Le persone che frequentano gli intensivi, soprattutto se non sono assidue, corrono il rischio di non comprendere e non assaporare la reale natura contemplativa di essi.
Queste persone, ma non solo esse, incorrono in un errore di fondo: considerare il momento delle sessioni come il centro di ogni giornata.
È un errore grave: le sessioni sono un momento tra i tanti, sicuramente tra tutti, secondo il mio personale punto di vista, quello meno contemplativo.
D’altra parte, non è quella la loro funzione: una sessione, dopo i canti iniziali dei quali parlerò in seguito, è essenzialmente un momento formativo, il tempo in cui la persona lavora degli aspetti di sé per conoscerli, trasformarli e infine abbandonarli.
intensivi
Il superamento della nozione di straordinario e la realtà dell’ordinario
Il mattino di venerdì, mentre noi arrivavamo all’Eremo di Fonte Avellana, un gruppo di persone di varie nazionalità terminava l’intensivo di Vipassana durato dieci giorni: ci lasciavano un ambiente vibratorio ideale.
Una coincidenza interessante: usciva un modo di vivere la via spirituale profondamente ancorato al silenzio e alla pratica meditativa, ed entrava un mondo senza-forma che non è incernierato né sul silenzio, né sulla pratica meditativa e che supera la nozione stessa di via spirituale.
Dieci giorni di meditazione Vipassana sono una esperienza indubbiamente straordinaria, una prova.
L’atteggiamento interiore nella nuova stagione degli intensivi (dal 2017)
Si può venire ad un intensivo mossi da due motivazioni apparentemente identiche:
– per imparare e vivere;
– per vivere e imparare.
La prima disposizione, in questa nuova stagione degli intensivi, non vi porterà alcun frutto. Perché?
Perché è fondata sulla preminenza dell’imparare, dunque su di una aspettativa, dunque su di un bisogno.
All’origine ha il moto del prendere, del ricevere e vede e interpreta la realtà al servizio del suo bisogno.
In questa disposizione il vivere è conseguente all’imparare, un corollario.
Nella seconda disposizione, quella giusta in questa stagione, al centro c’è il vivere: l’imparare è intrinseco ad esso, ma non è preminente, né è finalità perseguita.
La persona che viene per vivere è disposta a misurarsi con le situazioni, a viverle per quel che sono, a non aspettarsi niente di speciale.
Ecco, venite, vivete e non aspettatevi niente di speciale: allora la vita verrà e dichiarerà la propria ordinarietà e in questa troverete l’essenziale.
La relazione tra sentire di coscienza
Vorrei sviluppare quanto emerso nell’Essenziale di ieri.
Le menti-identità leggono i frammenti della realtà, per loro natura non colgono l’insieme ma il particolare e sono mosse da un bisogno di presenza, di manifestazione, di relazione con le loro pari.
Hanno, giustamente, l’esigenza di calare un impulso, una conoscenza, un assaggio di comprensione nella loro vita, di incarnarli, di trovare il modo per farli divenire vita nel quotidiano.
Il quotidiano, tema dei gruppi e degli intensivi del Sentiero
Settembre 2015 – giugno 2016, tema di fondo dei due gruppi “L’essenziale” e degli “intensivi”: il quotidiano.
Il tema di ogni mese viene affrontato nei due gruppi e approfondito negli intensivi.
Ogni incontro dei gruppi e ogni sessione degli intensivi alternano esperienze ed analisi: ciò che viene affermato, viene anche sperimentato nella stasi e nel movimento, in un processo continuo.
Settembre 2015
Lo spazio tra parola e parola; tra parola ed emozione; tra parola-emozione-azione.
Ottobre 2015
I fatti sfilano. Tutto è fatto e tutto sfila.
Novembre 2015
La ricerca dell’eclatante, la banalità del quotidiano.
Dicembre 2015
Banalità è un’etichetta della mente. Come etichetta, cosa cerca, cosa è importante per la mente.
Gennaio 2016
Tutto naufraga sotto i colpi della routine, anche i rapporti, innanzitutto i rapporti.
Febbraio 2016
Grande – piccolo; importante – irrilevante; degno – indegno.
Marzo 2016
L’attendere.
Aprile 2016
Lo sperare, il desiderare, il divenire artefici oltre speranza e desiderio guidati dalla sola fiducia.
Maggio 2016
Chi conduce chi. La fiducia e l’abbandono come radici e compimento del vivere.
Giugno 2016
Tutto scorre. Tutto è.
Un intensivo di contemplazione, meditazione, formazione nel cuore dell’inverno
Dal 16 al 18 gennaio 2015 saremo al monastero di Fonte Avellana per l’intensivo di contemplazione, meditazione, formazione: nel cuore dell’inverno, dopo il periodo delle feste che, forse, per alcuni di noi è stato di eccessiva esposizione, compiamo il gesto del ritorno a sé, in uno spazio fatto di discrezione, misura, equilibrio.
L’inverno, per sua natura, induce al gesto consapevole, all’espressione misurata, allo stare protetti nell’intimità.
Una piccola comunità di persone che per tre giorni si ritrae dal mondo e si ritrova per ascoltarsi, per accogliere, per risiedere in ciò che accade è una benedizione, un dono per sé e, forse, anche per gli altri.
Il sabato la nostra giornata inizia con l’alzata alle 5, per sederci in zazen alle 5,30: il fruscio appena udibile delle persone che si dispongono ai loro posti, il silenzio assoluto, la battaglia contro il sonno, lo stare nella gratuità perché a nulla serve zazen. La luce del giorno che pian piano avanza, la capacità di rimanere desti ormai stabilizzata, il pensiero che si è arreso, la pretesa di fare bene divenuta irrilevante, l’accoglienza senza condizione di ciò che c’è, così come è.
