Il lavoro interiore umile e feriale

Scrive una nostra lettrice: Spesso sento affermazioni del tipo: “Siamo Uno, tutto è Uno, Io sono tu, tu sei io”, insomma, concetti molto vaghi e a mio avviso ben poco concreti che cadono al primo alito di vento. […]
Possiamo noi dire, non mi interessa di stare nel Sistema, pagare le tasse, adempiere ai doveri di cittadino e al tempo stesso affermare quella spiritualità generica di cui sopra? Come si pone la nostra coscienza? E’ solo questione di etica (mentale), o c’è altro di più vasto che dovremmo tenere in considerazione nelle nostre scelte?

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Limiti e comprensione

d-30x30Limiti. Dizionario del

Non è ciò che il nostro Io desidera ciò di cui noi abbisogniamo, bensì il riconoscere, il comprendere, il vedere quelli che sono i nostri limiti e allorché li avremo compresi, li avremo visti, li avremo riconosciuti, in quel momento potremo anche trovare la strada per renderli diversi, perché li avremo compresi e poi accettati e, dopo averli accettati, il passaggio verso la loro modifica è strettamente legato alla comprensione ma, a quel punto, la comprensione è a portata di mano.

Messaggio esemplificativo (1)

Vi siete soffermati sui limiti interiori di ognuno di voi, su quei limiti che fanno capo a bisogni dell’Io, a desideri dell’Io, dando forse poca importanza a quei limiti che esistono al di fuori di voi. Voi tendete spesso a ragionare in questa maniera un po’ selettiva: avete chiaramente delle difficoltà ad abbracciare il concetto che ciò che è dentro di voi è in simbiosi con ciò che è all’esterno di voi, e che il tutto, costituisce un insieme unico dal quale non si può prescindere; quindi: la parte interiore è importante, ma quella esterna ad ognuno di voi è altrettanto importante, perché esiste per voi, è lì per voi, per aiutarvi a comprendere, è un riflesso di ciò di cui avete bisogno, di ciò che dovete attraversare, e così, nel cercare di osservare i propri limiti, è giusto non soltanto operare quel famoso «conosci te stesso», che da tanti secoli, se non da millenni addirittura, viene proposto all’umanità, ma anche osservare quei limiti effettivi che allorché si è immersi nella vita fisica, certamente esistono.
Questi limiti possono essere di vario tipo; senza dubbio vi renderete conto tutti, più o meno, di avere degli evidenti limiti fisici: non tutto vi è possibile, vi sono dei momenti che per dei limiti di energia del vostro corpo fisico, per esempio, avete assolutamente bisogno di dormire, assolutamente bisogno di mangiare, e qua riconoscere i propri limiti significa sapersi rendere conto quando questi limiti sono raggiunti e, quindi, quando si deve fare qualcosa di particolare.
Riconoscere questo tipo di limiti, i limiti fisici di cui stavamo parlando, significa rendersi consapevoli di possedere un corpo, rendersi consapevoli che questo corpo è l’interfaccia tra ciò che voi siete dentro e ciò che l’esistenza vi propone, e che questo corpo, per potervi permettere di comprendere tutto ciò che dovete comprendere, deve essere sempre nelle migliori condizioni possibili. Spostando un po’ più avanti il nostro raggio di osservazione, vi sono i limiti posti dalla società. Oh, specialmente quando si è giovani com’è facile cozzare contro questi limiti, com’è facile desiderare di spezzarli e sentirli come catene! Sentirsi magari anche prendere dalla rabbia per essere costretti in questi limiti, sentir nascere dentro di sé idee rivoluzionarie, idee combattive… ma questa è una reazione tipica di chi non ha ancora compreso i limiti.
