Hai visto la vita?

Quasi trent’anni fa abbiamo scelto in contemporanea lo stesso dolcetto al bar di fronte all’Università Statale e ci siamo conosciute dividendolo. Da quel momento apparteniamo alla stessa officina, in quella prossimità talvolta scomoda dei compagni di vita, nella saldezza modulata dei rari rapporti destinati a durare.

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Lo scacco della mente

Prendo spunto da una allegra battuta di Maria riferita ad un fatto tecnico: ” Questa cosa mi annoda il cervello!” e guardo la difficoltà comune a misurarci con quanto non ci stabilizza, non ci conferma, ma ci ingarbuglia o ci smentisce o, semplicemente, ci spiazza.

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Il diritto di chiedere. Silvano

Silvano (nome di fantasia) oggi è un uomo libero. È un amico. Ci siamo conosciuti negli ultimi anni della sua detenzione, grazie a lui si sono aperte le porte blindate che separano il mondo carcerario da quello “di fuori” rendendo possibile avvicinarsi ad un concentrato di umanità che ha il potere istantaneo di livellare, come direbbe Totò, di riportare all’essenza comune. Silvano da piccolo voleva fare il poliziotto, ma quando lo ha detto a suo papà ha preso le botte, perché il papà stava dall’altra parte, quella dei briganti.

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Il primo “altro da sé” ad affacciarsi è mio padre

Papà era un omone alto quasi due metri e il suo fisico si intonava alla grandezza interiore. Mi ha mostrato come si vive e come si muore e, in mezzo, a non dare niente per scontato.
Mi ha insegnato cos’è l’amore incondizionato per i figli, senza aspettative, gratuito, rispettoso, libero, responsabile.

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