Amando l’impermanenza della vita “in sé”

[…] Vivere, amando l’impermanenza, significa appassionarsi a ciò che varia in continuazione, ma rimanendo effimero, e questo porta ad essere in armonia con la variabilità e quindi col nascere e scomparire di tutti gli aspetti che l’alterità mostra dentro le relazioni. Mentre voi umani siete fissi nella pretesa di costanza e di solidità che cercate di costruire e di mantenere nei rapporti che vi interessano.
Ricordatevi che l’impermanenza, vissuta nelle relazioni, non può che entrare in conflitto con la pretesa di cambiamento dell’altro in base alle vostre aspettative – cioè “per voi” – oppure col mantenimento della relazione secondo le vostre esigenze – ancora una volta “per voi” -.
L’impermanenza vi sfugge di mano ed è soggetta ad una realtà che non controllate, in cui tutto nasce e scompare secondo una continuità che voi non potete che vivere come ripetuto scacco, poiché vi dimostra che il vostro desiderio di stabilità e di consolidamento sono solo pretese su cui fondate le basi del vostro interpretare la vita nel quotidiano.
Nel mondo “per voi” – il mondo mentale – l’altro non viene messo al centro come singolarità, cioè l’altro che esiste in sé e per sé; no, voi lo interpretate come quell’individualità che impersona, o potrebbe rappresentare, una utilità “per voi”. Già, perché il mondo “per voi” è un modo particolare di intendere la relazione con gli altri, vale a dire come interscambio: “Io porto qualcosa agli altri e gli altri portano qualcosa a me”.
Ma, riflettete, la vita in sé – o mondo in sé – non è la propaggine delle vostre interpretazioni mentali, e quindi non è il risultato di timori, di speranze, di “dover essere” e di un passato intriso di oggetti psichici che condizionano sia il presente che ciò che vi immaginate come futuro. OE, 22.1

Fonte: La Via della Conoscenza, La vastità nella particolarità. Circolarità dello scomparire e dell’apparire (96) disponibile per il download i prossimi giorni, qui.


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5 commenti su “Amando l’impermanenza della vita “in sé””

  1. Finalmente comprendo l’aspetto dell’impermanenza riferito all’altro. Se si accetta l’altro per la persona che è, scompaiono le aspettative e le frustrazioni e tutto diventa più semplice e leggero nella relazione. All’inizio la strada sembra tutta in salita, poi gradatamente si appiana.

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  2. Nel divenire, sta maturando l’esperienza pratica del vedere che il cambiamento avviene veramente quando mi occupo delle modalità, dinamiche, interiorità, che mi caratterizzano lasciando il mondo libero di esprimersi…

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  3. La relazione è alla base del “mondo per sé” e del “mondo in sé”.
    Nel primo è “interscambio”, nel secondo “interconnessione reciproca” di tutti gli esseri.
    Nella prima prospettiva io sono il centro e la misura di ogni relazione; nella seconda l'”io” è il frutto della immersione in questo mare cangiante di relazioni.
    Nel primo caso l’io si vede e si interpreta come sostanziale e sempre uguale a se stesso; nel secondo l’io è in continua mutazione e vive dei riflessi di ciò che lo circoda, lo.penetra e lo sostanzia.

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