto in altri termini: se risiedo abbastanza saldamente nell’Essere, posso vivere senza grandi preoccupazioni nel divenire.
La questione non è manifestarsi centellinando, misurando, mediando senza fine il proprio limite che ineluttabilmente esiste e si mostra: la soluzione è coltivare l’Essere in sommo grado e poi lasciarsi scaraventare da questo nella vita di ogni giorno, consapevoli che essa altro non è che un film, il nostro personale film. Un grande gioco.
[Note personali 2]

Post della sezione riservata accessibile a tutti.

Il canale Telegram di Eremo dal silenzio
Per rimanere aggiornati su:
Il Sentiero contemplativoCerchio Ifior


Print Friendly, PDF & Email

7 commenti su “Non temere la propria manifestazione, ancorarla all’Essere [NP2]”

  1. Sono giorni che rumino questo post, in particolare questo passaggio:” se risiedo abbastanza saldamente nell’Essere, posso vivere senza grandi preoccupazioni nel divenire.”
    Credo di comprendere ciò che si affermarma eppure manca ancora quel senso di leggerezza nell’affrontare il quotidiano.
    In osservazione, sempre!
    Grazie.

    Rispondi
  2. Mi percepisco individualità che si sperimenta nel divenire, senza temere il giudizio, sufficientemente libera dal timore di non essere riconosciuta.
    Sento il sostegno di un Amore incondizionato che mi permette di osservare le scene senza necessariamente identificarmi.
    Riconosco che ho ancora degli appigli che mi tengano ancorata al fare più che allo stare.
    Costante il lavoro che porti a calare i veli che oscurano lo sguardo del Reale.

    Rispondi
  3. Si può cadere nell’errore di pensare che contento le spinte egoiche si stia portando in primo piano l’Essere.
    In verità si sta solo reprimendo un impulso che vorrebbe,a buon diritto, venire alla manifestazione, ci si sta castrando.
    E questo più che togliere dal centro io soggetto, in modo subdolo, lo riafferma nella propria centralità.
    L’Essere e la piena manifestazione di noi non vanno disgiunti.
    Possiamo manifestare una intenzione egoica nel seno dell’Essere: viverla e insieme esserne distaccati e vivere, contemporaneamente, l’Essere.

    Rispondi
  4. Pensare di meno e vivere coltivando l’essere, questo mi arriva da questo post. Passare il tempo a chiedersi come comportarsi per mantenere l’equilibrio tra l’abbandono della centralità e i compromessi della vita quotidiana porta solo sofferenza e ci allontana dal senso del percorrere la via. Quando il saggio indica la Luna, bisogna guardare la Luna e non il dito.

    Rispondi

Lascia un commento