Violenza e violenze

d-30x30Violenza. Dizionario del

L’indurre qualcuno a fare qualcosa che altrimenti non avrebbe fatto.

Messaggio esemplificativo (1)

Il problema è che voi vi accorgete della violenza, e la riconoscete, quando riguarda o ricade su voi stessi. Oh… si può anche dire che voi guardate la televisione, magari, e vedete il tale omicidio o la sparatoria tale e dite: «Ma guardate questi comportamenti violenti, io non farei mai una cosa del genere…» ma è sempre un cosa mentale quella che fate, un atteggiamento di superficie perché, in realtà, non vi interessa più che tanto quanto guardate attraverso quella finestra che è la televisione, anche perché, alla fin fine, non siete mai sicuri se quello che vedete o sentite sia veramente la realtà dei fatti.
Per accorgervi, quindi, della violenza, bisogna che la violenza arrivi a interessare voi stessi e, naturalmente, la parte più evidente del vostro voi stessi, ovvero il vostro Io, perché è quella che reagisce alla violenza.
Il problema è che voi vi accorgete della violenza, e riconoscete la violenza quando la violenza riguarda o ricade su voi stessi. Oh… si può anche dire che voi guardate la televisione, magari, e vedete il tale omicidio o la sparatoria tale e dite: «Ma guardate questi comportamenti violenti, io non farei mai una cosa del genere…» ma è sempre un cosa mentale quella che fate, un atteggiamento di superficie perché, in realtà, non vi interessa più che tanto quanto guardate attraverso quella finestra che è la televisione, anche perché, alla fin fine, non siete mai sicuri se quello che vedete o sentite sia veramente la realtà dei fatti.
Per accorgervi, quindi, della violenza, bisogna che la violenza arrivi a interessare voi stessi e, naturalmente, la parte più evidente del vostro voi stessi, ovvero il vostro Io, perché è quella che reagisce alla violenza.
L’Io, ricordatelo, è sempre pronto a fare violenza agli altri, ma – ritenendosi superiore – si offende tantissimo nel momento in cui la violenza viene fatta a lui!
La violenza non è fatta soltanto di atti violenti: la violenza è fatta di molte sfaccettature, tantissime, e – forse – il comportamento, come si può dire… in qualche modo subdolo o peggiore che si possa tenere è quello che porta alla violenza messa in atto attraverso le parole; certamente una violenza fisica vi colpisce sul momento per la sua manifestazione, per come viene messa in atto, perché – magari – l’individuo violento manifesta attraverso la sua espressione una condizione interiore particolare che vi colpisce, ma la violenza fatta con le parole invece, a mio avviso, è molto peggiore. Intanto, è difficile riuscire ad individuarla: non sempre vi accorgete che gli altri vi stanno violentando con quello che vi dicono, e poi restate comunque nel dubbio se veramente quella persona vi stava facendo violenza o se è stata soltanto una vostra impressione. Diventa, quindi, un comportamento dell’altro che va compreso, interpretato, e voi sapete che questo comprendere ed interpretare un comportamento altrui è una delle cose più difficili da fare. Se pensaste ai vostri politici, per esempio, vi accorgereste che conoscono benissimo questi movimenti, queste meccaniche psicologiche e le usano continuamente nel loro comizi, nei loro discorsi, nel loro usare la parola come mezzo di convinzione, di persuasione.
Fino a questo momento abbiamo parlato di quando voi recepite una violenza, e ho cercato di farvi vedere che la violenza ha tante sfaccettature e può essere ritrovata e ricadere su di voi in forme molto diverse ed anche inaspettate.