Perché, vedete, anche per quanto riguarda i limiti imposti dalla società, che senza dubbio costituiscono dei condizionamenti per ognuno di voi, se voi li osservaste con attenzione, vi rendereste conto che cozzare contro di essi a testa bassa non è mai servito a nessuno. Il miglior modo per far sì che questi limiti non abbiano l’effetto di una catena su di voi, è quello di conoscerli fino in fondo, ma non conoscerli attraverso la contrapposizione, ma conoscerli attraverso il modo in cui sono nati, il perché della loro esistenza, come si sono sviluppati, perché soltanto conoscendo un supposto nemico in tutte le maniere possibili, è possibile poi arrivare a trovare quel punto debole in cui si riesce a penetrare, per far sì che il nemico ceda le armi. Non dimenticate, poi, che all’interno di una società in cui tanti individui, con tante personalità diverse, si trovano a condurre le loro esistenze, dei limiti, alla fin fine, devono essere posti, sono per forza di cose necessari, altrimenti, se non vi fossero dei limiti, delle regole poste dalla società, non sarebbe possibile vivere in comune.
L’importante – per la persona consapevole che cerca di crescere, e di agire all’interno di una situazione che, magari, reputa difficile – è quella di sapersi adeguare a questa situazione, è sapere in quale modo agire, per far sì che questi limiti non siano più dei limiti, ma siano dei mezzi per arrivare a trasformare non soltanto la propria vita, ma anche quella degli altri: non tutto nei limiti è negativo, ogni cosa, qualunque cosa si voglia osservare la si può osservare sia da un punto di vista positivo che da un punto di vista negativo: di totalmente negativo non vi è mai nulla. Quel limite che costringe che so, a mettere sulla testa un casco fastidioso che fa bollire il cervello sotto il sole estivo, è anche quel limite che permette che molte persone non perdano la vita per un incidente. L’importante è, quindi, sempre cercare di trovare la giusta misura ed il giusto mezzo, per confrontarsi con questi limiti. Il karma è certamente un grosso limite, ma siccome voi non sapete qual è, è come se non esistesse, se non per gli effetti che produce su di voi. Voi dovete preoccuparvi per quello che vivete non per ciò che potrebbe esservi alla base di ciò che vi accade. D’altra parte, bisogna ricordare che nulla succede a caso, che nulla è inutile nell’economia della Realtà, per cui anche possedere un limite ha i suoi lati positivi, anche solo per il fatto che senza quel limite non potresti confrontarti con ciò di cui hai veramente bisogno.
La liberazione da un limite avverrà quando tu interiormente avrai compreso cosa quel limite ti vuol significare. Certamente, nel porsi davanti ad un limite, come dicevo prima, è inutile cozzare con la testa contro di esso, molto meglio è osservare questo limite e cercare di capire come renderlo meno pesante, come renderlo meno nocivo, come sfruttarne le possibilità positive, come, al limite, aggirarlo per renderlo più piccolo, e tutti questi tentativi e tutte queste vie per rendere il limite inferiore sono quelle che portano alla comprensione, un po’ alla volta, perché portano alle esperienze, portano agli errori che fanno comprendere, ma portano anche agli errori che fanno soffrire, perché certamente commettere degli errori porta sempre a della sofferenza, tuttavia – come noi diciamo spesso – perché non fare piccoli errori e piccole sofferenze, invece di fare – come fate voi così spesso – che andate a testa bassa contro i vostri limiti sapendo o potendo immaginare con un minimo di sforzo che questo andare a testa bassa finirà con il costarvi della sofferenza non da poco, sia per voi, sia per chi vi sta accanto? Ecco: l’amore e la presenza di chi vi sta accanto, gli affetti, i rapporti, l’amicizia delle persone che vi stanno accanto, sono tutti strumenti che possono servirvi da stampelle per superare i vostri limiti; molte volte per amore di un’altra persona si riesce a fare qualche cosa che altrimenti, solo per amore di se stessi, non si riesce a fare.
Certamente il limite, in se stesso, non è né positivo né negativo, ma quello che mi preme sottolineare è che bisogna rendersi conto, riconoscere quali sono i propri limiti; perché nel momento in cui si riconosce quali sono i propri limiti, si trova l’attimo giusto in cui ci si deve fermare, guardarsi negli occhi e dire: «oltre questo non devo andare, non soltanto per me ma anche, al limite, per chi mi ama o per chi amo». Moti

