Samadhi e unione: tutto è relativo e tutti imparano

Si legge che maestri o yogi sperimentano nel cosiddetto “samadhi” lo stato di coscienza cosmica: è vero? e come accade?
I vari livelli di sentire che si raggiungono solo quando si ha l’evoluzione necessaria – e che possono saltuariamente essere sperimentati mediante una disciplina che ponga la mente in stato di quiete e lo stesso corpo astrale in stato di equilibrio – sono così belli a sentirsi, a sperimentarsi, danno una tale benedizione che sono scambiati dal soggetto che li sperimenta per lo stato massimo di coscienza cosmica, mentre così non è.

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Lasciare che ognuno impari dalla propria condizione

Il Papa ha dato voce a quell’interrogativo sul silenzio di Dio che aveva tenuto nel cuore durante la visita di questa mattina ad Auschwitz-Birkenau. “Dov’è Dio? Dov’è Dio se nel mondo c’è il male, se ci sono uomini affamati, assetati, senzatetto, profughi, rifugiati? Dov’è Dio, quando persone innocenti muoiono a causa della violenza, del terrorismo, delle guerre? Dov’è Dio, quando malattie spietate rompono legami di vita e di affetto? O quando i bambini vengono sfruttati, umiliati, e anch’essi soffrono a causa di gravi patologie? Dov’è Dio, di fronte all’inquietudine dei dubbiosi e degli afflitti dell’anima?”, ha detto papa Bergoglio dopo aver letto il versetto del Vangelo di Matteo in cui Gesù dice: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.

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Il mito di “ciò che già siamo” e del ritorno all’origine

Pare che l’umano disponga di una natura originaria, di una condizione che gli appartiene ma che non conosce perché immerso nell’illusione e nell’ignoranza.
Vivere sarebbe liberare quella natura dal condizionamento e portarla a manifestazione: l’illuminazione sarebbe l’affermazione dello stato originario, non contaminato e non condizionato.
Come sempre, possiamo guardare alla questione dal punto di vista del divenire e da quello dell’essere, qui mi occuperò del primo.
Nell’ottica del divenire esiste un essere umano portatore di un nome, di una identità: quella identità non è un corpo, ma è la risultante della relazione tra i corpi costitutivi dell’umano, il corpo della coscienza e i suoi tre veicoli transitori (mentale, astrale, fisico).

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Sacro è ogni accadere

Quando questa consapevolezza ci pervade, il nostro peregrinare umano è terminato.
L’esperienza della sacralità è l’evidenza dell’unità che si fa sensazione, emozione, cognizione, sentire simultanei.
Una e indivisibile è la Realtà e mai due è divenuta.
Non c’è esperienza possibile della sacralità nell’identificazione con i fatti del divenire: l’Essere è la casa del sacro e lì anche la polvere sui mobili testimonia l’unità di ciò che è.

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