matite

La formazione dei bambini alla consapevolezza, alla collaborazione, al rispetto, al silenzio

Inizia oggi il Laboratorio della creatività consapevole per bambini; inizia anche un cammino lungo di conoscenza, di collaborazione e di relazione tra le educatrici e i genitori dei bambini presenti.
Abbiamo lavorato con dedizione perché si giungesse a questo avvio: per noi è importante che i bambini possano entrare in contatto con un ambiente che funziona secondo logiche molto diverse da quelle che caratterizzano il mondo nel quale cresceranno:
– la conoscenza e la consapevolezza di sé;
– il rispetto dei bisogni dell’altro;
– il rispetto per ogni aspetto dell’ambiente nel quale sono inseriti;
– lo sviluppo della capacità di fare le cose assieme collaborando, condividendo;
– l’acquisizione di una sana relazione con il proprio corpo e le sensazioni che da questo sorgono;
– lo sviluppo di un pensare ordinato e di una sfera emozionale ampia, consapevole, conosciuta;
– l’acquisizione di una capacità di fare, di trasformare l’intuizione in pensiero e questo in azione;
– l’esperienza dell’equilibrio interiore, della discrezione, del silenzio, delle basi dell’atteggiamento meditativo e contemplativo.
Sappiamo che ciò che sperimenteranno qui, nel tempo, si iscriverà in modo indelebile nel loro interiore e, in virtù anche di quanto qui avranno sperimentato, potranno transitare nelle loro vite con maggiore consapevolezza, con un un minore tasso di dolore e, forse, potranno dare il loro contributo affinché il cammino di tutte le persone sia più armonioso, meno conflittuale, più attento alle esigenze comuni e dell’ambiente che le ospita.
Immagine da: http://openphoto.net/gallery/image/view/24563


Raimon Panikkar, l’acqua della goccia, la creazione illusoria della realtà

Raimon usa la metafora antica della goccia d’acqua e la illumina con il suo bel sorriso che, da solo, racconta molte cose.
Scrivo questo post per porre domande, più che altro.
Se ciò che è rilevante è l’acqua, ovvero la radice comune a ciò che chiamiamo esistente, questo come si forma, come assume la realtà forma, consistenza, moto?
Perché Panikkar, e con lui tutti i ricercatori dell’interiore di tutti i tempi, afferma che lo scomparire è niente anche se a noi sembra tanto, così importante sia la goccia che il suo dissolversi?
Perché il processo da goccia ad acqua è ineluttabile?
Le risposte a queste domande non sono poi così difficili: esistono fonti autorevoli che dalla dimensione della coscienza parlano di questo argomentando secondo logiche coerenti, non facendo ricorso agli argomenti della mistica, ma giungendo alle stesse conclusioni di questa.
Ma, dal punto di vista di chi scrive, la questione non è questa:
posso io, persona immersa nel reale, sperimentarne la natura?
La risposta è si, anche senza la conoscenza che deriva dal sapere, attraverso la conoscenza che sorge dallo sperimentare.
E’ sperimentabile la natura della goccia e, guardando nella sua profondità, è sperimentabile la natura dell’acqua: sperimentate entrambe, si configura nell’interiore la chiarezza dell’inconsistenza della goccia.
Successivamente può essere utile una qualche strutturazione cognitiva dello sperimentato.
Questa esperienza della goccia e dell’acqua, è esperienza per pochi?
No è esperienza di tutti, approfondita in grado differente da ciascuno.

Immagine di Marcus Reygels, da: http://goo.gl/fy5Ee4


 

Esserci con dedizione, privi di scopo: la vita guidata dal sentire, non dalla mente e dall’egoità

“Sento forte l’esigenza di scomparire, mi metto però a disposizione, dove ritenete più concreto il mio supporto, io ci sono.”
Questo afferma un amico, membro della Comunità del Sentiero. E’ una disposizione che riguarda diversi di noi, è quello che perseguiamo, l’orizzonte esistenziale del nostro cammino: esserci, darci, osare, non stancarci, accettare la sfida della trasformazione continua e, simultaneamente, essere vuoti di scopo, non avere nulla da raggiungere, nulla da dimostrare.
Tutto inizia e tutto finisce in quella situazione, in quell’atto, in quel gesto; conciliando le esigenze personali, quelle della famiglia, quelle del lavoro con la vita della comunità, a nessuno è chiesto qualcosa in modo diretto: tutti offrono, possono offrire sulla base di una spinta che sorge nel loro intimo e ad essa obbedire.
Ad essa, a quella spinta che sorge dal sentire, si obbedisce, non a qualcuno nella comunità, nella società: l’azione senza scopo vale per tutte le situazioni, certamente non solo nella piccola realtà di una comunità.
Quell’obbedire, quello scomparire dicendo sì, avviene senza discernimento? Si obbedisce alla propria vita, non a qualcuno; si dice sì al proprio sentire, non ad un capo; si va, si risale all’origine stessa della spinta che ci conduce ad operare e a vivere. Certo, si può fraintendere quale sia il proprio sentire: si imparerà da questi fraintendimenti e si aggiusterà il procedere di conseguenza.
Questo osservare la spinta e le sue conseguenze, è il discernimento che si opera:
– si ascolta il sentire;
– si aderisce all’impulso ricevuto;
– si sperimenta;
– si osserva il processo che dall’intenzione ha condotto all’azione e ai risultati di questa;
– si operano le correzioni necessarie;
– si impara dagli errori, dai limiti.
Se quella spinta non è condizionata da sfumature egoiche, gli impegni presi non costano, sono magari faticosi ma di quella fatica che apre vie, non le seppellisce sotto il logoramento e la frustrazione.
Il movimento dello scomparire è dato dal soggetto che inizia a interpretarsi come irrilevante, non importante, non necessario: dalla sua inutilità sorge l’aprirsi dell’orizzonte esistenziale che, allora, è occupato solo dall’essere.
La scomparsa di sé apre l’immenso spazio dell’esistere: non dell’io esito, ma del ciò che è.

Immagine da: http://goo.gl/Wch7vL