Buddhadharma: la condizione di essere svegli [Antai-ji2]


Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
Aprendo una volta sola la mano del pensiero, tutti i problemi si sistemano. Per quanto ci s’ingegni a mettere in ordine ogni cosa di testa propria, non ci si riesce. Infatti è la nostra mente che suscita tutti i problemi, e per questo dobbiamo aprire la mano del nostro pensiero. Ecco il significato di “lasciar cadere corpo e mente”, abbandono di corpo e mente. In quel momento tutti i problemi cessano. Vi è una breve poesia che dice:

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In zazen si sperimenta la realtà come ‘fatto’ liberato dal divenire

Lo zazen è l’esperienza della vita affrontata senza uno scopo.
La vita nel divenire è tale perché ogni fatto ha e deve avere un scopo: l’essere protesi ‘verso’, consapevole o inconsapevole che sia, crea la successione dei fatti e la loro finalizzazione.
Non avere scopo e fine distrugge il processo del divenire perché ne mina le basi.

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In zazen si abbandona il non essere

In zazen si sceglie di non essere mente: in virtù di questa scelta che diviene atto di disconnessione ripetuto, il praticante È, la realtà È, ogni fatto È.
Questo solo perché è stato scelto di non identificarsi con il processo mentale ed emotivo.

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