Tutto ha una forma, può un cammino interiore sfuggire a questa regola?
Non credo, una qualche forma la si ha sempre; nel nostro caso la perdita della forma è stata una costante della nostra ricerca.
In che cosa si traduce? In una disarticolazione nella percezione di sé e in una profonda relativizzazione del proprio cammino.
La conseguenza è che l’immagine che si propone all’altro non è catalogabile, non è collocabile negli archivi del conosciuto.
La persona del Sentiero, colui/ei che nel proprio intimo ha lasciato affiorare l’archetipo del monaco, è un senza casa;
nessuna appartenenza può scaldargli il cuore, la disponibilità a vivere in sé l’uno-in-tutto lo apre all’incontro con la realtà dove non porta un immagine ma solo la radicale evidenza del “ciò che è”.
Il Sentiero è un’evidenza per chi lo percorre ma è invisibile a chi non ne conosce i passi.
c’è un utilizzo della forma per attraversare la vita, in un certo senso è come un veicolo (risultante di veicoli), mutevole, plasmabile, che muore ad ogni istante, in cui non c’è una possibilità di sentirsi a casa. Ma credo sia necessaria per fare esperienza, l’importante è non crederci avere quel dubbio…quel necessario umorismo che la rende visibile, risibile e non integrata!