La centralità dell’altro da noi

Nel momento in cui ci chiediamo: “Che cosa avrà spinto l’altro a quella azione, a quelle parole?” compiamo il gesto preciso del mettere al centro l’altro , il suo punto di vista, la sua motivazione interiore.
Quel gesto comporta un nostro divenire secondari: primario è l’altro e l’interrogazione sull’altro.
Questo gesto non è possibile fino a quando noi siamo impregnati della nostra visione e ci collochiamo al centro della scena; può avvenire soltanto quando dentro di noi si è sviluppata la consapevolezza della nostra non centralità sostenuta da un adeguato sentire di coscienza.
Prima di quel sentire l’ascolto e l’interrogazione sulle ragioni dell’altro è una pratica con cui ci misuriamo costantemente e ogni scena ci racconta della necessità di decentrarci da noi e di aprirci all’altro..

Meditazione sull’attenderti

Ti aspettavo.
Ero un bambino schivo
e fuggivo nei campi quando
veniva qualcuno in casa.
Lunghe giornate nella solitudine,
nell’ombra, pronto a nascondermi.
Ti aspettavo e non lo sapevo.
Sono venuti poi gli anni
dell’allenamento più intenso;
oggi mi fa tenerezza guardare
a quel ragazzo e a quella lotta
così dura con la mente.
Ti aspettavo
e cominciavo a vedere che cosa
mi separava da te.
Ricordo un campo di raccolta stracci
e la mente che cominciava ad ordinarsi.
Ti aspettavo
e la vita bussava.
Anni e anni con lo sguardo,
rivolto verso il fuori
a discutere di una possibilità nuova.
Ti aspettavo
ma non sapevo da dove saresti venuta.
Poi lo sguardo ha cominciato
a farsi interiore,
a tentoni ti ho cercato.
Ti aspettavo,
non eri lontana.
Ho incontrato lo zen
e mia figlia quasi insieme,
ho riconosciuto il tuo bussare,
ero a casa mia.
Da allora lo sguardo si è fatto
ogni giorno più chiaro
e, da allora, ho iniziato a perdere,
consapevolmente, pezzi di me.
Ho perso, forse sono un po’ distratto,
tutto quello che avevo incontrato,
ma non ho più tolto lo sguardo da te.
Man mano che le esperienze passavano,
non ti aspettavo più, eri li,
potevo cominciare a detendermi.
Avevo vissuto in una tensione continua
verso un qualcosa, un senso,
ed ora quel senso cominciava a prendere forma.
Ti ho incontrata in tutti i miei giorni,
in tutte le mie notti,
in tutti coloro che sono arrivati qui
con una domanda.
Ti incontro ad ogni respiro,
ad ogni movimento dell’aria,
in ogni ombra,
in ogni fruscio tra l’erba.
Non ho più quell’ansia
che mi rodeva,
non ho bagaglio,
non ho direzione,
sono qui e tu sei qui
e io non so proprio chi sono,
ma so abbastanza bene
chi sei tu.

Dedicato a tutti coloro che ti aspettano
perché possano perseverare.

Il dubbio

Un cammino
lungo e silenzioso
dove qualunque cosa dici e fai
non è credibile,
non è sostenibile.
Il dubbio è un tarlo
implacabile.
Qual’è l’intenzione
nascosta dietro
ad ogni rappresentazione?

Quel gesto

Quante volte devi
ripetere un gesto
perché sia niente altro
che un semplice gesto?
Ma, soprattutto,
quanto devi aver visto,
osservato e patito
quell’insinuarsi di te
in quel semplice gesto?
Non c’è vita
finché ci siamo noi.

Pieni di illusioni

Siamo pieni di illusioni,
crediamo che la via spirituale
sia la via del senso,
che conduca ad una vita di senso.
Conduce invece alla morte
del significato stesso
del termine “senso”,
conduce alla morte di ogni ricerca.
La sua forza,
le chiavi
risiedono in questo ripetuto
accadere dell’esperienza del morire.
Il valore del quotidiano
è nello svuotamento di senso che produce.
La routine non lascia scampo,
ogni aspetto della giornata
viene banalizzato e ridotto a niente.
Devi andare a frugare per trovare
le pietre miliari del tuo cammino
perché tutto viene appiattito.
Quali sono le pietre miliari?
Non ce n’è alcuna.
Frughi e non trovi niente.
Non c’è alcun riferimento.
Ogni cosa, ogni fatto,
è semplicemente se stesso.

