L’esperienza esistenziale dell’estate

Le persone che possono realizzare un maggiore contatto con sé, vivono in modo particolare la stagione dell’estate: spesso essa produce disorientamenti, ansie, apatie, a volte stati di svuotamento profondo che inducono ad abbandonare situazioni e persone. Non di rado un senso di solitudine accentuato si insinua ed enfatizza gli altri stati.
Per alcuni, l’unica difesa è cercare di valicare indenni questa stagione: nel Sentiero contemplativo vediamo le cose un po’ diversamente.
Per potermi addentrare nel tema dell’esperienza esistenziale dell’estate debbo fare un parallelo con quello che accade al seme/frutto delle piante.
Da giugno ad agosto, a seconda della specie, il seme/frutto viene esposto ad una forte irradiazione solare: noi siamo soliti pensare al binomio luce/calore, fenomeni che i nostri sensi percepiscono, e non pensiamo che luce/calore siano in realtà solo due degli aspetti della radiazione solare che interagisce con il corpo eterico ed il corpo astrale della pianta.
Il fine dell’esposizione a quella prolungata radiazione, non è preparare il frutto per il consumo umano, o animale, ma condurre il seme alla pienezza della sua essenza, affinché possa a suo volta generare altri semi.
Il percorso è dal seme ai semi: da una vita a molteplici vite, da un a esperienza a molteplici esperienze.
La lunga esposizione solare del seme ha lo scopo di formarlo, di condurlo a pienezza, di fissarne ed esaltarne l’essenza: il seme è collocato tra terra e cielo e vive e giunge a pienezza proprio perché tra questi due poli è collocato.
I due poli non sono sempre in equilibrio, ora prevale l’uno, ora l’altro a seconda dei processi che debbono avvenire, ma costantemente il seme è il ricettacolo di forze ascendenti e discendenti, che provengono dalla terra e dal cosmo, ed è questo intrecciarsi di forze che lo intesse di quell’elemento vitale che poi genererà altre vite.
Nella pianta collocata tra cielo e terra avviene il miracolo della vita che si manifesta e che libera il suo potenziale più alto: nuova vita, di una natura diversa, di una esperienza diversa frutto del vissuto e del compreso.
Quando la pianta genera il seme, questo non è un clone del seme che l’ha generata: il nuovo seme contiene in sé l’informazione della vita che l’ha plasmato, delle condizioni diverse che ha incontrato, della grandine, del caldo, della siccità, dell’umidità, degli attacchi degli insetti, delle potature di un uomo, della vicinanza di un uccello che ha nidificato tra i suoi rami.
Il seme madre non è come il seme figlio, ha una ricchezza che non si configura necessariamente nella forma, ma nella sostanza vibratoria di quella nuova vita, nel patrimonio genetico infine.
Queste immenso processo è avvenuto nella relazione con forze cosmiche e terrestri, essendo da esse creato e diventando esse stesse.
La forte irradiazione solare estiva è l’ultimo dei cicli che conosce, e, in molte piante, prelude la morte del suo veicolo terreno: il seme del grano pregno di radiazione cosmica splende sospeso nel cielo con il suo sostegno oramai inutile: l’ultima benedizione gli viene dal cielo, sotto il sole di luglio realizza la sua trasfigurazione e diviene un nuovo essere libero ed autonomo, contenente in sé il principio vitale frutto dell’armonia delle forze.

Non è così anche per l’umano? Non rappresenta l’estate il momento in cui le esperienze di un anno trovano una sintesi, si compongono e organizzano nel sentire e i corpi transitori sono lasciati fluttuare perché le forze vengono usate oltre il conscio, per l’elaborazione inconscia (a livello della coscienza) dei processi dunque?
Non è l’estate assimilabile alla notte, e alla morte? Si muore dunque ogni notte, ogni estate, ogni vita.
La pianta muore in estate, e così è per l’umano.
Quando le forze dell’autunno già si presentano, come in questi giorni, le comprensioni maturate, i dati sistemati, l’organizzazione profonda vivificata dispongono la persona alla rinascita, al ricominciare: ma non si ricomincia mai da dove si era lasciato, dopo ogni estate si è sempre diversi, sempre nuovi in virtù dei processi che hanno trovato sintesi nel sentire.
Il nuovo sentire è allora pronto per una nuova immersione nell’esperienza, e la vivrà con la rinnovata consapevolezza dell’importanza del vivere incarnati: ecco perché in autunno è presente quella disposizione così introspettiva, quella intenzione a far bene, a rinnovare il proposito del vivere a partire dall’interiore che ogni ottobre e novembre viene rinnovato così intensamente.

