Quando generiamo karma?

Sviluppo qui una discussione iniziata nel gruppo Whatsapps del Sentiero.
Dunque, quando generiamo karma?
Quando ciò che agiamo, dunque ciò che è mosso da una intenzione, sostenuto da un pensiero, rivestito di un’emozione poteva essere fatto meglio, o in diverso modo perché ne avevamo la possibilità, ovvero perché la comprensione per fare diversamente era già impostata nel nostro sentire, ma non l’abbiamo ottemperata.
Cosa vuol dire l’espressione “fare meglio”, “fare diversamente”? Fare in modo tale che l’l’interlocutore della nostra relazione, indipendentemente dal fatto che sia un oggetto, un ambiente, un animale, una persona abbia: 
– la cura di cui siamo fino in fondo capaci,
– la dedizione più profonda che possiamo mettere in atto;
– il rispetto che gli è dovuto per la sua alterità.
Nella relazione si misura la nostra capacità di accudire, di essere dediti e di rispettare: questa misura non avviene rispetto ad una unità di riferimento teorica ed astratta, e nemmeno rispetto a quella stabilita dagli archetipi morali cui si aderisce; avviene invece rispetto a ciò che nel nostro sentire è già impostato nella comprensione, già in parte assodato, già costituito come possibilità che potremmo mettere in campo.
Dunque l’agito di adesso è messo in relazione con la possibilità potenziale che noi avremmo di agire: se l’agito è di grado 7 e la potenzialità di grado 9, i due gradi mancanti attivano la legge del karma la quale provvederà, allo stesso modo di come potrebbe provvedere un algoritmo, a generare una nuova situazione in cui ripetere l’esperienza nella sua sostanza esistenziale, in modo che noi si abbia la possibilità di realizzare il grado 9 che in potenza ci è accessibile dal momento che “possediamo” i gradi di sentire necessari, sebbene non perfettamente organizzati.
Se la nostra potenzialità fosse stata di grado 7, cioè pari all’esperito, non ci sarebbe stato intervento della legge del karma perché più di quello che abbiamo messo in atto non potevamo, non c’era sentire che potesse sostenere un’altra possibilità.
Ciò che va chiaramente compreso è che la legge del karma ci conduce, con i suoi meccanismi, da ego ad amore: ciò che agiamo viene considerato nella sua valenza d’amore e nell’ombra egoistica che porta con sé, dove è quest’ultima, la sua presenza o preminenza, che attiva la necessità di ripetere un’esperienza, di confrontarsi di nuovo con un limite d’amore.
La cifra da conseguire è l’amore pieno e disinteressato, ma la legge del karma non si attiva a partire da ogni nostra inadempienza rispetto a quella condizione ultima e definitiva, ma bensì rispetto all’amore a noi possibile per comprensione conseguita.
Ora, se in noi opera una comprensione pienamente conseguita, non abbiamo alcun libero arbitrio, e dunque alcuna possibilità di scelta che non sia il dare piena vita e attuazione a quella comprensione.
Dunque, se la legge del karma si trova ad intervenire per determinare una nuova possibilità di esperienza e di indagine, è perché la comprensione conseguita non lo è fino in fondo, è cioè una comprensione parziale soggetta a completamento.
Era nella nostra potenzialità agire in un certo modo, dunque esisteva una possibilità di scelta, dunque la comprensione non era completa perché se lo fosse stata non sarebbe esistita nessuna potenzialità, ma solo una certezza e un’unica possibilità di scelta.
Nella discussione su Whatsapps accennata all’inizio, discussione che ho letto in fretta perché lo strumento non è dei più agevoli, si faceva riferimento alla possibilità di un deficit nella cura di un essere: ora, se era nella potenzialità della persona fare meglio – ovvero tenere più a fondo in conto i molteplici fattori in campo e provvedere affinché l’essere in questione fosse al sicuro alla luce di tutte le valutazioni – e non è stato fatto per un deficit di attenzione, di valutazione, o di dedizione, è naturale che la legge del karma intervenga creando, in un futuro, un supplemento di esperienza e dunque una ulteriore possibilità di comprensione, di completamento della comprensione potenziale.
Bisogna sempre guardare alle proprie intenzioni, e alle azioni conseguenti, alla luce della cura, della dedizione, del rispetto che siamo stati capaci di attivare e mettersi in ascolto profondo del nostro interiore: quel disagio che spesso affiora è il segno che potevamo fare meglio.
Quando abbiamo operato ciò che anche in potenza potevamo, non c’è disagio particolare.
Esiste comunque, in persone particolarmente scrupolose, una interrogazione accurata sul proprio agire, e questo è un bene: se, dopo l’indagine, giungiamo alla conclusione che meglio non era possibile, bisogna cessare ogni rovello e affidarsi alla vita che ha uno sguardo più profondo del nostro e saprà provvedere.
Va evitato che lo scrupolo diventi ossessione, e questo è possibile attraverso la coltivazione di un gesto di affidamento, rinunciando ad essere giudici troppo severi di noi stessi, sapendo che l’ultima parola spetta alla vita che, se vorrà, ci offrirà il modo di fare meglio.


