Non poca letteratura spirituale descrive l’illuminato, o colui che è al termine del proprio cammino spirituale, come un essere pacificato descrivendo, spesso, condizioni d’esistere che albergano più nella immaginazione del discepolo che nella realtà dell’interessato.
C’è una testimonianza che giunge dal piano della coscienza attraverso il lavoro del Cerchio Ifior, che sostanzialmente afferma: “Noi (le guide) che risediamo stabilmente nel mondo della coscienza, ci confrontiamo con l’esperienza dell’essere unità e tra noi e l’Assoluto esiste la stessa “distanza” che c’è tra noi e voi umani. Il nostro “lavoro” non è meno impegnativo del vostro e anche se non conosciamo la sofferenza, il nostro procedere nelle comprensioni non è semplice”.
Ho citato a memoria, le parole sono diverse ma la sostanza è questa.
illuminazione
Alla fine verremo premiati?
Se avete tempo, leggete questo commento al vangelo del primo novembre (la comunione dei santi) di Enzo Bianchi.
Enzo analizza Mt 5,1-12a, le “beatitudini”, e dice cose importanti. Mi colpisce questo passo:
Nessuno dunque pensi alla beatitudine come a una gioia esente da prove e sofferenze, a uno “stare bene” mondano. No, la si deve comprendere come la possibilità di sperimentare che ciò che si è e si vive ha senso, fornisce una “convinzione”, dà una ragione per cui vale la pena vivere (corsivo mio). E certo questa felicità la si misura alla fine del percorso, della sequela, perché durante il cammino è presente, ma a volte può essere contraddetta dalle prove, dalle sofferenze, dalla passione.
Condivido con Enzo la convinzione che il procedere umano apre orizzonti di libertà interiore i cui frutti si coglieranno appieno quando il processo sarà maturo ed al suo culmine.
La coscienza crea la realtà sulla spinta di ciò che non ha compreso
Brani dal libro L’essenziale (2)
Quando parliamo di coscienza parliamo del corpo akasico, di un corpo intermedio tra i corpi transitori (mente, emozione, corpo fisico) e i corpi spirituali. Parliamo di un corpo, di una dimensione composita
Il ritardato ed il grande uomo
L’illusione dello spirituale e la semplice realtà della vita
In ambito spirituale ed esistenziale nulla di ciò che apparteneva al mio immaginario di ricercatore è divenuto realtà.
Non saprei nemmeno di cosa fosse pieno quell’immaginario, c’era solo una tensione a divenire altro e quella spirituale mi sembrava la strada che in quella alterità mi potesse condurre.
Non possiamo appoggiare su niente
In riferimento al commento di Francesca di ieri.
Questo non poter appoggiare è straordinario: vera e pura libertà.
Zero punti d’appoggio; zero certezze; zero fede in qualcosa o qualcuno.
Nessuna fonte di dati/esperienza/interpretazione cui aderire.
Soli.
La realtà autentica della vita si svela nel quotidiano
Negli abissi dell’illusione si mostra la realtà.
Lo sguardo non è rivolto al santo, se non raramente.
Attraverso il mio cadere comprendo il cadere di chi mi cammina a fianco;
Analisi critica, giudizio, detti dei maestri
Abbiamo discusso sul Forum attorno a questo koan proposto da Sab:
Joshu chiese al maestro Nansen: «Qual è la vera via?».
Nansen rispose: «La via di ogni giorno è la vera via».
Joshu chiese: «Posso studiarla?».
Nansen rispose: «Più studi e più ti allontani dalla via».