Negli abissi dell’illusione si mostra la realtà.
Lo sguardo non è rivolto al santo, se non raramente.
Attraverso il mio cadere comprendo il cadere di chi mi cammina a fianco;
evoluzione
La vita, prima ed ultima maestra
Un lungo succedersi e intrecciarsi di eventi, intenzioni, pensieri, emozioni, questo è la vita. Tra conflitti e piccole liberazioni scorre il nostro quotidiano impregnato di routine.
Nella routine incontriamo il partner, i figli, i genitori, i colleghi di lavoro, i maestri, i discepoli, i libri, i film che ci plasmano.
Incontriamo la sofferenza e la gratificazione, l’umiliazione e il riconoscimento.
La vita è il dispiegarsi della consapevolezza dell’Assoluto
Questo post, non semplice, prende le mosse da uno stimolo di Matteo relativo all’articolo del 18.1:
Allora, seguendo sempre Zenone e parafrasandolo, finché si parla di cogliere l’essere nel presente, nell’istante, nel singolo fatto, ciò è possibile. Ma se poi si vuole trovare la consistenza del divenire, dell’essere del divenire, allora questo sembrerebbe impossibile (sempre logicamente parlando). Esiste un modo, con le parole, per superare questa impasse della razionalità e spiegare più chiaramente “il divenire è l’essere”?
Incontro, separazione, sentire: il ritmo della vita
Vedo la vita che compone e scompone e ricompone la realtà in ogni suo aspetto.
Come le cellule per riprodursi si dividono, così mi sembra che la vita faccia con gli uomini: nelle famiglie, nel lavoro, nelle amicizie, nelle comunità, nelle società: produce l’incontro, la relazione e poi la separazione e quindi l’aggregazione con altri protagonisti e su basi differenti.
Non dal santo, ma dall’assassino
E’ possibile guardare alla realtà della vita a partire dall’ottica non del santo, ma dell’assassino? E cosa significa questa espressione? Chi è il santo, e chi l’assassino?
Evidentemente, questo sguardo è una provocazione. Il santo parla di ciò che è giunto, o giunge a compimento; l’assassino di ciò che arranca, della difficoltà, del limite, anche grande.
Camminare nell’amicizia
E’ un invito che rivolgo innanzitutto alle persone che percorrono questo Sentiero: camminiamo in una prossimità, in una vicinanza, in una simpatia, in una attenzione reciproca, in una apertura che non pone condizioni.
Incontro dopo incontro, gettiamo le basi di un’amicizia, di una fratellanza e sorellanza, di quel senso di essere viandanti accomunati dagli stessi passi, fatiche, cadute, gioie.
Quello che è rimasto indietro
Spero non sia sfuggito all’attenzione del lettore il post di ieri.
Il rischio, forse il pericolo, che corriamo noi tutti ricercatori dell’interiore nel percorrere con determinazione la via dell’unificazione, è quello di conseguire frammenti di unità e su quelli insistere e sperimentare per ampliarli, non riservando cura e attenzio-ne sufficienti a quelle parti del nostro essere che sono rimaste indietro.
L’evoluzione dell’uomo: da ego ad amore, da conoscenza di sé a contemplazione
Nel sentiero raramente parliamo di evoluzione; ci focalizziamo sull’essere, sull’adesso, su quello che la vita ci presenta. Quello che accade ci trasforma, lo sappiamo, ma non poniamo l’accento sulla nostra trasformazione quanto sull’arrendersi alla vita. Perché?
Stare nella logica della trasformazione è un continuo valutare, misurare, parametrare il percorso: è un protrarsi verso un obbiettivo confidando sul proprio slancio volitivo.
Stare nell’abbandono è un darsi poca importanza, un rimettersi a un qualcosa di più vasto, un dimenticarsi di sé.
Si impara ad arrendersi ed è naturale che ci siano tanti passaggi, una successione di stati, di difficoltà, di momenti bui, di piccole o grandi consolazioni. L’arte dell’arrendersi si dipana nel tempo, quindi potremmo dire che c’è un evolvere della propria capacità di arrendersi, che sempre di più si affina e si sofistica, diventa sottile, vede le mille, piccole, impercettibili resistenze fino all’affermarsi di un’estrema duttilità e al sciogliersi nell’esperienza della contemplazione.
Ti proponiamo, di seguito, la lettura di un testo di Kempis (Cerchio Firenze 77) sull’evoluzione dell’individuo; sono linguaggi diversi da quelli che usiamo ma parlano dello stesso percorso: la persona che passo dopo passo porta a compimento la propria manifestazione e la trascende, fin quando inizia ad essere risucchiata nel grande mare dell’essere e sempre meno è incline al divenire. Sempre di più il suo vivere diventa un arrendersi, un perdersi, uno scomparire in una vastità.
Da ego ad amore: conoscenza di sé, consapevolezza, meditazione, contemplazione: questo è il processo.
Fasi dell’evoluzione individuale
L’uomo abbraccia degli ideali ed a questi si vota: Non importa che siano giusti o che rispondano all’etica comune: sono suoi ideali e per quelli, in maniera diversa, vive. Da ciò, ha diverse esperienze in ordine alle quali modifica i suoi ideali e la sua vita. E’ questa proprio una tipica caratteristica dell’evoluzione: evolvere per l’uomo significa passare da un minimo ad un massimo, svolgere, ampliare, accrescere il proprio “sentire”. Ed è logico, quindi, che la strada di questa evoluzione sia proprio così concepita: una tappa dopo l’altra, un ideale morale che si raggiunge, un altro che ci viene prospettato. Sembra facile e breve a dirsi, ma voi sapete quanto questo costi, quanto significhi di interna riflessione e d’esterna azione. L’uomo che noi vediamo, dal punto di vista del “sentire”, è ancora una piccola creatura in confronto aol destino al quale è chiamato. Egli è un essere ai primi movimenti di “sentire”, per il quale non è sufficiente meditare, riflettere con la mente per evolvere. Ciò che egli pensa, l’ideale che egli concepisce ed intravede, deve tradursi in natura interiore, attraverso ad azioni nella vita del mondo fisico.
