L’esposizione dei corpi

Corpi di uomini e donne esposti senza sosta per gli scopi e con le finalità più varie.
Il corpo del frate di Pietralcina transita tra una folla emozionata e devota che ha bisogno di vedere e di toccare.
Un corpo esposto per narrare di una vita, secondo loro, modello di misericordia; usato senza pudore alcuno come oggetto di devozione, strumento di un fine.
Un corpo è una storia, l’anello più denso di molti processi esistenziali: quando la persona trapassa e la coscienza abbandona il suo veicolo fisico, la consapevolezza del trapassato si apre sulla rivisitazione della vita vissuta, sul compreso, il non compreso, le cadute e le eventuali grandezze.
In quel processo, il trapassato non dà più alcun valore al corpo che è stato un vestito dismesso senza rimpianto.
Chi resta, la mente di chi resta, ha bisogno di averlo ancora e di usarlo ancora. Averlo per usarlo, qui è l’osceno di questa rappresentazione.
Se avessi voluto celebrarti per ciò che hai reso possibile per l’umanità, ti avrei messo sotto terra e portato nel cuore, protetto nel cuore.
Se decido di esporre il tuo corpo vuoto di te come un secchio vuoto d’acqua, vuol dire che ho altro in mente, ti sto usando per fini miei.
Il culto del santo, il culto dei miracoli, il culto del corpo: l’esposizione del tuo corpo è l’esposizione dell’agire dei tuoi miracoli che nel corpo e nelle menti, nelle vite, hanno operato.
Tu sei l’uomo dei miracoli, della vita passata in confessionale ad accompagnare le persone incontro ad una conoscenza almeno rudimentale di sé; sei il frate che si è piegato e ha obbedito, sei l’esempio di una fede semplice e contadina, anti intellettuale, mistica e venata di mistero: tu sei perfetto per alimentare la fede dei semplici e dalla tua hai il potere dei segni che parlano e interrogano i semplici e i non semplici.
Tu sei strumento di un potere e questo ti piega senza riserve e senza pudore.
In quanto sensitivo, la tua presenza attivava processi interiori di varia natura: dal chiarirsi di un percorso esistenziale, al sanarsi di un disagio nella mente, al guarirsi di un male nel corpo.
Eri tu che guarivi? No, evidentemente. Era il tuo dio che guariva? O era la fede, la fiducia, la conversione interiore della persona che la guariva?
Era la malattia simbolo nel corpo di un non compreso: può darsi che la relazione con te abbia permesso a quella persona di superare quello non comprensione, superando così anche il marchio di questa nel corpo.
Non è verosimile pensare che quella persona sia giunta a te con il processo del comprendere in fase avanzata e, la relazione con te, le abbiaa fatto compiere l’ultimo definitivo tratto di strada?
Dice sempre il maestro: “Non io, ma la tua fede ti ha salvata!” Cos’è quella fede che salva se non il processo dell’aprirsi ad una possibilità, di rompere le barriere di un’auto esclusione, di un’auto punizione, di una prigione costruita con le proprie mani?
Il male di cui soffriamo è edificato con le nostre mani e con esse è demolito e superato. A volte la guarigione è lenta e graduale, altre è repentina e l’umano, immerso nella sua ottusità, parla di miracolo.
Ciascuno guarisce se stesso e, certo, la propria fede può essere rafforzata dalla presenza di qualcuno che viene ritenuto uomo-di-dio.
Non è l’intermediario, l’intercessore, colui di cui dio si serve e sta in mezzo tra divino e umano.
Il processo della guarigione miracolosa è molto più semplice: un segno scompare quando una comprensione è matura e quella guarigione può avvenire nei tempi plausibili per le menti, o con una repentinità tale da sconvolgerle.
Da sconvolgere la loro ignoranza sulla natura della materia e delle forze che la governano.


Newsletter “Il Sentiero del mese”

 

Print Friendly, PDF & Email

2 commenti su “L’esposizione dei corpi”

  1. Caro Roberto la notizia dell’ esposizione del cadavere di padre Pio a Roma è oggetto per me di riflessione da qualche giorno posso leggere questo evento con molte chiavi di lettura come hai fatto tu ,mi è piaciuto molto il tuo intervento che non mi aspettavo e mi trovo in sintonia con il tuo sentire. La prima reazione di pancia che ho avuto è stato di rabbia e sgomento poi tristezza è un po di sconforto adesso cerco di allargare la mia visuale per osservare il fatto ,come diresti tu, in modo più oggettivo e meno soggettivo. Ma questo spazio è piccolo per esprimerti tutto il mio pensiero spero che riusciremo a trovare un po di tempo per parlarne un abbraccio

    Rispondi

Lascia un commento