Dovessi definire l’individuo-che-è-la-condizione-unitaria, quello che altri chiamano “l’illuminato”, direi: è colui/ei che sente la frammentazione quanto l’unità e non oscilla tra le due ma nell’unità – condizione stabile in cui risiede – sente la frammentazione indotta dall’essere incarnato e immerso nel duale.
L’unità d’esistere nell’Essenziale non può che essere unità di un tutto e questo non esonera dalla condizione umana e da ciò che essa implica.
È vero che l’evoluto tende a non risentire particolarmente del condizionamento dei desideri propri della soggettività, di quella che nel Sentiero chiamiamo la coscienza riflessa nel divenire e che altri chiamano “io“, ma è vero anche che esistere da incarnati significa manifestare una proiezione della coscienza, condurre a manifestazione un suo “bisogno” e questo genera innumerevoli processi.
Come sorge un “bisogno” della coscienza? Dalla sfasatura tra il sentire particolare, relativo, conseguito, e il sentire proprio all’Essenziale, alla Vibrazione Prima: il sentire da conseguire, l’orizzonte della compiutezza unitaria.
La tensione tra parziale e compiuto, tra sentire relativo e sentire assoluto, tra vita realizzata quotidianamente e Vita Essenziale genera il bisogno, la necessità di una manifestazione che conduca a piena consapevolezza:
– l’essere attuale che sente la realizzazione in atto nei processi,
– l’orizzonte verso cui tende che diviene realizzazione operante.
Ogni scena del quotidiano è questa tensione, la incarna, la innerva: tutto parla, nel quotidiano, di ciò che è e che diviene.
Ogni fatto e ogni processo sono questa tensione, la incarnano: non esistono l’umano e la sua coscienza, esiste una unità inscindibile composta da:
- coscienza unitaria;
- coscienza relativa;
- consapevolezza di entrambe.
Quello che noi definiamo come “umano” è questa unità nella complessità, è un sentire su diversi piani e di diversi gradi simultaneamente. Vengono sentiti, in ogni momento, fatto, processo:
- la totalità unitaria;
- la relatività del sentire di quel momento;
- il condizionamento ambientale/relazionale.
Questo è possibile perché la consapevolezza unitaria tutto abbraccia e sente: il sentire più ampio contiene quello più limitato e i due non sono due ma perfetta unità.
Ecco che l’umano non è diviso, frantumato tra unitario e duale, tra Essere e divenire, è Essere/divenire, è Essenza che è ogni declinazione di se stessa.
Premesso questo, possiamo inquadrare molto diversamente ogni aspetto del contingente che ci troviamo ad affrontare ogni giorno, contingente generato dalla complessità di Essere/divenire, da quella “tensione” interna a Essere/divenire, ovvero propria dell’ontologia dell’individuo incarnato.
Una preoccupazione, un’ansia, un conflitto, una caduta non sono tanto il limite dell’umano, sono Essere/divenire in atto se lo sperimentante risiede nell’Essenziale: la complessità di Essere/divenire – e il risiedere nell’Essenziale – non garantiscono la non caduta, essa viene sentita come aspetto dell’Unità operante, aspetto attivo in quel frangente.
L’Unità è sempre, anche quando è caduta e la caduta è Unità operante: l’Unità, se è 100, contiene dall’1 al 100: l’esperienza del grado 59 è sentita come grado 59 nel 100. Il grado 59 non viene isolato dal 100, questa operazione non è più possibile a chi vive l’Essenziale: il 59 esiste, generalmente non si manifesta perché appartiene al compreso, ma può accadere che sia provvisoriamente attivato. Perché?
Nella via del divenire diciamo perché corrisponde a una non comprensione, a una sfumatura di comprensione non realizzata: è chiaro che chiunque sia incarnato ha comunque qualche non comprensione da completare, ma qui sto affrontando diversamente la questione, sto dicendo che chi vive nell’Essenziale può sentire in sé anche il grado di sentire più limitato, e può anche manifestarlo? Generalmente no, ma alcune preoccupazioni e ansie, alcuni conflitti che si generano hanno uno spettro d’azione molto ampio e coprono innumerevoli sfumature, prima tra tutte quella di rammentare che nessuno è perfetto tranne l’Assoluto. Da cosa è attivata l’esperienza vivida dell’umiltà se non da qualche scivolata?
Sarebbe interessante analizzare le biografie dei cosiddetti illuminati alla luce di questa domanda, ma non ne ho gli strumenti, né i dati necessari e correi il rischio di essere superficiale.
Qui voglio dire che:
- la vita unitaria, nell’Essenziale, è vita nella complessità d’Essere/divenire, unità inscindibile;
- l’interiore unificato è comunque complesso e molteplice;
- ogni momento del quotidiano è tensione operante tra relativo e assoluto;
- la sintesi unitaria del realizzato si traduce nella possibilità di vivere una relativa armonia e resilienza di questa tensione/complessità;
- l’esistenza incarnata è uno stato di tensione permanente e non risolvibile tra Essere/divenire, unità inscindibile;
- l’esistere da incarnati si risolve/conclude quando questa tensione scema, si dissolve: questo è l’ambito in cui la compassione sorge.
La compassione è comprendere Essere/divenire come unità inscindibile e operante: lo sperimentare la tensione conduce alla compassione, l’abbraccio di questa è Amore, Unità ultima.
La tensione vissuta dall’incarnato – quando è concepita come sopra ho cercato di descriverla – produce il frutto della compassione, dell’abbraccio unitario e compassionevole.
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Illuminante questo che descrivi. Grazie
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