L’aria tersa del monte, il freddo che morde, i passi che si succedono, il vuoto interiore senza alcun condizionamento durante la passeggiata meditativa sul monte.
L’incontro durante i pasti, il calore e l’odore dei cibi, la fraternità leggera, la comunione profonda: esseri che sono entrati portando un nome e man mano che sono scesi nelle viscere dello stare, lo hanno perduto.
Rimangono solo gesti, parole, silenzi, il vapore della tisana durante la cerimonia della condivisone, la comunione dei sentire.
Foto di Roberto D’E.
Le immagini dell’intensivo di formazione e contemplazione del 26-28 settembre 2014 al monastero di Fonte Avellana
L’esperienza di tre giorni al monastero di Fonte Avellana: meditazione, formazione, condivisione, silenzio, fraternità.
Le foto sono di Roberto D’E. che ringraziamo vivamente.
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Saper stare nelle situazioni indipendentemente da ciò che producono in noi in quel momento
Qui trovate le interessantissime osservazioni di Roberto D’E. e di Silvano sulla loro esperienza dell’ultimo intensivo di formazione e contemplazione a Fonte Avellana.
E’ possibile vivere ore e giorni aldilà del giudizio e dell’aspettativa? Oltre la frustrazione? Oltre la fatica? Senza lasciarsi condizionare da ciò che nell’ambiente muta, si avvicenda, si genera?
E’ possibile risiedere così tanto nello stare, nella consapevolezza che la vita accade e lo fa secondo la sua intenzione che non ha bisogno di un nostro commento, di un ricamo, di un’aggiunta?
E’ possibile abitare un’officina esistenziale sapendo che ogni respiro ci trasformerà, anche se i polmoni soffrono nell’inalarlo?
E’ possibile sperimentare la vita come insegnante, l’altro come maestro, le situazioni come le mani che ci modellano facendoci argilla?
I nostri intensivi sono momenti di vita intensa, radicale e parlano all’interiore di ciascuno, lo provocano, lo scuotono, lo logorano, lo sostengono, lo accompagnano.
I nostri intensivi di formazione e contemplazione non sono e non danno consolazioni, sono anni luce lontani dal circo dello spirituale a consumo.
Potrei paragonarli alla vita di coppia, a quella intensità, complicità, tensione esistenziale: se i partner, in una coppia, cercano solo il benessere e il piacere durano poco, la vita di coppia è un processo esistenziale di lungo corso e di intensa pregnanza.
La vita comunitaria, le giornate di un intensivo hanno la stessa natura profonda, la stessa pregnanza esistenziale: solo una persona che non ha compreso ciò che ha vissuto può dire:”Mi è piaciuto, non mi è piaciuto. Sono stato bene, sono stato male”.
Chi è davvero entrato nel ventre dell’intensivo ha visto se stesso, i suoi molti volti e non sempre si è sentito rassicurato; ha visto la gioia e la leggerezza, la pesantezza e il logoramento; ha visto la solitudine e la comunione dei sentite; ha visto la vita nella sua radicalità e ha imparato, ha dovuto imparare se voleva restare, ad andare oltre il giudizio e l’aspettativa, oltre il lamento, oltre il vittimismo, oltre tutto ciò che lo definisce come soggetto personale.
La natura degli intensivi è tale che il partecipante è portato passo passo, a volte in modo docile, altre in mezzo alle resistenze, ad andare oltre di sé, a dimenticarsi di sé.
C’è fatica? E’ un fatto. C’è leggerezza? E’ un fatto. C’è rifiuto? E’ un fatto. C’è fusione? E’ un fatto.
Chi in questo atteggiamento risiede sa che la propria vita è dentro ad un vortice di trasformazione della cui portata non può dire, ma avverte chiaramente che nulla può rimanere come è stato, ogni aspetto dell’essere proprio viene scarnificato, ricostruito, rimodulato, fatto nuovo dalle esperienze.
Contemplazione: la nostra umanità è una porta
Ore e giorni prima di un intensivo, osservatorio privilegiato dell’umano e delle sue reazioni.
Con gli occhi dell’umano, con lo stare delle contemplazione viene osservato ciò che nell’interiore sorge, ciò che nell’ambiente si manifesta senza che interiore ed esteriore vivano alcuna separazione.
1- La scomparsa di qualunque atteggiamento spirituale:
– è atteggiamento spirituale l’ammantarsi di speciale;
– il connettersi ad un archetipo fatto di atmosfere, gesti, stati: una sorta di rappresentazione rituale, di comprensione di sé dentro ad un paradigma.
C’è stato nel tempo, ora non se ne vede più traccia.
2- La consapevolezza che l’umano è la porta che mette consapevolmente in rapporto/relazione più mondi di sentire:
– coscienza ed umano vengono vissuti nella loro inscindibilità;
– umano non significa identità, significa la stanza al piano terra di un palazzo;
– totale inconsistenza della danza identitaria perché non sorretta da identificazione;
– nessuno stato particolare riconducibile alla sfera mistica;
– prevalenza della attitudine/disposizione giocosa;
– piena gratuità.
3- Lucida consapevolezza che non c’è un attore in scena, che l’intero gioco è affidato ad altro:
– assenza del protagonista e del sentirsi in causa come tale;
– assenza di scopo che non sia il servizio all’accadere;
– fiducia senza condizione che ciò che deve accadere accadrà.
L’umano è una stanza senza porta e senza finestra; il palazzo è fatto di stanze senza porte e senza finestre:
l’aria fresca dell’alba le attraversa e porta con sé il canto degli usignoli.
Immagine da: http://goo.gl/ZYaCZT