Riconoscere la disconnessione è riconoscere la gratuità. [47G]

Riconoscere la disconnessione tra pensieri, emozioni e comportamenti è riconoscere la gratuità. Spesso l’uomo si domanda il motivo di un accadimento che lo sorprende, poiché lo giudica al di là delle sue capacità e dei suoi meriti, e si interroga su come quel fatto sia proprio indirizzato a lui, su che cosa lui possa aver fatto per meritarselo e come possa essere di aiuto per i suoi passi nel sentiero evolutivo.

Nonostante i tanti interrogativi che l’uomo si pone per comprendere quel che è giunto inaspettato, e che sempre lo travalica, non riesce a cogliere l’unica possibile spiegazione, e cioè il costante imporsi della gratuità, sia quando lui si sente confermato, quasi prediletto, sia quando vive l’accadimento come un tormento o una provocazione oppure una punizione.

Ma la gratuità è sempre e dovunque, pur essendo spesso sconcerto oppure meraviglia per l’uomo che, impreparato, cerca di trovare una risposta logica a quel che accade, che si attribuisce e che eccede qualunque sua interpretazione. Perché l’uomo è sempre alla ricerca di cause riferibili a sé quando si domanda che cosa abbia provocato un evento, sia che lo veda gioioso oppure doloroso, avvantaggiante oppure punitivo.

Vivere consapevolmente la disconnessione significa essere lì, fissi in un pensiero che passa e va, o semplicemente in un’emozione che si espande con forza e si ritira, oppure in un’azione che si snoda davanti ai propri occhi senza lasciare meriti o colpe dietro di sé, e quindi essere senza vincoli di giudizio o di attesa o di volontà.

Immaginatevi di essere attraversati da tanti flash di emozioni, di pensieri e di azioni, disconnessi fra di loro e privi di importanza e di finalità, di cause e di effetti.

Chi percorre una via interiore legge in queste parole una contraddizione, poiché è alla ricerca di una sempre maggiore armonia e coerenza dentro di sé e nei confronti della propria meta evolutiva.

La vostra identità si fonda proprio sul rendere coerenti fra di loro pensieri ed emozioni, per poi connetterli insieme per creare azioni in sintonia con i vostri valori.

Connettere significa dirvi: “Io ci sono”, e aggiungere: “Ben identificato nell’insieme dei pensieri, delle emozioni e delle azioni che posso rendere il più possibile coerenti”. Anche se a volte accettate un’incoerenza, però subito la trasformate in uno stimolo per ricreare una maggiore armonia. Questo significa negare la gratuità.

In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.

Per qualsiasi informazione e supporto potete scrivere ai curatori del libro: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
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Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.

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9 commenti su “Riconoscere la disconnessione è riconoscere la gratuità. [47G]”

  1. Fatico a comprendere questo passaggio:
    “Chi percorre una via interiore legge in queste parole una contraddizione, poiché è alla ricerca di una sempre maggiore armonia e coerenza dentro di sé e nei confronti della propria meta evolutiva…..Anche se a volte accettate un’incoerenza, però subito la trasformate in uno stimolo per ricreare una maggiore armonia. Questo significa negare la gratuità”
    Perché la ricerca dell’armonia tra pensiero e azione, se fatta consapevolmente, significa negare la gratuità?
    Non è quindi possibile vedere la gratuità e comunque ricercare un agire coerente pur accettando eventuali incoerenze?
    Mi viene da pensare che finché ci è stato affidato un corpo fisico, emotivo e mentale, al servizio di un corpo akasico, creare armonia tra pensiero ed azione sia positivo.
    C’è qualcosa che mi sfugge….

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  2. Sempre più le domande non sorgono, e non sorge la necessità di spiegazione, di collegamenti logici dei fatti, della loro concatenazione.
    Sorge invece l’adesione a a quella spinta interna che indica la direzione verso cui volgere senza che si presenti la richiesta di dove quella spinta porti.

    Estrema attenzione ripongo in questo

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  3. Mi capita di non chiedermi più perché accade un fatto a questo Centro di coscienza, lo accolgo e basta, tuttavia ancora la mente tenta di legare pensieri a emozioni e viceversa, per abitudine acquisita.
    Allora applico la disconnessione, nella speranza che diventi a sua volta una abitudine che scalzi la prima.

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  4. E’ vero, per automatismo cerco di trovare risposte logiche a ciò che accade e mi attribuisco cause e finalità. Sento, effettivamente, che disconnettere e lasciare andare la necessità di logica sia un atto di fiducia e di gratuità.
    Quando sono capace di farlo? Mi pare che occorre che io sia vigile, che osservi molto ciò che accade in me, che ricordi a me stessa la Via.
    Occorre anche, mi pare, che io abbia visto e rivisto quell’accadimento, che lo abbia compreso, pur non riuscendo a classificarlo in una mia logica.
    Grazie!

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  5. Come potremmo scoprire la gratuità se essa non fosse già da sempre operante in noi?
    Come potremmo realizzare l’unità se essa non fosse già da sempre operante in noi?

    Per questo il nostro lavoro è quello del togliere e del disconnettere, piuttosto che dell’aggiungere e dell’edificare. Proprio perché il volto del Buddha – la realtà originaria della gratuità – ci costituisce, ciò che ci compete è il gesto del “lasciar” emergere e affiorare.

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