Biò e Favorì, storie di un altro tempo che parlano all’interiore di oggi, un libro di Catia Belacchi

“Cosa ne sapeva la piccola Lisa, diventata adulta, della competenza e della cura che occorrevano per far crescere il grano che a lei bambina tanto piaceva mietere? Cosa ne sapeva delle lenzuola che vedeva stese, tutte tessute al telaio dalle donne di allora? O della canapa che veniva coltivata presso tutte le famiglie contadine? E dei pastori che ogni anno, durante la transumanza, vedeva immancabilmente passare per andare al mare o tornare verso l’Appennino?
Quel mondo era ormai scomparso e Lisa lo aveva solo sfiorato, non veramente conosciuto; non solo, stavano per scomparire ormai, anche gli ultimi protagonisti di quel mondo.
Ho deciso allora di raccontare quelle storie raccogliendo le ultime testimonianze da chi poteva ancora fornirle. Spero di aver colto lo spirito che sta dietro ogni esperienza e di aver saputo trasmettere gli insegnamenti che da questi racconti emergono.
Voglio credere, inoltre, che quel mondo che ha formato la mia generazione, in qualche modo, con questo libro, continui a vivere e sia d’aiuto alle generazioni future perché senza storia personale, senza storia di popolo ci troveremmo ad essere individui insicuri come lo è un bambino che non ha creato un legame affettivo solido coi genitori. Solo essendo saldi in noi, e in questo la memoria ci aiuta perché ci costituisce nell’immagine interiore, solo riuscendo ad essere in contatto col senso del nostro esistere non saremo spaventati dai cambiamenti personali e sociali e non coglieremo l’altro come minaccia ma come opportunità, come colui o colei che, per il solo fatto di presentarsi nella mia vita, mi induce a conoscermi e a trasformarmi.
Questo libro guarda dunque al nostro passato prossimo non però in modo nostalgico ma riconoscendo in esso la radice creativa dell’oggi.”
Dall’introduzione di Catia Belacchi al libro: Biò e Favorì, scene di vita nella prima metà del novecento tra le valli del Metauro e del Cesano.
Quaderni del Consiglio regionale delle Marche.

La natura dell’identità

La coscienza manifesta in una vita non tutto lo spettro del suo sentire (l’insieme delle comprensioni derivate dalle esperienze delle varie vite-rappresentazioni) ma solo quella parte/porzione di sentire che deve essere completata, ovvero quelle comprensioni che non sono giunte a maturità o sono assenti.
In una vita ciascuno di noi manifesta prioritariamente il non compreso : lo scopo del vivere infatti è il conseguimento di comprensioni, non la manifestazione di esse.
Questa è la ragione per cui appariamo così limitati e ottusi: ciò con cui ci confrontiamo non ci è chiaro, non lo conosciamo, la coscienza si confronta con qualcosa che non sa, su cui non possiede dati.
Ogni coscienza/individualità è generalmente più ampia di quanto in una vita appaia, questa è la ragione per cui mai bisognerebbe giudicare, non sapendo in effetti chi è  quella persona che abbiamo davanti, quale il sentire che la caratterizza.
La coscienza realizza le scene del proprio apprendimento attraverso i suoi veicoli transitori: la mente, l’emozione, il corpo fisico.
I tre veicoli generano l’immagine di sé, l’identità, l’io: sono i tre veicoli, sulla base delle loro caratteristiche – ad esempio la memoria, i sensi, la capacità riflessiva – che generano l’immagine di sé, non è la coscienza che genera l’identità, questa non è un corpo, un veicolo, ma la risultante della relazione tra mente-emozione-corpo-coscienza.
L’identità è una sorta di derivato, di risultante, di prodotto del rapporto tra coscienza e veicoli.
La coscienza è la regista, i veicoli l’attore; siccome i veicoli danno luogo all’identità, noi diciamo che l’identità è l’attore.
Bisogna considerare che se i veicoli non sono stimolati e condotti dalla coscienza, l’identità non sorge o sorge in maniera residuale; si può dire quindi che l’identità rappresenta, nel tempo e nello spazio, nell’incarnazione, l’aspetto visibile di alcuni processi di comprensione con cui la coscienza si sta misurando.
La personalità rappresenta e manifesta invece uno spettro più ampio del sentire e dei processi esistenziali di una vita.
L’identità è anche la rappresentazione di come la persona si comprende, dell’immagine che ha di sé, di come interpreta il proprio cammino esistenziale, di come desidera essere.
Ciò che viene vissuto dall’identità svela ciò su cui la coscienza sta lavorando, ciò che non ha compreso, o ha compreso parzialmente. I nostri conflitti, le paure, le resistenze, gli abbandoni, le fughe, i fideismi tutto parla dei processi della coscienza.
Alcune dinamiche dell’identità parlano soltanto dei fantasmi che la popolano ma, anche in questo caso, la presenza di fantasmi denuncia un processo di comprensione non compiuto.
Quando in un determinato ambito la coscienza ha compreso, la mente/identità non genera fantasmi essendo il segnale forte e chiaro.
Guardando una persona possiamo vedere sia il messaggio – la lettura/interpretazione di sé che essa proietta – sia aspetti del sentire che sono soggetti a verifica ed approfondimento, sia elementi del sentire compiuti.
Se entriamo dentro questa visione complessa di noi e di tutti i viventi, forse ci rimarrà più difficile identificarci con le dinamiche identitarie nostre e del nostro prossimo; forse, di fronte a qualunque manifestazione saremo indotti a portare lo sguardo più a fondo, sui processi esistenziali, sulla relazione coscienza-veicoli: forse ci ricorderemo che l’identità è solo un prodotto dei processi, non una realtà.

