Cristo-Cerchio Firenze 77/106: la resurrezione della carne

(Ultimo post della raccolta) D’altra parte, se tutto questo non vi piace, se vi ripugna l’idea della comunione degli esseri, se preferite l’individualismo integrale, c’è la meravigliosa concezione della “resurrezione della carne” che può appagarvi in pieno.

Pensate che meraviglia: al suono delle trombe del Giudizio, ogni uomo resuscita dalla cenere e riacquista le sue caratteristiche psico-fisiche per un tempo senza fine! Questa almeno è stata la riaffermazione dottrinale, ufficiosa, di un Papa (Giovanni Paolo II, ndr) che non sa più che espediente trovare per mantenere a galla una barca piena di falle, e non capisce che se ancora fa presa sulle genti, non è per la dottrina, la teologia che egli può offrire, ma per qualcosa di più grande e più vero: il bisogno dell’uomo di rivolgersi al Divino, di avere aiuto, protezione, ma soprattutto di credere che la propria vita abbia un senso.

Certo, se si paragona quella riaffermazione ad una legge emanata, ci voleva subito dopo il regolamento, o quanto meno una circolare esplicativa, perché contrapporre al concetto di evoluzione, di identificazione in Dio, il concetto dell’uomo di carne che rimane integro con le sue caratteristiche psico-fisiche per l’eternità, senza spiegare un po’ di più, è certamente poco.

Quali caratteristiche psico-fisiche? Perché dall’infanzia alla vecchiaia le caratteristiche psico-fisiche cambiano non poco. Allora, quali sono quelle che sopravvivono? C’è da augurarsi che siano quelle del momento migliore; però, anche se questo fosse vero, non sarebbe molto tranquillizzante. Infatti non si può dire che l’essere irosi, invidiosi, crudeli, egoisti, non siano caratteristiche della personalità di un uomo. E allora gli uomini continueranno a dare un così misero spettacolo del loro carattere per l’eternità?

Credo che, senza sprecare profonde speculazioni filosofiche, il semplice buon senso impedisca di sostenere una simile ipotesi; quindi c’è da credere che l’uomo risorto abbandoni tutti i suoi difetti e presenti solo virtù. Certo però non si può dire che conserverà  la sua personalità. E le caratteristiche fisiche? Pure lasciando perdere la bellezza o la bruttezza del corpo, che possono essere opinioni, non c’è dubbio che i difetti somatici, come le gibbosità o simili, sono caratteristiche somatiche dell’individuo, e allora? Rimangono per un tempo senza fine?

C’è da augurarsi che il corpo fisico risorto sia una copia riveduta e corretta di quella mortale; oppure che i difetti somatici, nella concezione della resurrezione dei corpi, non siano inclusi nelle caratteristiche fisiche. Forse appunto le caratteristiche del corpo fisico sono solo il colore degli occhi, dei capelli, l’altezza, la razza. Che dite? Allora non c’è che da augurarsi che automaticamente lo siate, oppure che per caratteristiche fisiche siano intese altre; per esempio, che so, il sesso.

Per carità, che cosa mi è sfuggito! Il sesso porta con sé una valanga di problemi, complicazioni, insoddisfazioni. E poi c’è da supporre che la vita, dopo la resurrezione della carne, sia una vita asessuata, come quella degli Angeli o di Adamo ed Eva prima della cacciata dal Paradiso terrestre, quindi sesso inteso così, semplicemente come fattore esterno somatico. I soliti prolissi potrebbero chiedersi: “Ma che cosa ci sta a fare?” Risponderei: “Niente. C’era prima ed è giusto che ci sia anche dopo. Serve a mantenere l’identità della persona”. Però a ben vedere, in che cosa consisterebbe “questa identità”?

Nelle caratteristiche fisiche no, o almeno in senso molto generale, cioè nel senso che tutti avrebbero due braccia, due gambe, due occhi e così via, insomma avrebbero un corpo umano. Ma questo sarebbe ben poco; tanto meno in senso psicologico di personalità, perché se levate o quanto meno modificate ad un uomo le sue inclinazioni, il suo carattere, ditemi se non modificate il suo modo di essere e quindi la sua identità, se per identità si intende appunto mantenere immutato il proprio essere?

