Cristo-Cerchio Firenze 77/107: più individui, una individualità

Vi abbiamo seguito anche questa sera nelle vostre conversazioni: abbiamo udito il vostro ricordare problemi discussi in altre occasioni, quando ad esempio abbiamo parlato della figura e della personalità del Cristo.

E abbiamo visto che, pure attraverso a qualche incertezza, pure attraverso a qualche dimenticanza, avete ben ricordato quello che vi dicemmo a proposito di questa grande figura. E cioè di questo duplice manifestarsi della individualità, di un’unica individualità: a una prima fase corrispondente a un individuo di media evoluzione – l’uomo Gesù – il quale vive di una vita comune, retta, e che contemporaneamente, così facendo, segue lo sviluppo del corpo fisico, del corpo astrale e di un corpo mentale; e poi un’altra fase che si alterna a questa, ma che fa capo sempre alla stessa individualità; la fase corrispondente alla massima evoluzione della individualità, al massimo “sentire”,  al “Sentire-Uno-Assoluto”.

Ed ecco apparire nello stesso corpo fisico, che aveva servito di ricettacolo all’uomo Gesù, ecco apparire il Cristo con le sue verità folgoranti, con tutto il Suo “sentire”, o tutto il “sentire” che può avere una individualità alla massima evoluzione. Che pur tuttavia, nell’attimo in cui deve comunicare con gli altri uomini, non può manifestarsi in tutto lo splendore. Il “sentire” – scusate la brutta locuzione – il “sentire” deve essere “sentito”, non può essere narrato. Ecco perché Cristo per quanto lo si possa – attraverso a quello che ha detto – pensare elevato, se lo si raffronta anche a un lieve concetto di “Sentire Assoluto”, impallidisce e non sembra all’altezza della situazione. Ma, ripeto, il “sentire” del Cristo risulta adombrato, circoscritto, non compreso dalla difficoltà che abbiamo di provarlo. 

Dunque, una sola individualità che fa capo a uno stesso corpo fisico; ma la personalità che si alterna in questo corpo fisico è duplice: l’una dell’uomo Gesù e che corrisponde a un individuo – di quella individualità – di media evoluzione, l’altra invece che fa capo al Cristo e che corrisponde alla massima evoluzione, al massimo “sentire”, sempre della medesima individualità. 

Certo che fra la personalità dell’individuo Gesù e – se così possiamo dire – la personalità del Cristo, vi sono ancora innumerevoli incarnazioni: innumerevoli fasi di “sentire” individuale. Ma tutte tendono a quella massima, a quella del Cristo.

Ed ecco che allora, dopo la incarnazione Gesù, ve ne sono state altre che hanno corrisposto a un “sentire” ampliato di quello che fu l’uomo Gesù, fino a giungere a un individuo conosciuto col nome di Koot-Hoomi e che aveva un “sentire” così ampliato da poter essere chiamato Maestro. Dunque la personalità del Maestro Koot-Hoomi, rispetto a quella dell’uomo Gesù, rappresenta un “sentire” ampliato, un “sentire” di Maestro che pur tuttavia non è ancora così ampliato e così grande come il “sentire” del Cristo.

Dunque, sono – possiamo dire, in ultima analisi – tre individui, eppure tutti appartenenti alla stessa individualità perché – e questo non deve meravigliarvi, figli e fratelli – quanti individui appartengono a una individualità! Innumerevoli. Quante sono le incarnazioni! E più ancora, oltre la ruota delle nascite e delle morti. Ciascuno quindi di questi individui corrisponde a una fase del “sentire” della individualità. Dali, 1 dicembre 1968

Fonte: raccolta di brani sul Cristo del Cerchio Firenze 77 | Tutti i post del ciclo

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