In certi casi la forza di volontà può essere d’aiuto, in altri la forza di volontà non è altro che un mettere alla prova i propri limiti per cercare di appagare il proprio Io e di mostrarsi superiori agli altri.
Vedete, creature, questi discorsi, sono discorsi molto generali, è facile fare una teoria generalizzata restando sul vago, come abbiamo fatto fino a questo punto, però, rendetevi conto che, in realtà, il discorso andrebbe personalizzato per ognuno di voi, perché ognuno di voi ha dei limiti diversi, ognuno di voi ha delle esigenze diverse, ognuno di voi ha un modo di affrontare i limiti che è diverso da quello dell’altro, ed è qua il punto difficile, noi parliamo per tutti e parlando per tutti dobbiamo generalizzare.
L’analizzare i propri desideri è una strada che può aiutare a capire pian piano i nostri limiti interiori, ma va ricordato che i desideri, molto spesso, sono privi di limite, perché capita, quando si vive, di desiderare le cose più assurde, più impossibili. Tu potresti desiderare di fare la ballerina di danza classica, ad esempio, e non avere nessuna possibilità di riuscirci per motivi sociali, per motivi familiari, o per motivi – che so io – anche semplicemente fisiologici. Eppure potresti avere in te questo desiderio. Ora è importante riuscire ad osservare questo desiderio e renderti conto della possibilità o meno del suo avverarsi e, quindi, renderti conto che tu la ballerina non potrai mai farla, però potrai apprezzare ad esempio altre persone che fanno quello che tu vorresti fare e riuscire a immedesimarti in loro, riuscendo magari a partecipare alla loro gioia nel poter compiere quelle piroette, quelle evoluzioni. Questo sarebbe un modo per realizzare un proprio desiderio non personalmente ma attraverso la realizzazione fatta da un’altra persona, e questo voi lo fate in continuazione, senza rendervene conto, tutti i giorni.
Chi si propone dei limiti, solitamente è l’Io, che se li pone sempre abbastanza in là per essere sicuro di poterli raggiungere e poi poter dire: «Ah, come sono bravo, visto che limiti ho io? Io nella vita raggiungerò il limite – che so – di diventare la persona più ricca del mondo», e magari l’individuo ci crede anche mentre afferma questa cosa, anche perché sa che gli altri non daranno mai molto ascolto a questa frase, ci saranno poche possibilità che lui veramente possa diventare la persona più ricca del mondo.
Ma la cosa si pone sempre tanto in là che potrà sempre dire «non è ancora il momento, ma il momento verrà», e quindi il limite, diventa un limite auto imposto, è un sogno che uno si porta avanti per tutta la vita. L’importante sarebbe che la persona riuscisse a guardare in faccia i propri sogni, riuscisse a riconoscere i sogni che ad un certo punto possono non essere più sogni, e quali sono i sogni che, invece, resteranno sempre e comunque dei sogni che, certamente, si possono continuare a sognare fino al punto in cui, però, non costituiscono una dimenticanza delle proprie responsabilità e dei propri limiti. Scifo

Le chiavi del paradiso, pag. 149 e segg.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima. Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

 

Conoscenza, consapevolezza e comprensione

d-30x30Conoscenza, consapevolezza e comprensione. Dizionario del

Come abbiamo già visto nel volume precedente le Guide intendono per «comprensione» il momento finale del processo individuale che – sperimentata un’esperienza nelle sue varie sfaccettature – si fissa in maniera definitiva all’interno della coscienza dell’individuo, entrando a far parte di quel grande patrimonio di elementi che l’individualità si porta con sé da un’incarnazione all’altra, via via ampliandolo con l’acquisizione di nuovi elementi di piccola o grande comprensione che vanno gradatamente a completarlo e a precisarlo anche nelle sfumature.

Messaggio esemplificativo

 Talvolta voi pensate che la comprensione si debba precipitare al vostro interno come una valanga inarrestabile, come un’intuizione improvvisa, e non vi rendete conto, invece, che la comprensione arriva dentro di voi – lungo i percorsi che fate singolarmente – goccia dopo goccia, costruendo la vostra coscienza, molte volte senza che neppure la vostra mente cosciente, di incarnati, se ne renda conto.
Comprendere è un processo che accompagna strettamente l’evoluzione in tutti i suoi termini; comprendere è quello che rende viva la vostra evoluzione, è ciò che la giustifica, ciò che dà una motivazione al vostro esistere, al vostro vivere e – perché no? – anche al vostro dolore e alla vostra sofferenza.
Bene, figli, rendetevi conto che la comprensione difficilmente è quella valanga che voi immaginate; che la comprensione difficilmente vi trasformerà, da un momento all’altro, da un essere pieno di dubbi e tormenti ad un angelo radioso ma che, tuttavia, se saprete osservare col vostro Io «nuovo» che si va formando attimo dopo attimo ai ritmi di questa vostra comprensione, guardando indietro dovreste riuscire a rendervi conto che quel «voi» di anche soltanto pochi giorni prima non è più la stessa persona, e questo vi può dare la misura di ciò che – piccolo o grande che sia – voi avete compreso, avete aggiunto al tassello della vostra coscienza, rendendola più completa, più profonda, più ricca di sfumature e, quindi, più capace di comprendere gli altri, di legarsi agli altri, di appartenere a quell’insieme di coscienze che compiono il cammino attraverso il piano fisico.
Certo, la vostra comprensione può arrivare attraverso mille strumenti diversi, può arrivare attraverso un ragionamento, può arrivare attraverso un sentimento, può arrivare attraverso una sofferenza, così come può arrivare attraverso una gioia. Tutti questi elementi sono strumenti che il Grande Disegno ha messo a vostra disposizione per permettervi di crescere e non vi è mai un momento in cui uno di questi elementi lavora al vostro interno da solo, ma tutti tra di loro si fondono, si accrescono l’uno con l’altro; da questo lavorio interno la vostra comprensione cresce.
Questo vi dia fiducia, figli, vi faccia essere ottimisti sul vostro domani, vi faccia affrontare le difficoltà che nel corso della vostra vita incontrate con un occhio diverso da quello che usate solitamente, consapevoli che, comunque sia, l’esperienza che vivrete, anche se magari inaspettata, drammatica e dolorosa, vi porta alla fine a quella perla dall’immenso valore che è una goccia in più di comprensione nella vostra coscienza.


