[…] La materia nella sua struttura subatomica è composta da elettroni, particelle, corpuscoli che girano attorno a nuclei: pensate che per l’attimo in cui, ad esempio, un elettrone gira attorno al nucleo centrale, esistono tanti fotogrammi quante sono le variazioni della sua posizione rispetto al nucleo.
Fonte: Visione soggettiva del Cosmo, dal libro: Cerchio Firenze 77, Oltre l’illusione, ed. Mediterranee.
Ciclo “Contemplare il paradigma“. Nei brani dei testi che sono sottoposti ad analisi, il grassetto di termini e frasi riguarda parole chiave e concetti cardine da sottoporre alla contemplazione secondo il sentire del curatore; ogni lettore, chiaramente, può sentire in modo differente.
Il commento di uma non vuole spiegare il testo di Kempis e del Cerchio Firenze 77, sono semplici contemplazioni sviluppate a partire da un impulso presente nel testo.
Libri del Cerchio Firenze 77 con l’insegnamento fondamentale:
– Dai mondi invisibili
– Oltre l’illusione
– Per un mondo migliore
– Le grandi verità
– Oltre il silenzio
– La Fonte preziosa
– Insegnamento filosofico del Cerchio Firenze 77, indice generale dei temi e dei post della categoria “Contemplare il paradigma” di questo sito. Contemplazioni di uma.
– Libri del Cerchio Firenze 77: indice dei commenti di E.Ruggini su YouTube con indicazione dei temi e riassunto vocale di alcuni minuti del contenuto di ciascun commento.
– File vocali originali del CF77 dal 1965 al 1984
Sicché quando noi parliamo di «situazioni cosmiche» non intendiamo solo di quelle morali, di quelle psichiche, di quelle che l’individuo può percepire, ma di quelle che rispecchiano anche le mutazioni della materia del piano fisico. Insomma un fotogramma per ogni differente dislocazione degli elementi contenuti in esso.
Com’è – vi domanderete voi – che questi innumerevoli fotogrammi – oserei dire infiniti se il Cosmo fosse infinito, ma non lo è: è «immenso» e quindi «innumerevoli» – possono rappresentare una base comune che pur originando sensazioni soggettive è percepita in modo analogo da più osservatori? Mi spiego.
Due osservatori, assistendo a un tramonto, possono nella descrizione rifarsi a impressioni soggettive, ma entrambi parleranno del tramonto. Il tramonto sarà il comun denominatore della
situazione osservata. Questo vale per tutti i piani di esistenza. Se parliamo del Cosmo fisico, ad esempio, l’elemento comune a tutti i fotogrammi è il piano fisico, quale voi con i vostri sensi lo percepite. Fra l’uno e l’altro di voi potrà esservi una diversa interpretazione degli oggetti che sono nei fotogrammi che scorrono di fronte alla vostra attenzione, ma questi oggetti sono comuni perché il Cosmo è unitario. Che cosa significa?
Significa che un Cosmo contiene innumerevoli fotogrammi, ma che in ultima analisi questi fotogrammi costituiscono un tutto; cioè che gli individui i quali a questi fotogrammi si legano, non hanno una visione del tutto soggettiva, indipendente e onirica, ma che questa visione si fonda su una base comune che dà il senso di un Cosmo, di un Universo astronomico che esista oggettivamente, di un Cosmo in qualche modo palpabile che, per quanto diverso possa essere dalla sensazione che altri percepisce, pur tuttavia ha qualcosa di fondamentalmente eguale e comune.
Il Cosmo, quindi, non è un sogno dell’individuo e non esiste solo perché gli individui lo sognano, ma in forza di comuni denominatori è costituita l’unitarietà del Cosmo.
[…] Se noi osserviamo il crescere di una pianta, osserviamo il trascorrere di un numero
elevatissimo di situazioni cosmiche.
Già in un istante fluiscono innumerevoli fotogrammi che riguardano il moto della materia sub-atomica. Poi pensate alla pianta che cresce e via e via; tante sono, eppure si riferiscono solo a situazioni riguardanti la materia del piano fisico. E gli altri piani?
Prendiamo in esame una serie di fotogrammi che comprendono un uomo il quale tocca la fiamma di una candela e un’altra serie nella quale un uomo ponga la sua mano nell’acqua. Ebbene, fino a ora vi abbiamo detto che sono uniti fra loro i fotogrammi del piano fisico secondo una successione che è poi data dal modulo fondamentale del Cosmo; adesso vi diciamo più chiaramente che sono uniti fra loro anche fotogrammi di altri piani.
