La consapevolezza delle pause disarticola l’identificazione [sentiero51]

E- La disconnessione è un modo per conoscere il divenire e sperimentare l’essere

Osserva la frase che fa da titolo a questo sotto-paragrafo:
La-disconnessione-è-un-modo
LaSPAZIOdisconnessioneSPAZIOèSPAZIOunSPAZIOmodoSPAZIO

Più nel dettaglio: L-a—d-i-s-c-o-n-n-e-s-s-i-o-n-e—è—u-n–m-o-d-o

Cos’è il divenire? Il leggere la frase senza tenere conto degli spazi: la successione, lo scorrere fluido si crea se la consapevolezza non registra e non considera realtà costitutiva gli spazi tra lettera e lettera. Ha bisogno di un ritmo e quindi tiene in conto degli spazi tra parola e parola ma non di quelli tra lettera e lettera perché, se così facesse, disaggregherebbe la parola e l’intera frase. Se al cinema, il proiettore non andasse a una certa velocità noi non vedremmo più un film ma una proiezione di fotogrammi.

La disconnessione, considerando un pensiero “solo un pensiero”, un’emozione “solo un’emozione” senza alimentare la connessione tra loro, compie la stessa operazione, disaggrega l’apparente unitarietà nella continuità del nostro vivere. Il vivere diviene consapevolezza di un fotogramma e quello è immobile se non è legato a quello che lo precede e lo segue.

Noi passiamo, attraverso la disconnessione, dal divenire all’essere, dal tempo al non-tempo e ci apriamo sulla dimensione dell’eterno presente. La disconnessione trasforma la natura della realtà che da processo, quindi divenire, diventa fatto, stare, essere.

Se la disconnessione diviene una pratica quotidiana costante e ripetuta con assiduità, della realtà come noi l’abbiamo conosciuta rimane ben poco: è come se il proiettore a volte andasse con la velocità dei fotogrammi, altre con quella del film, alternando pause più o meno durature.
Un bel guazzabuglio! Solo col tempo, con la confidenza, con il consiglio e l’incoraggiamento di qualcuno che c’è passato prima, noi ci salviamo dal pericolo di un disorientamento profondo.

Ci protegge anche l’aver letto e riflettuto sulla natura della realtà; forse il nostro ragionare, all’alba di quasi tutti i giorni, attorno a queste questioni potrà essere di aiuto a qualcuno che si trova, o si troverà, in quelle situazioni non facili e questo basta a giustificare la nostra fatica.

La consapevolezza delle pause, del silenzio tra stimolo e stimolo, disarticola l’identificazione con il fluire e apre a una visione completamente altra della realtà: fotogrammi immobili che non scorrono, che sono, che stanno, che non sono soggetti al tempo.

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NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.

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2 commenti su “La consapevolezza delle pause disarticola l’identificazione [sentiero51]”

  1. Quando c’è un forte coinvolgimento dei corpi inferiori è facile che il processo di disconnessione non sia fluido e il divenire predomini sullo stare. Siamo presi nel vortice, lo vediamo, eppure c’è tensione interiore (anche per episodi che viviamo come “belli”).

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  2. “Ci protegge anche l’aver letto e riflettuto sulla natura della realtà; forse il nostro ragionare, all’alba di quasi tutti i giorni, attorno a queste questioni potrà essere di aiuto a qualcuno che si trova, o si troverà, in quelle situazioni non facili e questo basta a giustificare la nostra fatica.”
    È così.
    Gratitudine per chi si prodiga, nonostante, non sempre l’insegnamento viene recepito.

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