Senza strada

Non c’è più strada.
Non ti è mai appartenuta
la strada delle religioni
per cui, a volte, provi
una specie di orrore.
Altre strade
su cui ti sei affacciato,
sono state opportunita’,
ancora ti inchini,
ma sono altro.
Non hai strada,
né la indichi.
Non c’è direzione.

Senza condizionamento

Se tu non sei più vittima
che cosa sei?
Se scompare l’identita’
che ti viene conferita
dall’interpretarti come colui
che subisce la vita,
cosa diventi?
Quello del subire
è un mondo interiore,
quando non ti interpreti più all’interno
delle logiche di quel mondo,
allora sei semplicemente
colui che vive.
Nel gesto del vivere
non c’è condizionamento.
Senza interpretazione
non c’è condizionamento,
vita e liberta’
danzano assiene.

Canto dello zazen

Fin dall’origine tutti gli esseri sono dei Buddha.
Come acqua e ghiaccio:
senz’acqua non c’è ghiaccio.
Fuori degli esseri viventi non ci sono Buddha.
Non conoscendo ciò che è vicino,
essi cercano la verità lontano.
Come uno che immerso nell’acqua urli “Ho sete!”,
come il figlio di un uomo ricco che vaghi su questa terra fra i poveri.
La causa del nostro circolare fra i sei mondi
è che noi siamo sugli oscuri sentieri dell’ignoranza.
Da oscuro sentieri a oscuro sentiero,
come possiamo sfuggire alla ruota del samsàra?
La meditazione zen del Mahàyàna va al di là delle nostre lodi.
Il dono, la moralità e le altre perfezioni [pàramità],
la ripetizione del nome [nenbutsu] e la disciplina,
gli innumerevoli meriti, tutto viene dalla pratica della meditazione.
Con il merito di una singola pratica
distrugge gli innumerevoli peccati accumulati.
Dove saranno allora i cattivi sentieri per lui?
Il paradiso della Terra Pura non è lontano.
Chi ascolta questa verità anche per una sola volta
con il cuore umile e riconoscente,
la loda e l’abbraccia,
acquista cumuli di meriti infiniti.
E se si volge all’interno e coglie la vera natura del Sè,
– quel vero Sè che è il Non-Sè –
va oltre la conoscenza basata su astute parole.
Le porte si aprono, causa ed effetto non sono più:
non c’è dualità nè triade, a la Via corre dritta.
assume come forma l’aspetto di non-forma.
Va e torna, ma non lascia mai la casa.
Assume come pensiero la forza del non-pensiero.
Cantare e danzare, tutto è voce del Dharma.
Com’è vasto il cielo della concentrazione infinita!
Irradia la luna piena della quadruplice Saggezza!

Poesia di Hakuin Ekaku Zenji 1685-1768

Evolvere non è divenire

.. Il mondo che voi osservate è un mondo che sembra in continuo divenire, ma la verità è che voi avete la visione dinamica di un mondo statico.
La realtà non è “una” che diviene, ma “una” costituita da molte che “sono”.
Il selvaggio non diviene santo, ma l’uno e l’altro fanno parte di un “essere” che ha molteplici fasi di esistenza.
Evolvere, quindi, non significa “divenire”, ma è il manifestarsi in successione di differenti “sentire” corrispondenti a tanti stati d’essere.

Dal sito del Cerchio Firenze 77
http://www.cerchiofirenze77.org/

Il silenzio

Che cosa ti risponderò
quando mi chiederai
che cosa è il silenzio?
Posso dirti: “E’ il fondamento
di tutta la realtà”, ma capiresti?
Allora, forse, posso dire che è
assenza di condizionamento:
ma chi condiziona che cosa?
Un’immagine:
cammini lungo la spiaggia e la sabbia
bagnata ti sostiene,
procedi sicuro poi, ad un tratto,
i piedi affondano,
la sabbia non è più solida e fidata,
non ti sostiene,
il procedere diventa faticoso,
instabile..