Il piano astrale e il corpo astrale, o corpo delle emozioni

Fino a questo punto si tratta soltanto di una meccanica percettiva degli stimoli da parte dei corpi interessati.
La stessa cosa avviene nel passaggio dal corpo astrale al corpo mentale.
A questo punto incomincia la seconda fase: il corpo mentale, che ha ricoperto la vibrazione ricevuta e ha reagito elaborandone le connessione con l’esperienza, e, contemporaneamente, ricevendo impulsi all’azione da parte del corpo della coscienza, fa proseguire il ciclo alla vibrazione, rimandandola al corpo astrale che la riceve, però, diversa da prima, in quanto modificata dall’ingerenza del corpo mentale e dall’influenza del corpo della coscienza.
La rimanda, allora verso il corpo fisico che la traduce in azione e reazione all’interno del piano fisico.
A questo punto avviene l’espressione emotiva dell’individuo, ma non è più una semplice reazione emotiva ma è, invece, la reazione complessa e strutturata dell’intero Io della persona con tutte le sue componenti in azione.
Spero che vi siate resi conto che esaminare le emozioni è una cosa molto più complessa di quello che si poteva immaginare e se ne ricava la giusta sensazione che una reazione emotiva non è mai singola e lineare, ma complessa e variegata.
Certamente avrete notato che ho sottolineato a più riprese il fatto che il vero osservatore è il corpo della coscienza.
Se state attenti a questo concetto vi renderete conto che quando noi vi diciamo che dovete essere osservatori di voi stessi è proprio in questa direzione che vi stimoliamo a muovervi.
La vostra più immediata obiezione a questo punto sarà sicuramente che voi non potete fare altro che osservare voi stessi con il vostro Io.
E’ certamente così, tant’è vero che quando vi osservate difficilmente vi osservate e basta ma, nella quasi totalità delle volte, ragionate su quello che osservate di voi stessi e date connotazioni di “giusto” o “sbagliato” e questo, ovviamente, indica già di per se stesso che è il vostro Io che sta osservando se stesso, con tutti i limiti e le distorsioni che questo comporta.
Ma, allora, cosa potete fare per migliorare la vostra osservazione di voi stessi, visto che la vostra attenzione è, comunque, sviata dall’ingerenza del vostro Io?
E, come direbbe il vostro Io, chi ve lo fa fare anche solo a porvi questo problema?
Indubbiamente il vostro corpo della coscienza arriverebbe comunque alla comprensione, anche se voi non faceste niente: la Realtà è strutturata in maniera tale che non è possibile che nel corso di una vita, anche la più breve e la più apparentemente priva di significati, il corpo akasico non arrivi ad aggiungere qualche tassello alla sua comprensione.
Quello che potete veramente fare è cercare di creare dentro di voi un canale vibratorio attraverso il quale i dati di ritorno dell’esperienza possano muoversi verso la coscienza il più velocemente e il meno inquinati possibile, cercando di fare dentro di voi quel silenzio interiore che molti maestri del passato hanno cercato di far comprendere, e che non è il silenzio di chi è fermo e non agisce ma di chi lascia fluire dentro di sé le vibrazioni che lo attraversano.
E’ una condizione non facile da raggiungere (l’Io difficilmente riesce a convincersi che per non soffrire non deve lottare ma deve accettare) eppure è raggiungibile e certamente nella vostra vita ci sono stati momenti in cui, magari inconsapevolmente, l’avete raggiunta.
Un altro problema che si pone, questa volta non a livello filosofico ma, principalmente a livello etico, è il seguente: fino a che punto è lecito manifestare sul piano fisico le proprie reazioni emotive, visto che molto spesso sono fatte di aggressività e di intrinseca violenza?
E’ un problema di non facile soluzione, perché se da un lato, secondo l’insegnamento, sarebbe meglio, ai fini della comprensione della coscienza, manifestare senza freni tutto ciò che si prova, dall’altro resta il fatto che la convivenza accanto ad altre persone, il vivere sociale, le leggi del paese in cui si vive e, non ultimi, il buon senso e i dettami della parte compresa dalla coscienza, le impediscono che ciò possa essere messo in atto.
Al vostro Io non posso che dire:
Se non vuoi soffrire, se non vuoi avere ripercussioni sociali e legali che sminuirebbero la considerazione di te stesso, se vuoi tenerti stretti i rapporti con chi ti è accanto, non puoi far altro che mediare l’espressione delle tue emozioni per renderle il più accettabili possibile dall’ambiente in cui sei inserito, lasciandole uscire in maniera più aperta e manifesta con chi sai che può capire senza condannare ma, anzi, può aiutarti a cercare la mancata comprensione che sta alla radice della tua reazione.
Solo in questa maniera otterrai il giusto equilibrio tra ciò che vivi e ciò che, intimamente sei, tra i tuoi bisogni e i bisogni degli altri, tra il tuo desiderio di essere importante e l’accettazione di ciò che veramente sei.
Non fare però l’errore di convincere te stesso che il tuo modo di manifestarti sia veramente ciò che sei: quasi sempre non è così…
Cerca, quindi, qualunque sia la tua manifestazione, di essere sincero con te stesso, di comprendere quello che avresti veramente voluto fare anche se la realtà della vita non ti ha permesso di farlo, senza illuderti di essere buono, altruista, evoluto anche quando ti dimostri tale non per sentire acquisito ma per convenienza del tuo Io.
Solo in questa maniera esprimerai te stesso nel modo migliore e più utile per la tua crescita senza, nel contempo, essere di danno agli altri.” Rodolfo

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