Ora, vediamo l’altra faccia della medaglia: le violenze che ognuno di voi fa. È evidente che, a questo punto, è necessario che voi stiate attenti a voi stessi per accorgervi di quando siete violenti, perché se non state attenti metterete in atto la vostra violenza e non vi accorgerete neanche di esserlo stati, anzi magari vi sentirete dei santi per come vi siete comportati. Però se voi analizzaste attentamente i vostri comportamenti, vi rendereste conto che il fare o il non fare qualche cosa nei confronti degli altri, che provoca quindi un mutamento di comportamento o di opinioni degli altri, vi gratifica o meno, vi dà qualche cosa o meno. Ecco, lì è il punto che – secondo me – dovete osservare con attenzione: è quel «qualche cosa» che vi dà, che vi può dare la misura di qual è l’intenzione con cui avevate agito (tacendo o non tacendo per esempio, usando quindi il silenzio come una leva per far violenza sulla volontà dell’altro).
Tu operi violenza se il tuo silenzio è fatto per riuscire a sovrastare l’altro, per ottenere prestigio o potere sull’altro. È sempre lo stesso discorso, non cambia niente: non ti deve importare quali sono le motivazioni dell’altro, tu devi capire le tue. L’altro poi avrà i suoi motivi, i suoi perché di violenza, ma sono problemi suoi che tu puoi o non puoi comprendere e che, magari, ti sfuggiranno per tutta la vita, o anche per tutte le tue vite, fino a quando non raggiungerai un certo punto di comprensione; ma tu puoi, invece, senz’altro arrivare a comprendere le tue motivazioni, perché soltanto tu puoi arrivare a comprenderle.
Vi ricordo che è possibile usare anche la dolcezza e l’amore, ad esempio, per tenere incatenate le persone, per far sorgere i sensi di colpa negli altri. Non vi è nulla che non possa essere usato per fare della violenza, miei cari, qualsiasi cosa può essere usata, completamente. Persino l’insegnamento delle Guide può essere usato per far violenza: pensate alle volte in cui combattete con qualcuno che non vuole credere. Non state cercando di far violenza in quel momento?
Se voi riusciste a sopraffare l’altro e a fargli dire «sì è vero quello che dici» sarebbe una cosa sentita la sua o lo avreste costretto, in qualche modo, per porre fine a quel tormento, anche soltanto perché sul momento gli conveniva dire di sì, e comunque non era una cosa sentita, quindi diventava un’imposizione da parte vostra?
Dunque, abbiamo parlato delle violenze che dall’esterno vi arrivano addosso, e che molte volte voi, giustamente, vorreste evitare. Non vi abbiamo accennato a come difendersi da queste violenze, ma questo mi sembra che sia un qualcosa che viene da solo, conoscendo un pochino l’insegnamento… le violenze sono assimilabili ai condizionamenti, e per difendersi da esse l’unica strada possibile è quella di conoscere se stessi ed ovviare col proprio sentire: nel momento che voi conoscete voi stessi e ampliate il vostro sentire, queste cose che dall’esterno cercano di imporsi a voi e quindi farvi violenza, queste violenze che gli altri cercano volutamente o meno di farvi, hanno meno peso e quindi diventano indifferenti per voi. E, d’altra parte questo è anche lo stesso modo che vi consigliamo per evitare la sofferenza. La strada, gira che ti rigira, è sempre quella!
Poi abbiamo guardato le violenze che voi fate sugli altri, e qua non ci sarebbe molto da aggiungere perché mi sembra che sia stato abbastanza chiaro il discorso.
Vi è, ancora, un altro tipo di violenza: ci sono le violenze che fate voi stessi a voi stessi. Queste sono veramente violenze o no, sono giuste o no, dovete porvi un freno o no? E qua è difficile dare una risposta. Ma se davvero voi non voleste fare una certa cosa siete sicuri che non la fareste? Pensateci un attimo.
Quello che proprio non volete fare, quante volte accade che lo fate?Io sono convinta, perché sono stata viva prima di voi e lo sarò ancora dopo di voi – probabilmente, ahimè – (e quindi per esperienza acquisita), che quando si fa qualche cosa di sbagliato, o qualche cosa che va contro la volontà, il volere, il desiderio di quella che è la vostra mente, ricordatevi, in realtà la si fa perché, sotto sotto, poi la si voleva fare, o vi erano dei motivi per cui la si voleva fare. Se non vi è nessun motivo interiore che spinge a fare qualche cosa vi garantisco, miei cari, che quella cosa nessuno di voi la farebbe mai. Se non aveste intenzione di suicidarvi ingoiereste mai delle pastiglie di cianuro? Zifed

