Contemplare il paradigma: ogni fase è un sentire 8

Vorrei spingere la vostra attenzione al «sentire» dell’Uno-Assoluto perché, meditando sull’Eterno Presente, è facile cadere nell’errore di questo «tutto esistere in un attimo», «in cui tutto v’è», e dimenticare il «sentire».


Fonte: Ogni fase è un sentire, dal libro: Cerchio Firenze 77, Oltre l’illusione, ed. Mediterranee.

Libri del Cerchio Firenze 77 con l’insegnamento fondamentale:
Dai mondi invisibili
Oltre l’illusione
Per un mondo migliore
Le grandi verità
Oltre il silenzio
La Fonte preziosa
– Insegnamento filosofico del Cerchio Firenze 77, indice generale dei temi e dei post della categoria “Contemplare il paradigma” di questo sito. Contemplazioni di uma.
– Libri del Cerchio Firenze 77: indice dei commenti di E.Ruggini su YouTube con indicazione dei temi e riassunto vocale di alcuni minuti del contenuto di ciascun commento.
File vocali originali del CF77 dal 1965 al 1984

Dimenticare che ciascuna mutazione è un «sentire», dimenticare che il virtuale frazionamento è un «sentire», che ogni fase della vita dell’individualità è un «sentire». E perfino che le varie fasi del Cosmo sono fasi che vanno dalla sensibilità alla coscienza, al «sentire» vero e proprio.

Quindi, figli, non dimenticate che in questo Eterno Presente, in questo Suo stato di esistere, c’è il «sentire» dell’Uno-Asso­luto. Non costringete questa visione dell’Eterno Presente in uno schema in fondo panteistico o meccanicistico, o freddo; quasi come una fotografia di tutto quanto è, ma pensate che se tutto quanto è esiste nello stesso attimo eterno, ciò non vuol dire che sia un esistere privo di sentimento; anzi è soprattutto ed essenzialmente un «sentire».
Meditate su quello che vi viene detto. DALI

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Catia Belacchi

Stampato

Lorena

“Nella contemplazione accade l’osservare, l’ascoltare, lo stare: l’insieme dei sensi dei vari corpi è concavo e vigile, l’intero sistema è “sospeso” nello stare, tutto l’essere è focalizzato sul sentire, sente il sentire dell’attimo senza tempo.”

Grazie !

Natascia

“Chi si affaccia alla vita contemplativa non teme la disciplina che sorge implicita e naturale, semmai ha un tremore di fronte all’impossibilità di qualsiasi fuga perché l’essere suo si palesa costantemente e senza pietà.
La pietà la deve trovare in sé, è figlia della compassione e dell’amore che naturalmente gli si offre all’esperienza.”

Questo passaggio mi pare esemplificativo dell’attitudine del monaco.
Non sono le regole esterne, imposte da altri, che guidano la condotta, ma sorge dall’intimo quella disciplina che comporta sempre più maggior rispetto per tutto ciò che è prossimo, perché sentito non distinto, lontano da te.

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