La coppia 12: prendersi cura. L’esperienza dell’amore

Il cammino comune dei due giunge, può giungere, ad una maturità: liberato da tutto ciò che le menti dei protagonisti hanno aggiunto sulla natura di esso, su sé, sull’altro può finalmente emergere il tessuto di comprensioni cui il rapporto ha dato luogo.
Quando è divenuto ai due evidente che la loro unione è un processo, ed un fatto, esistenziale, questa consapevolezza che è maturata attraverso le esperienze mostra ora i propri frutti: l’accoglienza, l’accettazione, il non giudizio, la compassione.
Nomi diversi dell’amore.
Diviene chiaro ora, e solo ora, che quello che i due chiamavano amore, era solo innamoramento; quello che chiamavano amore era solo affetto; quello che chiamavano amore era solo sesso.
Ora i due comprendono che c’è qualcosa di molto più vasto che è fiorito in loro e che contiene innamoramento, affetto e sesso e, nel contempo, non sa che farsene di questi perchè, contenendoli, li supera ed è altro da essi.
Come una persona è più del suo corpo, delle sue emozioni e del suo pensiero, così l’amore è più, e radicalmente diverso, da innamoramento, affetto e sesso.
Ora ai due appare chiaro che tutto ciò che avevano in precedenza sperimentato era condizionato dai loro bisogni e dalla necessità di essere confermati come individui e come esistenti.
L’amore non si cura di esistere, è la natura di tutte le cose.
L’amore non è provato da un soggetto: è la natura della realtà che attraversa un soggetto. Non si può affermare: “Io amo”, è un’espressione che contraddice la natura dell’amore. Si può affermare: “C’è amore”.
L’amore non solo non ha un soggetto, ma non ha nemmeno un oggetto; non si può affermare: “Ti amo”, si può invece affermare: “C’è amore”.
L’amore non è un sentimento, non un’emozione, non un pensiero: tutto questo non centra niente con la natura reale dell’amore, semplicemente lo rappresenta, e non sempre, non comunque.
L’amore è uno stato di coscienza, una condizione dell’essere, una comprensione operante.
Certo, nel suo essere esperienza si veste di pensiero e di emozione ma la sua natura non è quella, non bisogna scambiare la forma per la sostanza, la forma è l’abito della sostanza, della comprensione.
L’amore non è rivolto a qualcuno e non è di qualcuno: là dove c’è amore, non c’è possesso.
L’amore conduce alla scomparsa dell’amante e dell’amato e lascia che affiori soltanto l’esserci unitario della realtà.
L’amore, nell’umano, diviene compassione: pieno inchinarsi di fronte alla natura delle persone e dei fatti; piena accoglienza, piena comprensione; piena vicinanza.
Infine, l’amore diviene esperienza così semplice e feriale da divenire non riconoscibile: diviene il semplice “prendersi cura”, piccoli gesti che nulla di eclatante hanno, che nulla chiedono, che nulla si attendono.
L’amore diviene semplice servire.

Immagine tratta da: http://goo.gl/crhrBJ


La coppia 11: la fedeltà esistenziale

Come abbiamo più volte detto, la coppia è un’officina esistenziale: i due lavorano il non compreso in sé grazie alla presenza dell’altro e allo svelamento che questo produce senza sosta.
La fedeltà esistenziale è il fattore che tiene aperta l’officina: qualunque sia il limite dei due, oltre le proprie cadute e i propri ragli l’officina rimane aperta finchè essi riconoscono il processo esistenziale che li lega.
I rapporti di lunga data sono tenuti assieme da questo, non certamente dal mutuo, dal sesso e non soltanto dall’affetto: quest’ultimo, se non è il frutto dell’attaccamento e della mancanza di autonomia, è l’aspetto visibile del legame esistenziale.
Qualsiasi siano le dinamiche della fedeltà esistenziale e di quella affettiva e sessuale, i due tornano a casa, magari affaticati, magari appesantiti ma tornano a casa, reiterano l’impegno, rinnovano l’officina comune; quando non ci sono più le condizioni per tenerla aperta, e molto spesso è l’identità a stabilire che le condizioni sono venute meno, non la coscienza, allora i due si lasciano e l’officina viene chiusa, il legame esistenziale transitoriamente sospeso.
Il processo interiore dei due, il lavoro sul non compreso, continuerà con altri partners o nella solitudine.
Il rapporto di coppia è un rapporto esistenziale.
Il rapporto con i genitori e i figli è un rapporto esistenziale.
Il rapporto parallelo con un terzo/a è un rapporto esistenziale.
Tutto ciò che un uomo e una donna vivono ha valenza esistenziale perchè tutto trasforma il sentire, tutto ci rende persone diverse, tutto ci aiuta a comprendere.
Il tradire e l’essere traditi ci trasforma, come il conflitto e la quiete, la sincerità e la bugia.
Il vendere il nostro corpo e il comprare il corpo di un’altro/a ci trasforma; l’ipocrisia e l’ignoranza ci trasformano.
Non c’è scampo: là dove la mente vede solo letame noi vediamo possibilità. Solo i bambini dell’interiore possono vivere nell’illusione del giusto e dello sbagliato, la realtà delle persone non è in bianco e nero, estrema è la creatività e la molteplicità delle vie che il sentire genera per comprendere ciò che gli è necessario.
Se i due, nella coppia, hanno compreso la natura esistenziale e trasformativa del loro stare assieme, molto potranno integrare, accogliere, perdonare.
Vi prego di riflettere sull’esperienza e sulla natura del perdonare: questo termine, violato ed abusato, ha un valore molto alto perchè esprime l’esperienza della comprensione avvenuta, la fine di un processo doloroso che non conduce al fiele o all’annichilimento, ma all’inchino al cammino dell’altro.
Concludendo questa serie di tre post sulla fedeltà sono consapevole che le menti di alcuni lettori piegheranno le mie parole ai loro bisogni di comodo alla ricerca di giustificazioni per il proprio operato: ciascuno faccia come crede e si narri la realtà come vuole ma, se può, provi a non nascondersi a se stesso e al processo esistenziale che lo attende.