Ti avviso quando esce un nuovo post.
Inserisci la tua mail:

 
Novità dal Sentiero contemplativo: se vuoi, iscriviti alla community

 

Sottoscrivi
Notificami
guest

10 Commenti
Newest
Oldest Most Voted
Inline Feedbacks
Vedi tutti commenti
Alessandro B

Chiaro.

natascia

Ho cercato di capire e sto ancora cercando di farlo, se i fatti della mia vita e anche quelli della mia famiglia fossero legati ad un karma. Penso che sia così. Se guardo gli attori delle scene, me compresa, non so dire a quale grado di comprensione questo mi abbia portato, ma non è questa la questione importante credo. Di certo c’è stata una svolta, ad un certo punto il procedere inconsapevole, pieno di inciampi, si è fatto meno accidentale. Un piccolo varco verso una maggior quiete, si è aperto. Il mio operare ora, cerca, molto maldestramente, di orientarsi verso l’acquisizione di una maggior consapevolezza. Posso pensare che poteva essere diversamente? Probabilmente no. Lo dico con tutto il dolore che questo ha comportato e comporta ancora. Di certo se non avessi avuto la possibilità di avvicinarmi all’insegnamento del Sentiero, non sarei riuscita ad elaborare in questo modo gli eventi. In questo procedere verso il bisogno di una maggior comprensione fondamentale è l’apporto di ognuno di voi che sento di ringraziare profondamente.

Luana Diotallevi

Ora mi sento molto più sicura, la comprensione è più chiara. L’importanza di esperienze che si ripetono è tangibile. Il senso di responsabilità è d’aiuto a fare meglio.

Roberta G

Grazie!

Roberta I.

“La cifra da conseguire è l’amore pieno e disinteressato, ma la legge del karma non si attiva a partire da ogni nostra inadempienza rispetto a quella condizione ultima e definitiva, ma bensì rispetto all’amore a noi possibile per comprensione conseguita.”
Queste parole che alleggeriscono il peso di chi si sente inadeguato e in colpa perché, non consapevole di quali siano le proprie reali potenzialità, misura i propri pensieri, emozioni e azioni con quella “condizione ultima e definitiva”.
Grazie.

nadia

Decisamente questo spazio è più congeniale rispetto a quello di whatsapp! Grazie e grazie anche per i commenti.

Marco Dellisanti

Grazie. Dunque la vita offre sempre ulteriori possibilità di comprensione, qualora le nostre scelte non siano perfettamente in linea con quello che è il nostro potenziale al momento della scelta. Si ripetono scene con la stessa sostanza esistenziale in modo che possiamo arrivare ad agire secondo quello che è il nostro potenziale. Il cosiddetto karma “negativo”, che credo ci metta nella condizione di subire quello che gli altri hanno subito per causa nostra, dovrebbe quindi subentrare nel caso in cui continuiamo ad agire sempre allo stesso modo nonostante ci venga offerta più volte la possibilità di fare meglio. Di questo chiedo conferma. Ne approfitto per porre anche un’altra domanda. Non riesco a mettere insieme quanto dici e quanto è stato detto anche da Roberta in merito al fatto che si genera karma solo quando c’è una comprensione parziale, o male organizzata come dici nel post, con quanto da te affermato una volta in merito agli immigrati che annegano in mare. Dicevi che è verosimile pensare che gli autori delle atrocità del nazismo vivano oggi per la legge di causa ed effetto questa condizione. Faccio fatica a pensare che quelle atrocità fossero legate a comprensioni parziali e non invece a totale mancanza di comprensione, almeno nella grande maggioranza dei casi. L’immagine che tutti abbiamo dei nazisti è quella di persone senza il minimo scrupolo e incapaci di provare il benché minimo rimorso…

Antonella

Grazie Roberto per le ulteriori spiegazioni.
Gradirei, se possibile, poter ascoltare la registrazione dell’intervento di Roberta all’ultimo OE, se sei riuscito a farla che purtroppo io non ho potuto ascoltare, di nuovo grazie.

10
0
Vuoi commentare?x