Relazione, sacralità dell’incontro con il “mondo in sé”

[…] La via della Conoscenza afferma che solamente un essere che vive una quiete interiore può riconoscere il mondo in sé.
[…] Colui che si trova immerso in uno stato di quiete interiore vive la propria umanità in modo naturale, cioè è costantemente in contatto col mondo in sé, continuando a provare emozioni, a vivere pensieri ed a manifestare comportamenti.
Nel mondo in sé la relazione è interconnessione: si è immersi in un mondo dove tutti gli esseri sono interconnessi fra di loro senza distinzioni e senza paragoni.

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L’esperienza unitaria che sorge da divenire ed essere

Se ciò che accade è qualcosa che viene per me e, simultaneamente, un fatto che accade e basta e che non mi riguarda in quanto soggetto e artefice, come minimo esco frastornato da questa antinomia.
Come tenere assieme questi opposti? La mente dice che una scelta sarebbe opportuna: delle due, una può essere l’opzione coltivata.
E invece la mente non vede, come quasi sempre le accade, l’evidente: il divenire che si palesa è l’espressione dell’essere che ne è l’origine e dunque, nel mentre vivo i fatti che parlano a me come soggetto e artefice, posso cogliere la natura più intima di quei fatti e scoprire che essi sorgono dall’essere senza tempo e senza scopo e quello sono e testimoniano.

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Vivere nella pienezza è riconoscere ciò che già c’è

[…] Il riconoscimento, però, nasce da un vuoto interiore, cioè dall’essere svuotati e liberati di tutto quello che è contenuto nella vostra mente sotto forma di oggetti psichici che continuate a creare interpretando i fatti che accadono dentro e fuori di voi.
[…] La vostra attività mentale è vivacissima per la quantità, per la varietà e per la confusione con cui pensieri ed emozioni si affollano nella vostra testa.
Questa continua eccitazione non vi permette di incontrare una dimensione che si mostra soltanto ad un placarsi che la via della Conoscenza definisce come stato interiore, in cui il pensiero, l’emozione e l’azione non sono condizionati dalla vostra mente.

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La perdita di sé stessi e l’essere specchio

[…] Quando muoiono gli oggetti psichici che imprigionano l’uomo ancora identificato nella propria mente, cessano le aspettative, cessano le delusioni, cessano i timori ed emerge un fondo di dolcezza per tutto ciò che accade, sfaccettandosi ai suoi occhi.
L’uomo lo vive senza aggiungervi spiegazioni, finalità o etichette; ed è da lì che nasce una nuova tenerezza che è accoglienza per quell’altro da sé – fatti o esseri – che si presenta.
Se stesso e l’altro sono espressione del mondo dell’accadere, che lui può riconoscere perché è morto dentro di lui un mondo tutto suo.
Esiste già quel mondo al di là della vostra consapevolezza, un mondo di cui siete espressione, ma voi non lo riconoscete perché siete abituati a rappresentarvi un mondo duale legato al vostro “io”.

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