Quello che è rimasto indietro

Spero non sia sfuggito all’attenzione del lettore il post di ieri.
Il rischio, forse il pericolo, che corriamo noi tutti ricercatori dell’interiore nel percorrere con determinazione la via dell’unificazione, è quello di conseguire frammenti di unità e su quelli insistere e sperimentare per ampliarli, non riservando cura e attenzio-ne sufficienti a quelle parti del nostro essere che sono rimaste indietro.

continua..

Gli equivoci sull’illuminazione

Ma voi quando dite che uno si può illuminare anche in questo momento, che cosa intendente dire? Se per comprendere in modo totale tutte le nostre esperienze dobbiamo “fare” le nostre esperienze, come possiamo “illuminarci” in questo momento?
Semplicemente comprendendo.

continua..

La quotidianità dell’evoluto

Tratto dal volume “La farfalla”, Cerchio Ifior, pag 311

L’individuo evoluto è l’individuo che vive la propria vita soffrendo per le situazioni difficili che gli si presentano, oppure rallegrandosi ed essendo felice per le situazioni belle, piacevoli che la vita gli porta.
L’individuo evoluto è colui che lavora e dal suo lavoro trae a volte gratificazione, a volte insoddisfazione.
L’individuo evoluto è l’individuo che ha, magari, una famiglia o dei rapporti affettivi, e a volte reagisce con trasporto, a volte invece lascia andare, e si mostra magari più egoista di quello che ci si potrebbe aspettare.
Insomma, l’individuo evoluto non è altro che un essere mano come tutti gli altri immerso in una esperienza da essere umano, nella quale si presentano le esperienze che anche gli altri esseri umani hanno.
Dove sta la differenza?
L’individuo evoluto si trova ancora davanti a esperienze dolorose, difficili, ma, pur soffrendo o pur sentendo queste difficoltà, non lascia che queste esperienze lo sovrastino e gli facciano dimenticare le persone che ha intorno, le responsabilità che aveva già prima di affrontare queste esperienze; non lascia, quindi, che queste esperienze dolorose vadano contro a quelli che sono i suoi doveri e i suoi voleri, non lascia che siano esse a guidare la sua vita, ma le accetta come parte della sua vita, da vivere e da risolvere se e soltanto è possibile.
L’individuo evoluto è quello che si reca al lavoro e incontra – come dicevamo prima – le difficoltà, le gratificazioni o le insoddisfazioni che può incontrare qualunque persona in ambiente lavorativo e che, pur tuttavia, non è recalcitrante a fare ciò che sa che deve fare, perché si rende conto che se ogni persona facesse per la società, in campo lavorativo, quello che dovrebbe fare, onestamente, sinceramente, cercando di fare del proprio meglio, senza cercare di calpestare gli altri e via dicendo, tante cose potrebbero cambiare nella società stessa.
L’individuo evoluto è quello che si rapporta con le persone con cui ha un rapporto affettivo, riuscendo a dare a queste persone ciò che sente che esse abbisognano di avere.
Il che vuol dire, saper essere dolci quando è il momento, saper essere duri in altri momenti, sapersi magari dimostrare egoisti al fine di far comprendere una parte dell’egoismo altrui, attraverso lo specchio di se stesso.
E, questo, è forse il compito più difficile che l’individuo evoluto possa assumersi, in quanto essere esempio, maestro per gli altri non è mai una cosa da prendersi alla leggera. L’individuo evoluto, quindi, non è necessariamente, come qualcuno può immaginare, l’individuo carismatico, il Cristo, l’illuminato che chiunque osserva può dire: “Costui è l’ultima incarnazione”.
Se così fosse, creature, quante persone che voi vedete intorno a voi potrebbero mai essere veramente all’ultima incarnazione?

Illuminazione: semplice comprensione

Tratto da: Cerchio Ifior, L’Uno e i molti, volume secondo, pagine 58 e 59

D: Ma quando voi dite che uno si può illuminare anche in questo momento, che cosa intendete dire?
Se per comprendere in modo totale tutte le nostre esperienze dobbiamo farle queste esperienze, come possiamo “illuminarci” in questo momento?
R: Semplicemente comprendendo.
D:Però, se per arrivare alla comprensione devo fare l’esperienza, come posso farle tutte in un momento? E’ impossibile!
R: Infatti.
D: Allora perchè dite che ci si può illuminare in questo momento?
R: Ma tu sai quante esperienze hai fatto prima?
D: No.
R: Allora come fai a dire che è impossibile? Noi non abbiamo detto, come hanno detto altri, che ci si può illuminare nel corso della “prima vita”, ma certamente dopo un certo numero di esistenze, l’illuminazione (se così la volete chiamare, per quanto sia un bruttissimo termine, secondo me) può arrivare in qualsiasi istante.
D: Allora, scusami, che cosa intendete per illuminazione?
R: La comprensione.
D: Di ogni esperienza fatta però, non di quelle ancora da fare. Perchè io intendo “illuminazione totale, cioè già la fine.
O sbaglio l’interpretazione?
R: Quella che voi chiamate “illuminazione” e che viene interpretata come la fine dell’evoluzione – cosa che assolutamente non è vera, tanto per incominciare – non è altro che il raggiungimento di un canale preferenziale che in un qualche modo mette in contatto con la divinità.
D: Cioè?
R: Con Dio. Quindi l’illuminazione non è la fine dell’evoluzione, non è l’immersione in Dio, ma è il raggiungimento di Dio attraverso qualche canale, un canale soltanto, magari il canale del misticismo. Attraverso particolari meccanismi esperiti nel corso di una vita, il mistico può arrivare a “toccare” figurativamente Dio; ecco allora questa illuminazione, per cui la sua coscienza sembra aprirsi alla totalità e arricchirsi dell’Assoluto.
D: Perchè “sembra”?
R: Perchè, ho detto, sembra riemprirsi e aprirsi..
D: E’ una sua illusione, o sensazione, oppure..
R: Certamente, in confronto a come era l’apertura, il riempimento è enorme; però non è ancora l’immersione, la fusione nel Tutto.
D: Comunque questo presuppone una strutturazione del corpo akasico non indifferente.
R: Si e no. E’ necessario senz’altro passare attraverso il corpo akasico ma, proprio in base a quello che ho detto un attimo fa, non è necessario che il corpo akasico sia enormemente strutturato perchè ciò accada.
D: Fose deve essere strutturato in una certa direzione piuttosto che..
R: Deve essere più direzionato, direzionale. Può trovare un canale che in un qualche modo è più diretto verso il raggiungimento di questa piccola punta di unione con l’Assoluto, con la Divinità. Certamente, ripeto, non è la fine dell’evoluzione.