Tutto ciò, ripeto, non è è che una prima fase di evoluzione di quell’essere che un giorno, superato il divenire, si riconoscerà nell’Assoluto.
Noi abbiamo fissato delle fasi nell’evoluzione di questo essere che abbiamo chiamato “individuo”. Durante la prima di esse egli anima nel piano fisico forme di vita inferiori all’umana; durante questa fase si organizzano i corpi, gli strumenti che gli serviranno nella fase successiva. Si forma il corpo astrale che gli da la percezione delle sensazioni, emozioni, desideri; il corpo mentale che gli insegna a ricordare le esperienze vissute, a cercare di ripeterle o a prevenirle.
Nella seconda fase di evoluzione l’individuo anima forme umane; durante questa, servendosi degli strumenti che si è formato nella trasmigrazione nelle vite inferiori all’umana, egli ha delle esperienze che formano la sua coscienza, quella che noi abbiamo chiamata coscienza individuale. Naturalmente la completa costruzione di essa occupa l’intero arco delle molteplici incarnazioni di un individuo come uomo ed il modo come si costituisce è quello che prima abbiamo accennato.
Coscienza individuale costituita significa press’a poco avere fatto proprio, perché divenuto intimo “sentire”, l’insegnamento dell’altruismo, dell’amore al prossimo, epilogo del quale il senso del proprio dovere rappresenta la prima tappa.(….)
A questo punto l’individuo è interamente costituito tanto che ha coscienza di sé, ma nello stesso tempo comprende di non essere il centro dell’universo; egli non è che una goccia in un infinito mare. (…)
Noi abbiamo visto che la coscienza individuale costituita dà un profondo senso del dovere, un essere altruista, amare il prossimo nostro come se stessi; che cosa significa invece “coscienza cosmica”?
Significa sentire in termini cosmici; sentire il Cosmo come un “tutto” del quale l’individuo fa parte in maniera viva. Significa non solo essere convinti di far parte del Cosmo, ma vivere di questa partecipazione, sentirsi sangue di questo Cosmo; partecipare in modo attivo ed inequivocabile alla vita del Cosmo; vederla nella sua eterna esistenza e nel suo mai trascorrere. Questo è il significato che si può dire con parole umane.
Ma -ecco la vostra domanda- come si perviene a questa coscienza cosmica?
Voi sapete che il Cosmo mai trascorre, ma che è l’individuo che ha l’illusione di trascorrere perché inserito in una gamma di “sentire “. Ed allora, quando sperimenta il “sentire” che corrisponde alla coscienza individuale costituita, tocca una tappa che prelude ad una fase del tutto diversa: immedesimazione coi “sentire” degli altri.(…)
Così quando l’individuo è pervenuto a costituire la sua coscienza individuale, deve pervenire a leggere il senso della storia cosmica, e ciò significa vivere, compenetrare, scorrere come sangue nelle vene del cosmo al quale appartiene. “Sentire” non già come ha “sentito” fino ad allora attraverso ai suoi veicoli; ma “sentire” di coscienza costituita da tutti i “sentire” del Cosmo. Dall’alto verso il basso: non più dal basso verso l’alto. Questa è la terza fase dell’evoluzione individuale. Ma la meta finale non è ancora toccata. Lo sarà quando con lo stesso processo” sentirà” tutti i cosmi, perché l’individuo è chiamato ad avere una “coscienza assoluta”, a “sentire” tutti i Cosmi, il “tutto” cioè l’Assoluto stesso, attraverso ad analogo processo: dall’alto verso il basso. Come ultimo episodio di questo vivere e partecipare, è la “coscienza assoluta”, è Dio stesso, è il cessare di ogni scorrere che illusoriamente si può percepire. E’ l’Eterno Presente, è l’Infinita Presenza. E’ il Tutto, l’Assoluto.
Kempis, Fasi dell’evoluzione individuale, Tratto da: Cerchio Firenze 77, Oltre l’illusione, Edizioni Mediterranee, pagg.253-255
Evolvere non è divenire
.. Il mondo che voi osservate è un mondo che sembra in continuo divenire, ma la verità è che voi avete la visione dinamica di un mondo statico.
La realtà non è “una” che diviene, ma “una” costituita da molte che “sono”.
Il selvaggio non diviene santo, ma l’uno e l’altro fanno parte di un “essere” che ha molteplici fasi di esistenza.
Evolvere, quindi, non significa “divenire”, ma è il manifestarsi in successione di differenti “sentire” corrispondenti a tanti stati d’essere.
Dal sito del Cerchio Firenze 77
http://www.cerchiofirenze77.org/
Ogni giorno
Ogni giorno un tentativo.
Ti sembra che si ripeta sempre la stessa scena, ma non è vero.
La scena è simile ma ogni volta acquisisci nuovi dati.
Una lunga raccolta di dati:
un mosaico di piccole comprensioni.
Poi, un giono, quella scena non compare più.
Ogni piccola comprensione si è intessuta ad un’altra
ed hanno dato luogo ad un tessuto che, per quell’aspetto,
sul quel fronte di te, è compiuto.
Non ha molta importanza
che un altro fronte si apra
con un nuovo tessuto da tessere,
nuova trama, nuovo ordito.
Non ha molta importanza,
è il lavoro di ogni giorno.