Conoscenza, consapevolezza e comprensione

Come abbiamo già visto «conoscenza», «consapevolezza» e «comprensione» sono le tre fasi di acquisizione di un sentire, attraverso le quali viene inscritto nella coscienza in maniera permanente quello che l’individuo ha tratto dalle esperienze che conduce nel corso dell’incarnazione.

Messaggio esemplificativo

La prima fase che l’individuo attraversa nella scoperta di se stesso è quella che abbiamo definito con il termine conoscenza. Con esso si intende che l’individuo, nel corso delle varie vite, viene a contatto con tutte le motivazioni importanti da riconoscere per la sua crescita interiore ma, poiché non è ancora in grado di osservare con obiettività se stesso e i suoi modi di essere, le vede nelle persone che, di volta in volta, la vita gli mette a fianco.
In questa fase è importante l’influenza dell’Io. Esso, infatti, opera una selezione nelle cose che percepisce negli altri e, quasi sempre, rileva quei difetti che anch’esso possiede, puntando su di essi il dito accusatore in maniera tale da distrarre se stesso e gli altri da ciò che gli appartiene, stigmatizzando ed evidenziando la pagliuzza altrui in modo da apparire superiore e mancante di quello che, sotto sotto, riconosce come un difetto. In questa maniera l’individuo incarnato viene a trovarsi davanti il ventaglio di tutte le proprie non-comprensioni, riconoscendole in coloro che gli stanno attorno, e dal momento che aiutare gli altri, all’occhio dell’Io, è sinonimo dell’essere superiori e più potenti, l’individuo si trova ad esercitarsi sugli altri per cercare di smantellare le loro illusioni. È chiaro che in questa fase l’intenzione non può essere che egoistica: come potrebbe essere altrimenti, dal momento che è pressoché totalmente governata dall’Io?
I primi segnali di una possibile sconfitta dell’Io operata da parte dell’uomo di buona volontà si avvertono nel momento in cui vi è il passaggio alla seconda fase del processo, la consapevolezza.
Acquisita, infatti, la conoscenza delle varie tematiche interiori che lo riguardano più da vicino e personalmente, e del modo in cui sembrano manifestarsi negli altri, l’individuo può senza dubbio fare finta di niente e, per un certo tempo, continuare ad additare gli altri quali esempi di errori e di mal agire, ma, prima o poi, l’esistenza gli porrà davanti un’esperienza talmente lampante ed evidente che farà breccia nella presunzione del suo Io, costringendolo a piegarsi davanti all’evidenza che un particolare moto interiore, che tendeva a rilevare negli altri non gli è sconosciuto ma, anzi, gli appartiene senza alcuna ombra di dubbio. Pensate, per fare un esempio quotidiano, miei cari, a quante volte «bollate» con riprovazione un vostro compagno d’avventura sul piano fisico come presuntuoso e poi vi rendete conto che spesso vi comportate in maniera altrettanto presuntuosa!
Questo passaggio è un momento delicato: mentre nel corso della prima fase vi era un’apparente sicurezza e felicità sotto l’onda della soddisfazione dell’Io di sentirsi migliore degli altri, lo scoprire che si rientra nella mediocre fallacia fa traballare la sicurezza dell’Io con ripercussioni nella sua visione del mondo, facendolo sentire più instabile, più insicuro, più timoroso di ulteriori scoperte che potrebbero danneggiare la sua auto immagine. Se volete un esempio pratico di questa situazione ricordatevi il vostro passaggio dall’età infantile a quella adulta: l’immagine di voi stessi è dovuta, necessariamente, cambiare e avete dovuto abbandonare quella che era un’esistenza, per lo più, priva di responsabilità e felice perché eravate al centro dell’attenzione nel vostro piccolo ambito familiare. Il vostro Io, allora, ha dovuto radicalmente modificare la concezione di se stesso ed ha attraversato quei momenti di instabilità, dovuti al suo cercare di ricostruirsi un’immagine, che viene definita età puberale, nella quale all’Io persino il suo corpo fisico sembra diventare via via irriconoscibile come architettura e come percezioni.
La fase della consapevolezza è, dunque, quella più tormentata e, anche, la più lunga da attraversare perché accompagna tutta l’evoluzione dell’individuo come essere umano, mentre la fase della conoscenza si attua al novanta per cento nelle vite iniziali.
