L’oggetto del proprio amore non può che morire

Mi è capitato, una mattina, di ascoltare in un paio d’ore il nome di Gesù decine di volte. La persona che pronunciava quel nome di certo ama, secondo il proprio sentire, quella dimensione di coscienza e d’esistenza che chiama Gesù; su questo non ho dubbi.
Nel confronto con la mia esperienza mi sorge qualche perplessità: nel tempo ho visto morire l’amore pronunciato, dichiarato, affermato.

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L’identificazione

L’identificazione con il pensiero, l’emozione, il corpo, ci impedisce di vivere centrati sulla nostra essenza: siamo sentire, innanzitutto e prioritariamente, che si manifesta nel tempo e nello spazio come pensiero, emozione, azione.
Siamo questo, anzi, più correttamente bisognerebbe dire che è questo

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Cosa importa dove finisco io e cominci tu

Credo che, tentando di andare in profondità in una qualsiasi direzione si viene riportati sempre li:
la foglia mi parla del ramo, del tronco, della radice, della terra, dell’acqua ma anche del vento che la porterà  lontana per poi tornare alla terra e alla radice.
Dove finisco io e cominci tu?

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La spinta che ci induce alla relazione

Sempre mi riempie di stupore l’uomo che si mostra, che porta se stesso e si offre all’altro.
Nel gesto di porsi in relazione portando un pensiero, un punto di vista, un affetto, prende corpo un principio fondamentale per ciascuno di noi: senza l’altro, senza l’offrirci, senza l’accogliere, la nostra vita non assume né forma, né sostanza.

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L’amicizia, l’amore

Anna scrive: “Riflettevo sul concetto di amicizia: da una parte il tuo non averne bisogno, dall’altra il chiamare ciascuno di noi da subito amico.”
L’amicizia, come l’affetto e l’innamoramento, prefigurano l’esperienza dell’amore. Sono ciò che l’uomo vive nel quotidiano della relazione con l’altro da sé e che lo prepara, lo forgia, ad un’esperienza di ben altra natura.

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L’incomunicabile, la parola che sorge dal silenzio

Scrivere, parlare, vivere è portare a rappresentazione il proprio sentire, quel che si è compreso e quel che è ancora da comprendere.
Ogni volta che prendo un foglio per annotarmi delle idee mi rendo conto che inizia un processo di svelamento attraverso il mezzo delle parole, le quali, mentre si articolano, mostrano il loro limite ma anche la loro grande potenzialità.

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Perdere senza fine

Che cosa rimane?
Il quotidiano con i suoi piccoli fatti.
Non l’interesse per i pensieri, le emozioni, gli affetti, le azioni: guardando attentamente, l’interesse per ognuno di questi aspetti scompare.

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La fine della ricerca non è la fine dell’imparare

Disteso sul prato guardo il cielo tra i rami pieni di germogli di un’acacia. Giorni fa, parlavo con una persona che mi raccontava della sua formazione e di come, ad un certo punto, fossero in lei morte le domande.
Ho parlato anch’io, più volte, della fine di quella spinta interiore che ci porta a cercare e a porre domande, a sé e agli altri.

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