1  La fonte del desiderio, pag. 156 e segg.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima. Edizione privata.

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Umiltà e conoscenza di sé

d-30x30Umiltà. Dizionario del

L’umiltà – ci dicono le Guide – è uno dei requisiti essenziali per riuscire a procedere nella conoscenza di se stessi.
Essere umili non significa vivere passivamente ritenendosi al di sotto degli altri, bensì essere consapevoli che si ha sempre molto da imparare e che quello che si conosce veramente è solo una piccolissima parte di quella che è la Realtà.
Se si riesce a tenere sempre presente questo fatto, l’individuo mantiene intatta la sua obiettività e la sua elasticità verso i cambiamenti, accettando che tutto quello che oggi crede vero, domani, con l’allargarsi della sua coscienza, potrebbe acquisire nuove sfumature che ne modificano, anche totalmente, il significato. In questa maniera si bandisce da se stessi la presunzione di sapere e di essere al di sopra degli altri, risultato certamente non di poco conto.

Messaggio esemplificativo (1)

Spesso noi chiediamo a voi tutti di essere umili, ma è molto difficile per l’uomo, nella vita di tutti i giorni, essere veramente umile e allora, per spiegarvi ciò che noi intendiamo per umiltà, vi dico:
Siate come la terra, umili come la terra che si lascia continuamente calpestare dai piedi degli uomini eppure, continuamente, offre loro erbe, frutti, e tutto ciò che può loro offrire, senza rifiutarsi di dare quello che può dare solo perché viene umiliata dai piedi e dalle azioni dell’umanità intera. Moti

Ricavate l’umiltà dagli errori che sono stati vostri nel passato, cercate in voi l’universo che è nel vostro futuro e che – pur se non ne siete consapevoli – già vi appartiene.
Ma il passato è un ricordo e le ambizioni future sono solo sogni lontani… che fare, allora, uomo in bilico tra grandi sogni superbi e ricordi fuggenti?
Sii te stesso ora, lavora nell’ora, sia il presente la tua argilla, il tuo marmo, la materia con cui muterai i tuoi ricordi plasmando su di essi i tuoi sogni.
Ciò che sei stato non è più se non come traccia; ciò che sarai puoi solo sperarlo o immaginarlo ma senza una vera certezza, se non nella fede.
Ma ricorda sempre che è ciò che sei, che nasce dall’ieri e crea il domani, nel momento in cui lo vivi porta la tua essenza di uomo dagli angusti confini del tuo essere individuale, separato dall’Assoluto, allo sconfinato universo di cui sei invece parte integrante non ancora consapevole.
Qual è la via dell’umiltà, figlio che compi la tua ricerca? Labrys

Se un tuo fratello ride di te non ti offendere, ma guarda te stesso e il tuo modo d’essere: senza dubbio troverai un motivo valido per unirti alla sua risata.
Se un tuo fratello dimostra freddezza nei tuoi confronti non ti stupire di questo, ma cerca invece in te il motivo per cui susciti in lui indifferenza invece che amore.
Se un tuo fratello ti giudica stupido non risentirti: se ti osserverai attentamente troverai di certo qualche tuo atto che tu stesso definiresti stupido.
Se un tuo fratello ti ritiene ignorante non inalberarti, perché sai benissimo che per ogni cosa che conosci ve ne sono almeno altre mille di cui non sai assolutamente nulla.
Se un tuo fratello piange per te non deriderlo, non compatirlo, non soffrire assieme a lui, ma cerca invece di mutare in te quel qualcosa che gli permette di attribuire a te l’origine di lacrime che sono solamente sue.
Fa tutto questo sinceramente, fratello, riesci a fare tutto questo sentitamente, sorella, e non avrai più necessità di fare sforzi per essere umile, e avrai trovato, finalmente, la strada dell’umiltà. Viola