Il discorso si complica allorché si mette in atto la terza fase, quella della comprensione: dopo aver conosciuto le varie problematiche interiori negli altri ed essere giunti alla percezione che esse non ci sono estranee ma che agiscono anche in noi, l’accettazione di esse e la loro spiegazione è a portata di mano cosicché esse arrivano ad essere comprese e, in quanto tali, creano un ordine diverso nel sentire della coscienza, che si struttura in maniera più completa ad ogni comprensione raggiunta.
Come la conoscenza si esplica maggiormente nelle prime esistenze, la comprensione si attua in maniera più serrata verso le ultime esistenze.
Quello che non riuscite a comprendere, in questo discorso, figli nostri, è come mai nel momento in cui avete raggiunto una comprensione non sembrate diversi da un attimo prima. Ma non siete voi a non capire, è il vostro Io che cerca di strumentalizzare anche la comprensione aspettandosi da questi raggiungimenti un miglioramento della sua immagine e, quindi, un accrescimento di autostima. Non può essere così, e per vari motivi.
Prima di tutto perché la comprensione riguarda, solitamente, un aspetto del fattore e non tutto il fattore nella sua totalità (e questo dà ragione del fatto che difficilmente una comprensione raggiunta porta una modificazione radicale del proprio modo di essere). In secondo luogo perché ogni comprensione è collegata a tutte le altre attraverso sfumature in comune, cosicché, se queste sfumature non vengono a loro volta comprese, il comportamento resta incerto e non può modificarsi improvvisamente in maniera sentita. In terzo luogo i vostri corpi inferiori sono stati costruiti sulla base delle non-comprensioni che avevate prima di incarnarvi, cosicché è possibile che non abbiano i mezzi pratici per mettere in atto le nuove comprensioni raggiunte (ad esempio: se prima dell’incarnazione non avevate compreso che anche una carezza è un grande segno d’amore, nel momento in cui vi arriverà la comprensione di questo elemento il vostro corpo astrale potrebbe non essere strutturato per desiderare di manifestare, in questo modo fisico, il vostro amore per un’altra persona). In quarto luogo non è detto che voi vi rendiate conto dei cambiamenti dovuti all’allargamento del vostro sentire: ciò che avete compreso non è più un elemento disturbatore come era quando era non-compreso: fluisce tranquillamente, non vi provoca problemi e, quindi, l’Io non solo non lo ravvisa, ma non ha la necessità di farlo in quanto non costituisce un motivo di allarme per la sua esistenza.
Capiamo, figli e fratelli, le difficoltà insite in tutto questo: al contrario di quasi tutte le religioni vi diamo delle indicazioni etiche che non promettono il paradiso, ma sembra che vi prospettiamo l’idea di darvi da fare per modificare voi stessi col solo effetto di non accorgervi del risultato del vostro sforzo! Ma è l’Io, miei cari, che vi sussurra con furbizia di desistere dal fare, sulla base dell’errata idea di una ricompensa inesistente. La ricompensa esiste, amici, è insita in ogni passo che compite: forse che non è ricompensa abbastanza grande allontanare da voi la sofferenza o, quanto meno, riuscire a renderla meno aggressiva?
E se questo ancora non vi basta, tenete a mente, e serbatelo dentro i vostri cuori, che verrà il giorno in cui, dopo essere stati comparse prima e protagonisti poi, parteciperete alla grande regia che dà forma all’intero manifestato. Baba

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima, pag. 57-62, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

 

 

 

In merito alla lotta interiore e all’esperienza della conoscenza

Ho letto il testo di Enzo Bianchi “La libertà nasce dalla lotta interiore“, curiosa perché avevo sentito parlare molto bene di questo monaco, e confesso che a un primo approccio mi è risultato assolutamente incomprensibile e non perché usasse un linguaggio complesso, o i concetti espressi fossero difficili.
Mi sono interrogata riguardo questa sensazione e credo che il problema stia nel fatto che dice tutto e niente, come se l’autore desse per scontate molte cose, usasse le parole nella generalità del loro significato, segno di un dire senza il peso dell’esperienza soggettiva, della responsabilità soggettiva.

continua..