22 aprile 2025
Lavorando sui post del Cerchio Ifior mi sono imbattuto in queste affermazioni:
Ma noi che sappiamo che se la vita ci pone davanti delle scelte e noi evitiamo di scegliere accadrà, inevitabilmente, che tali scelte ci verranno ancora riproposte e, quasi certamente, in condizioni ancora più difficili da gestire perché, evidentemente, quelle scelte hanno la finalità di indirizzarci a comprendere delle cose che, fino a quel momento, non siamo riusciti ad acquisire e a rendere sentitamente nostre. Che fare, allora?
Rimandare le nostre scelte di continuo fino a che diventano portatrici di una sofferenza sempre maggiore, o cercare di compiere delle scelte il più possibile immediate e nel momento in cui le condizioni di scelta sono più affrontabili?
Io credo che sia sempre meglio cercare di risolvere le situazioni nell’immediato, anche esponendosi al rischio di fare delle stupidaggini di cui poi ci pentiremo, dal momento che è proprio grazie a quegli eventuali errori che avremo la possibilità di essere maggiormente in grado di adeguare in maniera corretta le nostre risposte comportamentali alle situazioni più o meno simili che l’esistenza ci proporrà successivamente per testare il raggiungimento reale o meno della nostra comprensione. [Da A229]
Nei tre decenni di insegnamento ho scelto ogni giorno e ho indotto a scegliere ogni giorno, perché è scegliendo che l’asino si palesa: educare a una reattività è stato uno sforzo immane perché gli individui tendono a dilazionare e a evitare l’impatto delle scelte, questo proprio perché il scegliere svela e costringe a uscire allo scoperto.
Soprattutto la scelta immediata, rapida, sollecita è particolarmente svelante perché non permette calcoli e opportunismi, mascheramenti e nascondimenti: “Voglio sapere adesso cosa senti, come ti orienti, cosa vuoi, dove sei con il tuo cuore”, che domanda difficile, che pressione a volte insostenibile per alcuni.
Ecco, la pressione: il Sentiero è stato un luogo dove la pressione è stata sentita. Sentita perché esercitata da chi guidava? Certamente, perché era la nostra didattica: se non hai tempo per accomodarti dovrai svelarti, se ti sveli ti conosci e mi fornisci degli elementi per relazionarmi con te. Se ti mostri puoi sentire il limite operante e tutto ha inizio da questo.
Una Via non è una famiglia, non è una comunità, è il luogo che conduce diretti allo svelamento esistenziale.
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