E nel concetto della resurrezione del corpo, l’identità deve essere strettamente legata alla conservazione delle caratteristiche psico-fisiche, altrimenti che senso avrebbe conservare tali caratteristiche? Certo se il destino celeste dell’uomo è quello di restare un tempo infinito con le sue caratteristiche psico-fisiche, è un destino ben misero perché non c’è dubbio che tali caratteristiche condizionano e perciò limitano l’essere. Chi può affermare il contrario? Chi può ragionevolmente sostenere che i nostri vizi, le nostre debolezze o semplicemente i nostri gusti non ci limitano? Al limite le nostre stesse virtù sono condizionanti.

Ora, ditemi se non è stolto e cieco chi vanta se stesso così perfetto da desiderare di non cambiare. In tutta coscienza, corpo fisico a parte, per il quale la risposta è scontata, vi sembra che le vostre caratteristiche psichiche non potrebbero essere migliori? Certo le opinioni non fanno testo e perciò non dobbiamo interessarcene; ma sono sicuro che ogni uomo vorrebbe essere migliore in ogni senso già sulla terra, figuriamoci poi in un regno celeste che non conosca fine. (Aldilà dell’ironia e del sarcasmo di Kempis, si legga 1 Corinzi 15, 35-53 che afferma altro, a fondo pagina, ndr)

Il dilemma logico della resurrezione del corpo, credenza, badate bene, che non è esclusiva del Cristianesimo, perché è condivisa dal Giudaesimo (per approfondire), da cui appunto l’hanno tratta i Cristiani, e dallo Zoroastrismo, è un dilemma che si pone in questi termini: l’uomo, risorgendo con le sue caratteristiche psico-fisiche, rimane condizionato da esse. E allora, lasciatemelo dire, che futuro miserando! Oppure non ne è condizionato godendo di uno stato perfetto, e allora ditemi che cosa ci stanno a fare tali caratteristiche e, soprattutto, come si estrinsecano. Vi immaginate se gli uomini, da Adamo in poi, risorgessero con i loro caratteri umani, che campionario vi sarebbe nel regno celeste? L’uomo delle caverne, come sosterrebbe l’accostamento psico-fisico con il raffinato intellettuale del futuro?

Noi affermiamo un diverso destino dell’essere, in cui non esistono limitazioni, ma questo è possibile solo in una condizione di esistenza in cui non esiste carattere, personalità; in cui non esiste separatività e quindi rapporto dialettico, ma esiste completezza di sentire, comunione integrale, immedesimazione col Tutto. In tale condizione sopravviviamo, non come ci sentiamo di essere in questo momento, perché la nostra identità non è legata ai nostri limiti, e per conservare e far sopravvivere l’identità non è necessario conservare e far sopravvivere i limiti.

Per noi, conservare la propria identità, non significa rimanere sempre come si è, perché questo è assurdo; e poi basta esaminare la propria vita dall’infanzia in poi, per rendersi conto di quanto ciascuno modifichi il suo modo di essere. Nessuno è mai identico, perché ogni istante è diverso. Ed è così diverso, anche rispetto agli altri, che è identico solo a sé stesso, limitatamente a ogni istante. Solo Dio è identico a sé stesso e sempre identico, in quanto non muta mai.

Ora, se nonostante i cambiamenti ognuno rimane sé stesso, cioè conserva l’autocoscienza, la consapevolezza di esistere, ciò significa che l’identità non è legata alle proprie caratteristiche psico-fisiche, ai propri limiti. Per noi identità significa mantenere immutata la propria unità, attraverso al mutare degli attributi. E cioè che nell’essere permane, attraverso alle mutazioni, ciò che unisce una teoria di sentire, l’uno diverso dall’altro, punto comune di ognuno è il sentirsi di esistere, la coscienza d’essere.