Dicevo che durante l’estate le forze interiori si focalizzano su di un piano coscienziale, dunque inconscio, e le forze astrali e mentali sembra si affranchino dalla guida della coscienza e fluttuano creando, a volte, un disordine e un disagio interiori.
Se la persona non è consapevole della natura spirituale ed esistenziale dell’estate, teme di stare regredendo, quando invece, semplicemente come nel frutto/seme, è in atto un processo cosmico di sintesi, un mettere insieme le parti, i frammenti che andranno a configurare un quadro d’insieme che si dispiegherà solo con l’autunno.
Ecco che la prima sfida per la persona della via, durante l’estate, è la consapevolezza della natura dei processi che stanno avvenendo in sé:
– non si inizia un’opera in estate, le forze non sono volte al fare, ma allo stare;
– i processi sono profondi e inconsci e non debbono essere turbati da un inutile attivismo;
– si osservano i movimenti astrali e mentali, il materiale vasto e vario che affiora e si cerca di non identificarsi, lasciandolo fluttuare, non alimentandolo, vedendolo senza fine, lasciandolo transitare.
Quel vedere è un conoscere, un prendere atto che quel materiale c’è e di certo parla della natura dei nostri corpi transitori, come del non compreso in noi:
– non va lavorato in modo specifico, va visto, accolto, attentamente considerato, lasciato fluttuare lavorandolo con il minor impiego di forze possibile;
– non è l’estate la stagione del combattimento, né del logoramento per la colpa e il limite: si conosce e si lavora il minimo, sapendo che l’opera verrà ripresa a tempo debito.
Di necessità, alla fine di questo processo incernierato sulla consapevolezza e sulla conoscenza, si disconnette.
Mi si osserverà che la consapevolezza e la conoscenza in estate sono quantomai aleatorie: vero, inevitabile, ma non comporta problema; coltiveremo una consapevolezza e una conoscenza piuttosto vaghe, confuse, sospese, aleatorie a dimostrazione che non è il tempo per alcuna opera, ma per stare ad osservare.
Quando l’irradiazione cosmica dell’estate sarà terminata, vedremo con più chiarezza e ci accorgeremo che in noi vibra qualcosa di nuovo: comprensioni che si sono strutturate attraverso il processo di quei mesi di apparente apatia e abbandono di ogni intento.
Allora saremo pronti per la nuova opera.
Nel mentre, saremo stati tanto intelligenti da non prendere decisioni, da non avviare progetti, da non sancire abbandoni: l’estate è il regno delle forze che fluttuano nei corpi inferiori, è sotto l’egida dell’Io che sembra vivere affrancato dal sentire: mai decideremo qualcosa sotto l’influenza dell’Io, senza la piena consapevolezza del discernimento vero che viene operato soltanto quando le forze del sentire sono pienamente operanti, e illuminano l’azione dell’Io stesso e l’insieme della persona conducendola verso il suo bene esistenziale.


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6 commenti su “L’esperienza esistenziale dell’estate”

  1. Da rileggere ad ogni estate.
    Questo collegamento con la natura delle stagioni aiuta a leggere, a vedere il parallelismo, a riflettere.

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  2. Molto chiaro, grazie. Mi ritrovo in ciò che viene qui spiegato. Già comincio a sentire gli effetti della transizione dall’estate all’autunno. C’è un predisporsi a ricominciare, a raccogliere i frutti di quanto sedimentato. Se presto ascolto ai miei movimenti interiori posso riconoscere come essi siano legati alle forze cosmiche, ai ritmi della natura e questo è sempre più evidente con il passare degli anni. Il fatto di abitare in campagna mi ha aiutato molto in questo.

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  3. Approfondimento chiaro.
    È confortante notare come da una semplice e acuta osservazione della natura che ci circonda si possano estrarre dati significativi per la conoscenza di sé.

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