Ad esempio: se l’individuo si unisce alla serie dei fotogrammi in cui vi è rappresentato l’uomo che tocca la fiamma, a questi fotogrammi fisici è legata una serie di fotogrammi astrali nei quali il corpo astrale vibra originando la sensazione della bruciatura. Allo stesso modo alla serie dei fotogrammi del piano fisico in cui vi è rappresentato un uomo che tocca l’acqua, è legata la serie dei fotogrammi astrali che dà la sensazione del bagnato.
Ecco dunque che cosa significa «ciascun fotogramma ha un suo sentire». Significa che calarsi in quella situazione, dà all’individuo non solo la percezione visiva, ma anche un «sentire» (in senso lato, ndr), una sensazione. In questo senso ciascun fotogramma ha un suo «sentire» ed è li congelato, tanto che ogni volta che viene scelta una situazione cosmica, viene percepita nella sua interezza.
Il Cosmo è costituito da un’innumerevole quantità di situazioni individuali. I comuni denominatori di tali situazioni costituiscono i piani di esistenza (fisico, astrale, mentale) e le materie
che di questi piani sono proprie. Come l’uomo ha un suo ciclo di sviluppo, così le materie di ciascun piano sono rappresentate secondo un loro ciclo vitale che deriva dal modulo fondamentale secondo il quale il Cosmo è ideato. Le leggi che la scienza umana scopre sono in effetti l’aspetto illusorio e mutevole di altre leggi immutabili che costituiscono il fondamento del Cosmo.
Che cosa v’è, dunque, di soggettivo nel Cosmo? Tutto per coloro la cui consapevolezza è concentrata nel Cosmo.
Di oggettivo nel Cosmo che cosa v’è? Lo stesso Cosmo è oggettivo perché esiste in Assoluto, anche se non quale voi lo vedete. Quale voi lo vedete è un Cosmo soggettivo: ma esiste «qualcosa», oggettivamente parlando, nell’Eterno Presente, nell’Assoluto, legandosi al quale si ha la visione soggettiva del Cosmo; visione soggettiva di qualcosa che esiste oggettivamente anche se in modo diverso da come voi lo percepite.
[→uma] “Gli individui i quali a questi fotogrammi si legano, non hanno una visione del tutto soggettiva, indipendente e onirica, ma che questa visione si fonda su una base comune che dà il senso di un Cosmo”.
La consapevolezza di vivere/sentire in modo soggettivo un mondo solo in parte oggettivo, in quale abisso di solitudine può condurre? E il contemplativo conosce la solitudine?
La consapevolezza focalizzata sul sentire dà luogo all’esperienza della solitudine? Non direi. La solitudine sorge dall’identificazione col divenire, da una lettura e interpretazione di sé relativamente al mondo e agli altri.
L’essere consapevoli del personale sentire e di ciò che questo genera nel divenire riempie di responsabilità ma non genera solitudine per la ragione, piuttosto semplice, che la consapevolezza di sentire è consapevolezza di una unità nella molteplicità. Ciononostante il contemplativo può conoscere flash, stati di solitudine, ad esempio conseguenti a una difficoltà di condivisione e comunicazione dei suoi vissuti.
Il sentire, per sua natura, è unitario e frutto di fusioni tra vari gradi del sentire stesso; tende a condividersi e a fondersi e lo fa senza sosta sui suoi piani. Quella dinamica fusionale e di condivisione riverbera però anche nei piani della separazione illusoria e a me sembra che dietro a certe necessità di condivisione del contemplativo vi sia il riverbero di questa dinamica innata alla natura del sentire stesso.
In altri termini: il contemplativo non vive nessuna particolare solitudine ma può avvertire la spinta a condividere, a entrare in comunione – con la conseguente, eventuale e possibile frustrazione – e questa non è la proiezione di un bisogno della soggettività – anche se può esserla – ma piuttosto il riverbero di una qualità propria al sentire che lo muove.
Mi si osserverà che se allo slancio condivisivo del contemplativo segue poi, nel caso di un fallimento, una qualche frustrazione, siamo già nell’ambito della soggettività: direi che siamo nell’ambito di una reazione soggettiva a uno scambio vibrazionale non realizzato.
Lo slancio d’amore, ad esempio, è movimento vibrazionale che può non incontrare una risonanza nell’altro: in questo caso, quel cadere a vuoto, quel non realizzare una circolarità, può portare alla luce una aspettativa, può tradursi in una frustrazione, ma può anche, semplicemente, registrare il collasso di una emissione, collasso che provoca un cambiamento negli equilibri interiori. [/uma]
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