Via della conoscenza: le relazioni libere e quelle complici 12

Partecipante: Allora la relazione è dare libertà all’altro.

Una voce: No. È riconoscere la libertà dell’altro. Altrimenti sei sempre tu la protagonista della sua libertà. La sua libertà già c’è, sei tu che non la riconosci, e puoi riconoscerla solo nel riconoscere il suo essere se stesso. Ma come può quel suo continuare a essere se stesso, e tu te stessa, a trasformarsi in unione? L’unione c’è già – e non un banale accostamento, o uno scambio di valori – ma viene riconosciuta solo quando l’altro è libero di mostrare la sua specificità, liberandoti dal peso del protagonismo, e viceversa. Stiamo dicendo che, nella libertà di essere l’un l’altro provocatoriamente dei diversi, si riconosce ciò che unisce perché cadono i paletti e le barriere, perché cadono i pregiudizi e perché dentro entrambi si apre il bisogno di svelarsi. La diversità è unitarietà, e non distinzione e separazione.

Tutte le relazioni, sia quotidiane che familiari o amicali non sono diverse da quelle formali o dagli incontri casuali, ma tutte, indistintamente, hanno la stessa base: sono effimere, impermanenti e ogni giorno mutevoli. Non sono come voi le volete: durature, solide, utili e soprattutto “vostre”.

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