Partecipante: Cosa può dirci la via della Conoscenza rispetto all’amore verso l’altro?
Fonte: Via della conoscenza, comunicazioni fondanti riviste e aggiornate nel 2024.
Una voce: Innanzitutto, che l’amore è nel riconoscere e non nel creare. Un rapporto d’amore può essere lo stimolo ad aprirsi alla profondità della vita e a liberarsi dai propri pesi sotto forma di paure, di ansie, di pretese. Un rapporto di coppia può portare l’uomo a scoprire l’amore, capendo che non è l’ambito in cui sollazzarsi, ma è una palestra in cui incominciare a riconoscere l’amore.
È palestra prima di tutto per conoscersi, sentendosi nel luogo dove potersi esprimere, anche nei difetti, o nelle rabbie, o nei timori e venire comunque accolti, ed è primariamente il luogo dove si può incominciare ad accettarsi, dato che non è possibile amare se non ci si accetta. Poi è palestra per imparare a osservare l’altro con occhi sempre nuovi – l’altro che all’inizio era gradevole persino nei suoi aspetti meno gradevoli – essendo consapevoli che l’altro ha la medesima necessità di esprimersi per poter incominciare ad amare e amarsi; e questo lo può scoprire se viene guardato con tenerezza. Quindi amare significa osservare con tenerezza le pesantezze dell’altro e le proprie, perché nell’amore si abbassano le pretese.
L’amore è offerta, è accoglienza ed è leggerezza. Un rapporto d’amore mette ciascuno costantemente in gioco; cioè pone entrambi dentro un gioco con la consapevolezza che tutte le volte che si esasperano le pretese non si sta più giocando. Quindi, quando si esige un ruolo stabile nell’amore non si gioca, ma si mette un peso sul rapporto, e allora, col passare del tempo, se l’altro si rivela diverso da come ci si aspettava, ecco che si presentano chiusure e pesantezze.
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Partecipante: Ma come si approfondisce l’amore verso l’altro?
Una voce: Il rapporto d’amore si approfondisce nella possibilità di osare, sia di svelarsi che di mutare, perché si sa che lì si incontra l’accoglienza. Stiamo parlando del crearsi di un substrato, cioè di qualcosa che nel rapporto con l’altro diventa indispensabilità: indispensabilità dello stare insieme perché lì entrambi si vivono liberi dalle pesantezze, liberi dal timore di mostrarsi e capaci di accogliere ed essere accolti con leggerezza. Attenti: indispensabilità, e non necessità, e non bisogno.
Il rapporto d’amore non imprigiona ma libera, anche dalle pretese su se stessi e sull’altro, in quanto con l’altro ci si può svelare, proprio perché ci si pone entrambi in una situazione in cui si gioca. E, pur ponendosi entrambi dei vincoli necessari, ci si sente liberi dalle proprie costrizioni e anche da quei timori che generano una dipendenza verso gli altri. La libertà è nell’accoglienza, è nel lasciar andare le pretese, ma questo non significa non rispettarsi.
Se nasce in sé un’attenta domanda su chi è l’altro, ci si accosta all’altro a passi felpati, sapendo di avere davanti un mistero – l’altro è sempre un mistero -. Questo significa che ci si osserva quando l’altro sorprende e ribalta le attese, e ci si domanda: “Ma che cosa sta esprimendo? E che cosa questo genera in me?”. Altrimenti, si continua a puntare il dito quando l’altro esce dai binari che gli avete creato nel rapporto.
È attraverso la domanda di che cosa si genera in voi, quando l’altro vi spiazza, che è possibile scoprire quanto vi difendiate dai cambiamenti che l’altro mostra nel rapporto, quanto li esorcizziate perché vi mettono in crisi e quanto vorreste riportarlo a come era prima che vi sorprendesse col suo cambiamento. L’amore non nega la possibilità di esprimersi nel proprio essere in disaccordo, però mai rivendicando sé e il passato, ma rivendicando il desiderio di creare una nuova profondità, partendo necessariamente da una posizione che è mutata. Quel desiderio nasce dal riconoscere che è la presenza dell’altro l’occasione allo sprofondare nell’amore, proprio perché è in lui la capacità di mettere in crisi le pesantezze e aprire spazi nuovi.
Non c’è amore quando ci si chiude, in quanto ci si nega la possibilità di indagare su di sé e di comprendere quello che l’altro sta svelando di se stesso, anche come cambiamento. La vita è vivacità, è rinnovamento e anche l’amore porta a cambiare, altrimenti si continua a concentrarsi su se stessi in maniera pesante, rivendicativa, pretenziosa e guerreggiante.
L’amore non è mai la difesa di sé, ma è la capacità di rinnovarsi e di rinnovare. Amare è abbandonarsi e l’abbandonarsi è accoglienza; e tutto questo è leggerezza del gioco. Perché amare è divertirsi, sapendo anche sorridere con ironia. E quindi, in ultima analisi, amare è lo stupore con cui si riconosce l’indispensabilità di quella presenza accanto a sé, che usa mille modi per proporsi, a volte fastidiosi, però è sempre novità, ma solo se muore in voi l’idea che: “Uffa! È sempre il solito”, ingabbiando l’altro dentro la pesante etichetta di “scontato”.
L’altro è sempre per voi la possibilità di amare, nell’accoglienza, nel cambiamento e nella leggerezza nel gioco. Perché amare è riconoscere e abbandonarsi al gioco.
Grazie
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