 1  Sussurri nel vento, pag. 68 e segg.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima. Edizione privata.

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Trasgressione e modelli di comportamento

d-30x30Trasgressione. Dizionario del

I modelli proposti dalla società attuale – ci è stato sottolineato – tendono a presentare, specialmente ai giovani, figure di confronto che fanno della trasgressione la loro principale caratteristica.
Il desiderio di libertà dei giovani, il loro voler crescere prima del tempo e svincolarsi dall’autorità degli adulti, la delusione nel giudicare la società che questi hanno creato per la loro vita li rende facilmente attratti e condizionati dalla trasgressione escatologica che manifestano buona parte dei personaggi che frequentano principalmente le televisioni e il mondo dello spettacolo.
Dal momento che ormai la trasgressione fa parte dei codici morali proposti dalla società, viene sottolineato dai Maestri, oggi come oggi la vera trasgressione è quella manifestata dalle persone umili, poco appariscenti, che vivono la loro vita accontentandosi di quello che hanno e aderendo alle semplici leggi morali del buon senso comune.

Messaggio esemplificativo (1)

Ho fatto della trasgressione il mio stile di vita. Ho creduto nella trasgressione fino al punto da dimenticare me stesso. Ho pensato e mi sono illuso che la trasgressione potesse lenire, se non guarire, le ferite che mi erano state inferte.
Ho trascorso tutta la vita all’insegna della trasgressione più per gli altri che per me stesso; e adesso, adesso che non mi sento più uno spirito costretto dai limiti di un corpo fisico, e mi rendo conto che avrei potuto veramente fare e dare molto di più, senza limitarmi a seguire la trasgressione, adesso non posso che rimpiangere quella piccolissima capacità di amare, perché so che sapevo amare, sapevo amare teneramente, e se avessi seguito questa piccola capacità, forse la mia sofferenza di oggi sarebbe inferiore; ma, forse, in quello che viene definito «Grande Disegno» è giusto che sia così, però vi prego, se sentite al vostro interno anche solo una piccola, piccolissima capacità di dare voi stessi agli altri, in qualche modo seguitela, seguite quella strada e non lasciatevi abbacinare, abbagliare dalla trasgressione, dalla diversità, dall’essere migliori. Grazie. Anonimo

1 L’Uno e i molti, vol. XII, pag. 232.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima. Edizione privata.

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Tolleranza e fermezza

d-30x30Tolleranza. Dizionario del

Sino a che punto bisogna essere tolleranti? Questa è la tipica domanda è un po’ difficile dare una risposta generica, perché bisognerebbe osservare caso per caso l’applicazione della tolleranza; in quanto esistono dei casi in cui è necessario essere sempre tolleranti perché, altrimenti, un comportamento di un altro tipo potrebbe provocare, che so io, una reazione sbagliata, per esempio, mentre ci sono altri casi in cui, proprio per il bene dell’altro, è necessario essere inflessibili; è il caso, ad esempio del comportamento da tenere in certe occasioni nei confronti dei figli.
Certamente, senza dubbio, la tolleranza può essere osservata da due punti di vista differenti: la tolleranza che uno ha interiormente e come manifesta questa tolleranza.
Dal punto di vista spirituale l’individuo che ha una certa comprensione, che ha compreso certe cose, è portato ad essere tollerante verso gli altri, verso quelli che non hanno compreso, perché capisce che questi altri non hanno ancora raggiunto certe comprensioni e, quindi, sono soggetti a commettere errori proprio per mancanza di comprensione. Quindi, l’individuo che ha raggiunto la comprensione dovrebbe riuscire ad essere sempre tollerante con chi non ha raggiunto la stessa comprensione.
Il problema si complica, invece, nel passo successivo, ovvero se questa tolleranza va manifestata o no.
Le guide ci suggeriscono che l’individuo dovrebbe essere sempre tollerante dentro di sé, dovrebbe però anche essere in grado di comprendere quand’è il momento di mettere in atto questa tolleranza e quando è il momento, invece, di far vedere agli altri che non è possibile tollerare certi comportamenti; e di mostrare con l’esempio, con la reazione, con le azioni, e via dicendo, che l’altro individuo sta sbagliando e quindi è giusto che si soffermi un attimo ad osservare quanto sta facendo, per comprendere dov’è l’errore che sta facendo.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima. Edizione privata

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