In zazen si abbandona il non essere

In zazen si sceglie di non essere mente: in virtù di questa scelta che diviene atto di disconnessione ripetuto, il praticante È, la realtà È, ogni fatto È.
Questo solo perché è stato scelto di non identificarsi con il processo mentale ed emotivo.

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Il particolare e l’insieme, simultaneamente (in merito a tenzo kyokun 4)

“Se i sei gusti non sono curati, se le tre virtù non sono garantite, allora non c’è offerta del tenzo ai monaci”. Per prima cosa mentre ispeziona il riso, insieme vede la renella, mentre ispeziona la renella insieme vede il riso, se osserva avanti e indietro fin nei minimi particolari senza distrarre lo spirito, con naturalezza le tre virtù si armonizzano, i sei gusti si ordinano.

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Tenzo Kyokun: “Pur vedendo un aspetto ne perda di vista un altro” [4]

4. La selezione del riso, la preparazione delle verdure e tutto il resto lo controlla da vicino in prima persona, opera con spirito diligente e cuore sincero, non sia mai che per un attimo di incuria e pigrizia pur vedendo un aspetto ne perda di vista un altro. In mezzo all’oceano della virtù1 non dà via una sola goccia, sulla cima della montagna delle buone radici2 ancora aggiunge anche un granello soltanto.

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