Una voce: Il vostro concetto di gratuità è strettamente legato al modo con cui interpretate l’“azione” divina rivolta all’azione umana, sempre all’interno di una temporalità.
Per descrivere l’incontro con il Divino ricorrete a delle metafore che lo umanizzano, e vi dite che il Divino “vi dona”, però non Gli attribuite direttamente alcuna gratificazione nel donare, perché pensate che lo faccia per sommo amore. Comunque, è latente una domanda: “Perché il Divino dona, offrendo qualcosa che è eccedente i meriti umani?”; come risposta ricorrete a un significato molto sottile, che vi fa dire che nel Suo dono c’è l’intento di ricondurvi a Sé, facilitandovi il percorso.
Attenti, qui è nascosto un tranello: state proiettando sul Divino un’immagine umana, cioè date a Lui intenzioni e volontà per spiegarvi ciò che Lo spinge a elargire eccedenza, anche se non c’è alcun significato e alcuna risposta umanamente comprensibile che possa svelare un mistero che è insondabile. La presenza del Divino nel relativo non è altro che un balenio. Quindi, domandarsi: “Come mai il Divino dona?” è un trabocchetto che vi impedisce di riconoscere che in tutto ciò che accade c’è unicamente gratuità.
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Il Divino è indicibile e trascendente, pertanto non può esserci alcuna risposta alle domande: “Come mai agisce così e non colà?”, o: “Come mai resta muto e non agisce?”, oppure: “Come mai non riconosco la sua azione?”. Non trovate risposta, perché volete dare un vostro significato a un moto assolutamente gratuito, sempre imperscrutabile e inaccettabile, anche perché è la negazione di come “dovrebbe essere” la relazione secondo i vostri parametri associativi. Infatti, vi siete creati un‘immagine divina che favorisce, che sostiene e che libera l’uomo dagli ostacoli presenti nella via del “passo dopo passo”. E anche quando incontrate periodicamente difficoltà, dolori e dispiaceri, attribuite a essi l’intenzione da parte del Divino di farvi comprendere le vostre fragilità e anche i vostri sbagli, poiché vi dite che il dolore rappresenta un momento di forte riflessione e di rielaborazione.
Ed ecco, di nuovo, attribuita al Divino la funzione di supporto all’uomo, cioè ci troviamo di fronte a un’azione di somma saggezza che accarezza l’uomo, lo sostiene, lo protegge, lo scuote un po’ per renderlo consapevole, e tutto questo con quell’immenso amore, sempre misurato coi parametri umani.
Il Divino agisce? No, tutto accade gratuitamente senza un perché comprensibile per voi. E accade rovesciando i capisaldi che avete eretto, ma non sempre provocando sofferenza, a volte incantandovi, per poi mostrarvi una faccia che nel vostro immaginario giudicate opposta. E così vi dite che ora il Divino vi dà, ora vi toglie con un unico intento: quello di rendervi consapevoli di voi stessi e consapevoli che nel Suo dare e togliere c’è un amore immenso che sa comprendere e che tutto accoglie. Ma davvero il Divino “distingue” tra un’azione e l’altra? Davvero “misura” coi vostri parametri? Davvero “pensa” che ora è più utile questa azione, ora è più utile quell’altra?
Il Divino è trascendenza, è mistero, è immoto, e ciò che si muove nel divenire è azione che, non essendo guidata da alcuna intenzione, non avendo alcuno scopo, non avendo preferenze e non avendo barriere, si presenta in modo non-prevedibile ed imperscrutabile. Il Divino vi incanta e poi vi tradisce? Vi seduce e poi vi abbandona? Vi premia e poi vi punisce? Quanto “io” c’è in tutto questo! Sul Divino l’uomo non può che creare concetti.
È gratuità il moto divino nel divenire, che è la realtà che l’uomo non è in grado di comprendere. Perché voi concepite un Divino quasi indaffarato nel pungolarvi e nel sostenervi nei vostri progetti e nelle vostre difficoltà, non comprendendo che la gratuità non è la risoluzione ai bisogni del singolo uomo, alle sue necessità e alle sue insufficienze, e che quella che chiamate l’“azione” del Divino è semplicemente indefinibile, imperscrutabile ed eccedente. Nel riconoscerlo, si affaccia un diverso interrogativo: “Ma poiché nulla è importante di ciò che mi riguarda, su che cosa posare la mia attenzione?”. Rimanere in quel dubbio, non dandosi alcuna risposta, fa spostare l’attenzione su ciò che è altro da sé, senza più il bisogno di domandarsi: “Mi serve o non mi serve questo fatto o questo incontro?”.
