L’importanza dell’identificazione e della disidentificazione

C’è identificazione quando attribuiamo a noi stessi un pensiero, un’emozione, un’azione.
Se non ci fosse identificazioni non si attiverebbero i processi esistenziali: la vita è un’immensa officina proprio perchè la persona è capace di dire: “Questo è mio!”
I processi attivati permettono di confrontarsi con il proprio limite di comprensione e di superarlo.
Mano a mano che la comprensione si amplia, la persona sente in sé che quel continuo appropriarsi della realtà genera spesso dolore, frustrazione, mancanza di senso: spinta dal disagio interiore comincia a mettere in dubbio la legittimità dell’attribuirsi ciò che accade e, nel tentativo di scoprire un’altra possibilità di lettura del proprio esistere, inizia il lungo cammino della disidentificazione.
Disidentificarsi è lasciare che un pensiero, un’emozione, un’azione siano solo fatti che accadono, non i propri fatti, solo fatti.
La capacità di superare l’identificazione, e di aprirsi alla realtà come semplice accadere, è fondamentale se si vuole scendere nell’intimo del vivere.
Siamo in presenza di un vero paradosso: scopriamo la vita solo quando non l’attribuiamo più a noi stessi!
Fino a quando esiste il “nostro” pensiero, il “nostro” bisogno, il “nostro” punto di vista non vediamo altro che le pareti della nostra officina, di quello che non abbiamo compreso: quando quel “nostro” scompare allora affiora ciò che è sempre stato lì, la semplice realtà che non è né nostra né dell’altro, semplicemente è.
Se la persona non fosse passata per l’identificazione non sarebbe giunta a scoprire il reale: se non avesse sperimentato il reale non potrebbe comprendere l’importanza dell’illusione, unica chiave al “ciò che è”.

Immagine tratta da: http://goo.gl/dHEI6H


 

Sabato 15: imparare a riconoscere e a lasciar emergere lo zero

C’è una dimensione di esistenza che non è condizionata dalla mente e dalle emozioni, è lo spazio del sentire che noi chiamiamo anche zero, vastità, essere.
Quella dimensione è sempre presente, non conosce oblio, siamo noi che da essa ci allontaniamo e, perduti nell’identificazione, dimentichiamo la sua esistenza.

Sabato 15 febbraio, all’Eremo dal silenzio a San Costanzo, discuteremo e faremo esperienza di quello zero, fondamento di tutto l’esistere.
Ore 15,45, arrivare in anticipo.
La partecipazione è riservata ai componenti del Gruppo del Sabato e a due ospiti eventuali.

La foto è di Mirco Belacchi

Fare spazio dentro di sé

Semplicemente osservando l’affollamento di emozioni e pensieri.
Basta osservare? No, se c’è identificazione con il contenuto dell’affollamento non succede niente.
E’ necessario aver compreso che le emozioni e i pensieri sono vento che va, non sono né noi, né la nostra esistenza.
Se si ritiene di essere quel pensiero, quello persiste; se ci riscalda quella emozione, quella permane.
Per fare spazio dentro di sé è necessario essere abbastanza stanchi di sé, perlomeno di quel sé che in modo piacevole o spiacevole occupa tutto lo spazio.
E’ facile stancarsi delle proprie pesantezze, ma delle cose piacevoli non ci si stanca e qui cade l’asino: bisogna lasciare andare tutto, senza distinzione.
Lasciar andare significa, osservare, essere consapevoli, non curarsi del vento che va, di ciò che attraversa i corpi dell’essere.
Da questo “non curarsi” sorge lo spazio, silenzi tra parola e parola, emozione ed emozione, azione ed azione.
Silenzi, spazi, stare non condizionato.

L’immagine è tratta da: http://www.panoramio.com/photo/70519925


 

Trattare ogni aspetto del quotidiano come se fosse il primo e l’ultimo

Se la consapevolezza illuminasse ogni aspetto del esistere le nostre giornate traboccherebbero di senso.
Quella consapevolezza darebbe luogo ad una profonda ecologia interiore: i pensieri, le emozioni, le azioni si allineerebbero senza fatica con il sentire.
Ogni aspetto che si presenta alla nostra attenzione è il primo e l’ultimo: viverlo senza presenza è non vivere.
Senza consapevolezza non siamo nella vita ma, tuttalpiù, nel pensiero di essa.
Come  fare? Affinché ciò che accade (pensiero, emozione, azione) illumini l’essere, è necessario che non sia connesso al passato e proiettato sul futuro: ciò che accade è ora e mai più.
E’ presente senza tempo.
Per poter entrare in quella dimensione la consapevolezza deve appoggiare innanzitutto sull’elemento corporeo: se l’essere corpo è presente, anche l’accadere senza tempo lo è.

Foto: http://fqwimages.com/, autore Fong Qi Wei

 

Raccogliere l’erba sul viale.

stamattina ho radunato in mucchi l’erba tagliata del viale per portarla via col trattore.
mi succede con i lavori ripetitivi, dove non c’è la necessità di stare concentrati sul pezzo o di stare attenti a non farsi male

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Mente, sofisticazione, disconnessione

Alessandro chiede di approfondire questa frase di Soggetto: “Ricordatelo, perché il punto centrale del nostro insegnamento diverrà molto simile a colui che dice: “Non c’è strada, non c’è mezzo, non c’è nulla, se non il silenzio della mia mente”, che non vuol dire semplicemente negare la propria mente, ma che significa sfidarla

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Dimenticarsi di sé

Quando esci dalla stazione di Cadorna, salendo le scale sulla sinistra c’è una rientranza dalla quale viene un intenso odore di orina.
Quel’odore è la chiave: parla di vita, di attese, di giocattoli in vendita, di precarietà.

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Mille volte

mille volte al giorno cado
mille volte al giorno nego
nei fili d’erba il mio volto ferito
come un germoglio schiacciato dal peso.

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L’esercizio della pazienza

Potremmo osservare le stagioni della natura e quelle della vita dell’uomo nell’ottica della pazienza.
Che cos’è la pazienza? Quello stato che sorge dal non essere vittime della spinta dell’identità che costantemente cerca scene nuove.
Come sorge? Allenandosi nella disconnessione da questa spinta.

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