Mi sono preso cura di te?

Mi sono preso cura di te. Era necessario? Non credo, non a te. Cosa vuol dire? Una cosa molto semplice: quella che vedo non è la tua realtà, ma come essa appare nel film della mia vita e, il come mi appare, non è il come è, ma il come mi serve.
Mi serviva prendermi cura di te, applicarmi nell’avere dedizione, disponibilità, capacità di accudimento.
Mi serviva quella rappresentazione e imparare da essa. Al discepolo serve la rappresentazione da discepolo, al maestro quella di maestro.
Al genitore quella di genitore; al figlio quella di figlio. Al maschile quella di maschile; al femminile quella di femminile.

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Le stagioni dell’umano

Mille stagioni dell’umano legate al divenire, al fare, all’esserci. Altrettante stagioni in cui si insinua il tarlo del superamento del divenire, l’affacciarsi progressivo dell’esperienza dell’essere.
Quando la realtà non è più colta nel suo divenire, cosa diviene?
Quello che è, adesso. Non quello che è stato, né quello che sarà.
Senza via di scampo la realtà è quel piccolo accadere senza aggiunte, senza coloriture.
Solo fatti che accadono.

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La fine del divenire

Una spinta lunga una vita si è esaurita e quel suo essere espressione di forze creative e formative ha trovato il suo sbocco naturale nello stare, nell’essere.
La spinta ad amare è divenuta amore minuto e feriale.
La spinta a donare si è fatta comprensione che più della vita ordinaria consapevole e unitaria non si può mettere a disposizione.
Non è mai stata nostra la pretesa di essere particolarmente utili al prossimo, ma abbiamo vissuto sotto la pressione del dono.
Cos’è? Non la volontà di donare, la consapevolezza che attraverso di noi poteva accadere, e accadeva, qualcosa che sarebbe stato funzionale al cammino interiore di qualcuno. La spinta a mettere a disposizione.

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Il silenzio di sé e del mondo

Ho cenato nella casa vuota e silenziosa con le olive, un po’ di formaggio e un po’ di vino e di pane.
La casa vuota è come il mondo vuoto e questo essere senza nome e vuoto.
Quando la realtà del mondo, degli affetti, delle relazioni non è percepita, non esiste. Se la mente non la richiama, non la genera e la tiene attiva, quella realtà non esiste.
Questa sera la realtà era fatta di piccole e poche cose, quelle che ho detto: il resto non esisteva, non c’era alcun resto.

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