Ma essendo l’uomo abituato a orientarsi nella vita alla luce del passato, agisce ripetendo strade già percorse e situazioni già risolte, nascondendosi che ciò che si presenta è sempre nuovo e irripetibile. Il suo bisogno è quello di riportare tutto a qualcosa che gli sia noto, cioè già affrontato e già risolto, perché verso ciò che è non-noto lui si sente impreparato e si difende. Questo lo riproduce anche nella relazione che lui crea fra umano e Divino per riuscire a spiegarsi quel profondo mistero. Il Divino diviene, secondo l’uomo “in cammino”, un Colui che perdona, che ama e che soccorre in maniera superlativa, poiché si sta nascondendo di restringere l’“azione” divina dentro un campo che è lui stesso a governare, dove la relazione dominante che crea è sempre quella fra insufficienza ed eccedenza.
Nel dare importanza al giudizio di insufficienza dell’azione che si compie, l’uomo sta occultandosi di fatto che l’eccedenza divina è il manifestarsi della gratuità nel relativo, ed è un’“azione” mai prevedibile, un moto che non si comprende e un’apertura verso l’ignoto che resta profondamente non-noto. Il mostrarsi dell’eccedenza divina, rivolta all’umano, non è da esaltare come “azione” sublime e non è da invocare, così come non crea privilegi, non crea svantaggi e nemmeno eletti, ma è il mistero che si manifesta costantemente e indistintamente nel divenire. Nessun premio, nessun castigo: è semplicemente ciò che è.
Perché è presente ovunque la gratuità dell’eccedenza, che voi chiamate “azione” del Divino, ma non ha alcun rapporto con la vostra insufficienza di uomini “in cammino”. La gratuità è qui e ora, dovunque, sempre e mai legata a niente e a nessuno. E il Divino non è quell’immagine che costruite sotto forma di un “qualcuno” che entra in contatto diretto con voi; non esiste quel rapporto che voi create fra uomo e Divino: non c’è Colui che dona e non c’è colui che riceve il premio individualmente. E voi non siete il punto più alto del creato e il punto più prossimo al Divino; è la non-consistenza che definisce ogni essere.
Sapete dirci che cos’è che accomuna un uomo a una pietra, o a un insetto, oppure a un qualsiasi altro essere vivente?
Partecipante: Il nascere e il morire?
Una voce: Cioè l’impermanenza, che è espressione della gratuità. Tutto nasce e tutto muore, tutto è equivalente nel nascere e morire, e nulla c’è di specificamente prezioso o particolare nel moto che porta il nascere a morire, poiché tutto è effimero. La gratuità è ciò che non esprime significati, non esprime connessioni e non esprime motivazioni; la gratuità è semplicemente la profondità della realtà nel relativo, e si mostra solo agli occhi placati di chi non ha più nulla da pretendere e più nulla da trasformare. In quel momento si riconosce l’“azione” del Divino in tutto ciò che accade, così come accade.
Ma che cosa sono i fatti per l’uomo? Sono il risultato che è stato formulato attraversi i pensieri e le emozioni che lui si attribuisce, e che si traducono in azioni e in comportamenti. Tutto ciò che lui incontra sulla sua strada viene riferito al suo centro di individualità, da lui stesso creato attraverso continue connessioni, in assenza delle quali quel centro non sussiste. Quindi, quel qualcuno, nato dalla connessione fra pensieri, emozioni e azioni, quando si trova a percorrere una via interiore, ha bisogno di chiamare in campo un diverso “Qualcuno” ben più potente e ben più capace per fargli fare i “passi in più”, poiché giudica se stesso insufficiente.
Ciclo gratuità della Via della conoscenza
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Parole che muovono commozione
L’umano sopraffatto dal mistero della gratuità lo tramuta in eccedenza rispetto alla sua insufficienza e rende quella eccedenza funzionale a lui, dichiarandola “eccedenza non meritata” e dunque “dono”. C’è molto poco di gratuito in tutto ciò.
Post importante, soprattutto la parte che riguarda la relazione col divino, poiché sappiamo che non è il divino che interviene a nostro piacere, sui fatti della vita, ma questi fatti accadono per le nostre comprensioni.