Immagine tratta da: http://goo.gl/I3toCG


Crescere i figli senza farne dei “viziati”

Prendo spunto da questo bel post di un’amica comparso su Comunità del Sentiero contemplativo.
Voglio qui affermare poche, semplici tesi senza la pretesa di esaurire il tema.
– Un figlio quando nasce ha già un percorso esistenziale, uno scopo esistenziale prefigurato: la coscienza lo porta nella famiglia e nell’ambiente sociale in cui potrà affrontare ciò che esistenzialmente è per lui rilevante, disponendolo a quelle sfide, a quelle scene, a quelle opportunità che ne trasformeranno e amplieranno il sentire. Non voglio dire che un figlio ha il proprio destino segnato, è un’espressione che non userei mai, ma che gli ambiti esistenziali generali di quella vita sono, nelle loro linee di fondo, dati già prima della nascita, al concepimento: non si concepisce un ammasso di cellule organizzate, ma un percorso, un processo esistenziale.
E’ importante che i genitori comprendano che un figlio non è loro, che è un essere che tutti i giorni e tutti gli anni dispiegherà la ragione del proprio esserci e si confronterà con ciò che è necessario ai suoi processi interiori.
Qualsiasi siano gli “errori” e le inadeguatezze dei genitori, ciascuna di queste sarà un’occasione di conoscenza e di trasformazione per loro e per le creature che hanno generato: in quest’ottica non esistono errori, ma solo opportunità.
– I genitori creano un ambiente ed un’atmosfera familiari attraverso le loro disposizioni interiori, le loro scelte, le loro preferenze, le cose dette e quelle non dette, le esperienze proposte e quelle negate.
I genitori nutrono i figli di ciò che essi sono ed hanno compreso: è il loro compreso che genera l’ambiente e l’atmosfera familiare.
La famiglia è un ecosistema e il suo equilibrio è la risultante dei vari sentire e dei molteplici conflitti tra le identità e interni ad esse.
Quanta consapevolezza dei processi interiori c’è nella famiglia?
Quanta capacità di affrontarli, osservarli, risolverli senza rimuoverli?
Quanta attenzione reciproca tra i suoi membri?
Quanto rispetto, dedizione, accudimento reciproci?
Quanta capacità di tacere, osservare, discernere è testimoniata dai genitori?
Quanta volontà sana e non nevrotica pervade l’organismo familiare?
Quanta capacità di altruismo e accoglienza ne illumina le scelte e gli indirizzi nel vivere quotidiano?
Non è mio interesse definire che cosa sia un figlio “viziato” ma direi che è qualcuno cresciuto in un ambiente in cui alcune delle voci soprannominate erano carenti o distorte.
Concludo ribadendo che qualsiasi “errore”i genitori compiano questo creerà l’humus per la crescita dei loro figli e alla lunga, in una ottica esistenziale, rappresenterà per loro una possibilità anche quando apparentemente gli ha ostacolati: la sfida vera dei genitori è quella di esprimere vite, le loro, portatrici di senso, di creatività, di pienezza, di consapevolezza, di generosità.
I figli seguiranno.

Immagine tratta da: http://www.ilpontemict.it/tag/famiglia/


I nostri insegnanti: l’egoismo, l’ignoranza, la paura

Ad ogni angolo c’è qualcuno che insegna qualcosa, o pensa di farlo, o gli attribuiamo quel gesto.
Ci sono insegnanti interiori che non riconosciamo nella loro funzione; ad esempio, consideriamo il nostro egoismo come un limite ma non come un insegnante, una possibilità di apprendimento che ci viene offerta.
Non voglio discutere qui dell’egoismo, dell’ignoranza o della paura ma della loro funzione pedagogica.
Se non c’è consapevolezza della natura egoistica del nostro vivere, questa produrrà scene su scene condizionate dal suo essere: le scene costituiranno un processo e questo determinerà una trasformazione del nostro essere egoisti, magari passando per situazioni in cui sperimenteremo l’egoismo degli altri su di noi.
Se c’è consapevolezza, avremo la possibilità di vederci, di interrogarci, di collaborare con le situazioni della vita in cui il nostro egoismo viene posto in risalto.
In entrambi i casi vivremo una trasformazione e il nostro egoismo ci avrà insegnato qualcosa: praticandolo avremo imparato a superarlo.
Qual’è la differenza tra il vivere dei processi consapevolmente e inconsapevolmente?
Il tasso di dolore dei due processi: la consapevolezza molto spesso ci permette di limitare la sofferenza che proviamo mentre stiamo apprendendo qualcosa.
Vivere ciò che siamo, consapevolmente o inconsapevolmente, ci conduce comunque oltre noi stessi.
Questo accade senza fine e certamente oltre il tempo di quella che chiamiamo “la nostra vita attuale”.
Se osservate bene, questa è la radice della compassione: se tutto e tutti sono in trasformazione, come è possibile un giudizio sui processi e sui passi di questa?

Immagine tratta da: http://goo.gl/cDyRmX