Ma, badate bene, neppure il sentire di esistere permane o perdura immutato, tutt’altro. Per convincersene non occorre poter esaminare momenti dell’esistenza di un essere appartenenti a incarnazioni diverse; voi stessi, esaminandovi attimo per attimo, potete rendervene conto. Il vostro sentirvi di esistere, la così detta auto – coscienza dell’uomo, in un momento può essere esaltata dal buon umore, dall’entusiasmo e via dicendo. In un altro momento invece, può rivelare stanchezza, svogliatezza, abbandono; tuttavia al di là di ciò che la coscienza di esistere rivela, fa percepire, non c’è dubbio che essa non viene mai meno e che si mantiene nei più diversi stati d’animo, perciò è di natura indipendente da essi.

Dico “di natura indipendente” e non solo indipendente, perché in effetti quando il sentire non è sufficientemente ampio, la coscienza di esistere è legata agli stimoli che vengono dall’ambiente e che si ripercuotono nell’individuo per mezzo dei corpi grossolani; cioè l’individuo sente di esistere perché ha, quanto meno, sensazioni, cosi che dopo la morte del corpo fisico, siccome la coscienza di esistere non può mai venire meno, avere una soluzione di continuità, accade che l’essere ha, a breve termine, una nuova incarnazione proprio per avere gli stimoli necessari a far manifestare la sua coscienza d’essere. Invece poi, a mano a mano che la coscienza si amplia attraverso alle esperienze, il sentirsi di esistere, l’auto-coscienza, sussiste anche in modo completamente svincolato dalle sensazioni, emozioni, pensieri.

Perciò la vera sopravvivenza, la vera resurrezione, è la coscienza di esistere, il sentire d’essere che non viene mai meno, anche quando vengono meno i caratteri psico-somatici. Questa concezione, per essere accettata, non ha bisogno di un atto di fede, perché trova sostegno nella logica e nelle univoche affermazioni di chi ha sperimentato una tale condizione di coscienza.

Se io fossi Papa eviterei di porre l’accento su questioni dottrinali che possono essere accettate solo sotto imposizione dogmatica e tacitando il raziocinio con la comoda affermazione: “Le cose divine non possono essere comprese dalla mente umana!” Contesto solennemente questa affermazione! Certo Dio è uno stato di coscienza che può essere compreso solo provandolo, sentendolo. Tuttavia se Egli è il Tutto-Uno-Assoluto, ciò significa che ogni suo aspetto non è indipendente, ma è addirittura una consecuzione. Perciò la consequenzialità che lega ogni virtuale parte, punto di Dio, se non è l’essenza stessa della logica, ditemi che cosa è; e se è logica, allora il raziocinio se non può farla sentire può almeno farla capire. Certo va scoperta. Però quando si afferma che un tale concetto è la Verità, essa Verità si da per scoperta ed allora deve essere logica e così rimanere non solo in se stessa, ma anche di fronte a tutte le conseguenti implicazioni e sviluppi.

Se fossi Papa eviterei anche di affrontare i problemi umani sul facile terreno delle affermazioni che tutti possono sottoscrivere. Come ad esempio, che ogni uomo ha diritto ad un lavoro giustamente remunerativo, che non deve esserci sfruttamento, ingiustizia e che la fame nel mondo deve sparire. Infatti, osannanti folle di fedeli, e no, si compiacciono di queste parole. “Anche il Papa l’ha detto!” Vorrei proprio sapere perché un Papa dovrebbe dire il contrario! Tanto più che il solo dire così non costa niente. Sono sicuro che anche voi, senza essere Papi, vedendo qualcuno in ristrettezze economiche, vi sentireste di dire: “Poverino! Ti ci vorrebbe proprio un po’ più di denaro!” E se non lo direste sarebbe per la paura di essere picchiati, ammesso che chi vi ascoltasse fosse intelligente. Naturalmente, ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. Kempis, 24 Gennaio 1982

35 Ma qualcuno dirà: «Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?». 36 Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore; 37 e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere. 38 E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo. 39 Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci. 40 Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri. 41 Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un’altra nello splendore. 42 Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; 43 si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; 44 si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale.

Se c’è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che 45 il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. 46 Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. 47 Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo. 48 Quale è l’uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti. 49 E come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste. 50 Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l’incorruttibilità.

51 Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati, 52 in un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. 53 E’ necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.

Fonte: raccolta di brani sul Cristo del Cerchio Firenze 77 | Tutti i post del ciclo

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