Foto di Robert Doisneau tratta da: http://www.fotonotiziario.eu/index.php/robert-doisneau/


 

La coppia 10: la fedeltà affettiva e sessuale

Premessa
Chi scrive ha in mente una gerarchia (immaginate un triangolo) della fedeltà che vede alla base la fedeltà affettiva e sessuale; nell’area della mediana rilevanza la fedeltà sostanziale; in quella apicale la fedeltà esistenziale.
Man mano che si sale la fedeltà diviene più coerente: nell’area di base e in quella mediana è soggetta a molte contraddizioni.
Ciò che per sua natura è mutevole e volubile, come le emozioni, gli affetti, i pensieri è soggetto ad una sperimentazione molto vasta, per un lungo tratto di strada esistenziale.
Come sperimenta la coscienza, come comprende? Attraverso le esperienze. Come acquisisce dati? Utilizzando i suoi corpi: la mente, le emozioni, le sensazioni, l’azione per realizzare scene dalle quali estrae le informazioni che le necessitano.
La coscienza non sa tutto, l’Assoluto sa tutto; la coscienza genera le scene del film che chiamiamo vita perchè ha bisogno di comprendere, perchè sente in sé la non comprensione e la spinta a superarla, a completarla.
E’ la coscienza che crea la realtà a seconda delle sue necessità, non l’identità il cui libero arbitrio è un dettaglio.
E’ fondamentale comprendere questo se si vuole smettere di andare in giro giudicando sé e tutti quelli che ci stanno attorno: ciascuno vive ed opera a seconda delle necessità del proprio sentire.
Se questo ci è chiaro allora possiamo guardare alla realtà con gli occhi della compassione e non con quelli del giudizio.
Quando una coscienza ha completato attraverso le esperienze lo spettro del proprio sentire, smette di generare il film, esce dalla necessità di esperire nel tempo e nello spazio, vive il suo cammino incontro alla comprensione della sostanziale unitarietà del tutto senza la necessità di una identità e dei suoi veicoli.
Fino a quando veste una identità è soggetta all’apprendimento e non si apprende con le mani legate dalla morale. Si apprende sperimentando, osando, sbagliando.
In realtà, una coscienza che sperimenta quando non sa, non sbaglia, semplicemente prova. Quand’è che sbaglia? Quando ha già molti dati a disposizione e potrebbe generare scelte differenti ma, essendo soggetta alle necessità che l’identità rivendica, non è in grado di discernere con avvedutezza.
Quindi anche nell’errore c’è un deficit di comprensione di una coscienza. L’identità mette in atto delle spinte ma la gestione di queste competono il sentire.

Tesi
Questa lunga premessa per dire delle cose molto semplici:
– la fedeltà affettiva è relativa;
– la fedeltà sessuale è relativa.
La persona, che è unità di coscienza ed identità, sperimenta, conosce, comprende.
Le spinte e le esperienze affettive e sessuali, nella concretezza della vita del quotidiano, prendono forma e accadono nella coppia e fuori di essa.
Questo è un dato di realtà, a poco serve combattere la realtà. E’ giusto che sia così? Non è né giusto, né sbagliato, è così.
Quando la fedeltà di un partner viene meno inevitabilmente sorge un problema: se i due hanno un po’ di sale in zucca evitano di farsi a pezzi e incominciano a interrogarsi sulle rispettive responsabilità, sulla natura di quella esperienza, sul perchè l’altro ha sentito la necessità di viverla.
Se la ferita all’identità, il tradimento della fiducia subito, non prendono il sopravvento ed oscurano la visone della realtà esistenziale che si cela dietro all’accaduto, i due possono imparare molto, possono conoscersi molto.
Le ferite conseguenti ad un deficit di fedeltà sono ferite identitarie: tutto ciò che avvertiamo sia venuto meno è all’interno della lettura, della interpretazione personale della realtà del rapporto, è ferita a noi, alla nostra integrità identitaria,
Ma un rapporto viene vissuto per costruire integrità identitarie o è un processo esistenziale? Un rapporto è l’officina delle coscienze di cui le identità sono manifestazione, o è il mercato del “Mi riconosci/non mi riconosci”?
La non fedeltà è endemica al rapporto, questo non significa che sempre e in tutti i rapporti venga sperimentata, significa che non è un accidente ma un’esperienza che accade, da inserire nell’ampio spettro delle molte esperienze necessarie sulla via della comprensione dell’amore.
I due, nella coppia, proveranno ad essere fedeli l’un l’altra: proveranno e, augurabilmente, ci riusciranno. Proveranno e potrebbero non riuscirci: allora avranno una nuova occasione di confronto, di investigazione, di consapevolezza, di comprensione.
Se non cadranno in balia delle loro rispettive ferite identitarie, potranno imparare molto e il loro rapporto potrà rinnovarsi ed entrambi scoprirsi diversi e cambiati dall’accaduto.

L’immagine è tratta da: http://saracurtney.blogspot.it/