Eremo dal silenzio

Il ritmo delle giornate
Le giornate nell’eremo si svolgono secondo un ritmo costante lungo tutto il corso dell’anno. Questa è un’ esigenza imprescindibile: nel ritmo dei giorni sempre uguali a se stessi da un lato la mente si ribella, dall’altro si placa sotto lo sguardo che la contempla.
La giornata è dedicata ai piccoli lavori dell’orto, del campo, della casa e al semplice stare; la gran parte del tempo è vissuta senza finalità e senza scopo coltivando, per quanto a noi possibile, il risiedere nella disposizione meditativa e contemplativa.
Non c’è alcuna separazione tra meditazione, contemplazione e vita: ogni istante è quella pratica, ogni attimo dell’intera giornata è quel gesto di abbandono all’adesso, di svuotamento di sé, di disponibilità a perdere il proprio confine lasciando che l’altro, qualunque cosa, o persona, o fatto esso sia, si affermi.

La nostra storia
Quando è iniziata questa storia? In anni lontanissimi quando chi scrive era ancora bambino.
L’incontro fondamentale è stato, all’incirca verso la metà degli anni ’80, con gli amici della “Stella del mattino”, che allora era solo una comunità buddista zen e poi è diventata una comunità di dialogo interreligioso. Anni intensi di confronto, di lavoro, di pratica, di studio. Poi le nostre strade si sono divise e il cammino è continuato in solitudine.
Nel 1993 chi scrive ha abbandonato il lavoro e il ritiro nella vita solitaria, silenziosa ed appartata, si è fatto più intenso. Da allora è anche iniziata l’attività di accompagnamento e di insegnamento rivolta a singoli e a gruppi.
Nel 2002 è avvenuto l’incontro con la via della Conoscenza che è continuato fino all’autunno 2006. E’ stata la naturale continuazione della formazione intrapresa nello zen e sono stati anni di esperienza e apprendimento incomparabili.
Il dividersi, alla fine del 2006, della nostra strada dalla via della Conoscenza, ci ha condotti ad impostare, anche teoricamente, quell’esperienza che definiamo “il Sentiero contemplativo”. Da allora la spinta a ricercare è andata affievolendosi per poi scomparire.
L’orizzonte di oggi è rappresentato da questo piccolo quotidiano cui nulla manca e coloro che cercavano un senso non pongono più domande.

La nostra esperienza

Non è facile per noi rappresentare attraverso le parole un’esperienza interiore che si svolge ormai da molto tempo, che è diventata anche un insieme ordinato di concetti ma, essenzialmente e prioritariamente, è esperienza, vita quotidiana, un modo di stare davanti ai giorni, a sé, all’altro.
Riportiamo di seguito alcuni brani, scritti all’incirca nel primo decennio del duemila, che fissano alcuni aspetti dell’esperienza e della visione che sperimentiamo.
La nostra vita è intessuta della pratica della meditazione e della contemplazione: il processo della conoscenza di sé diventa consapevolezza che si espande in meditazione e, da questa, in contemplazione: questa è la nostra pratica di ogni giorno e di ogni momento e questo, senza pretese, cerchiamo di comunicare.
Altri brani si trovano in Taccuino spirituale.

Il sentiero: consapevolezza, disconnessione, contemplazione
Il sentiero contemplativo è una piccola via alla libertà interiore attraverso il quotidiano insignificante. Il sentiero è semplice, fornisce gli strumenti per conoscere la mente…

La conoscenza di sé fondamento della via spirituale.
Questo è il fondamento della via interiore. Qualunque cosa noi possiamo dire o fare, ha un senso se siamo passati e se passiamo, ogni giorno, attraverso la cruna dell’ago della conoscenza di noi stessi…

Un viaggio incontro a sé stessi senza discepoli e maestri.
Il fine del sentiero è fornire alla persona gli strumenti per conoscersi e trascendersi: questo può realizzarsi più agevolmente se la persona non è lasciata sola e se viene accompagnata in questo processo. Nel sentiero all’insegnamento corrisponde una pratica di accompagnamento…

La compassione che sorge dalla contemplazione.
Quando sei davanti a te stesso, così come sei, quando sei davanti all’altro, così come è, quando ti è evidente il tuo limite e quello dell’altro, quando tutta la realtà manifestata non parla che di una limitazione in atto, piccole tessere di un infinito mosaico…

Nella fiducia della vita l’incontro con il dolore.
Nessuno è solo, abbandonato a se stesso. Nessuno è scaraventato nella vita senza gli strumenti per affrontarla, per manifestare se stesso, per vivere i processi che la vita gli presenta…

Nella pienezza della propria umanità.
Non è dalla negazione di sé che può germogliare qualcosa, ma è nella discesa dentro l’intimo proprio essere, nell’accettazione, nell’accoglienza, nella comprensione del proprio limite e del proprio talento…

Aderire alla vita.
Nella radicalità del gesto del vivere, dove tutta la realtà, così come appare ai sensi e al sentire interiore si manifesta, affiora la trascendenza al gesto stesso. Lì, in quel pensiero, in quell’emozione, in quell’azione…

Siamo intrisi di divenire, mentre niente diviene.
Il seme non diviene pianta, il cucciolo non diviene adulto, l’assassino, vita dopo vita, non diventa santo. Non c’è nessun divenire, ogni cosa, essere, persona, è quel che è in quel momento presente…

Identità e contemplazione: due dimensioni che non si incontrano.
A noi non interessa la speculazione filosofica ma la realtà e l’esperienza della realtà. Quella che per l’uomo è l’identità ai nostri occhi appare come una connessione, su diversi piani di consapevolezza, di elementi tra loro non connessi…

Se vuoi comprendere questo tentativo nel silenzio.
Qui, in una forma discreta e assolutamente ordinaria e insignificante, prende corpo un’esperienza interiore che ha le stesse motivazioni interiori dei tanti ricercatori, monaci, eremiti, che a tutte le latitudini e in ogni tempo sono andati incontro all’esistenza…

L’evoluzione dell’uomo da ego ad amore.
Nel sentiero raramente parliamo di evoluzione; ci focalizziamo sull’essere, sull’adesso, su quello che la vita ci presenta. Quello che accade ci trasforma, lo sappiamo, ma non poniamo l’accento sulla nostra trasformazione quanto sull’arrendersi alla vita. Perchè? (…)

Un canto dall’eremo.
Di chi sono queste giornate?
Sono mie, sono tue?
O sono semplicemente questo accadere che giunge
e che ti sprofonda dentro? (…)

Una questione centrale nella via spirituale.
La questione centrale è che tutte le persone debbono, mano a mano, spostare la loro consapevolezza dal piano più denso a quello più spirituale?Direi proprio di no, direi che la questione centrale è il superamento della logica sequenziale dei piani di focalizzazione e consapevolezza…

Contemplare è smettere di cercare.
Quante parole! Le parole parlano di noi, le persone che incontriamo parlano di noi, le notizie al telegiornale parlano di noi: se abbiamo orecchie per ascoltare e strumenti concettuali per interpretare, ci possiamo accorgere che tutta la realtà parla di noi…

Il tempo nella vita dell’eremo

Giorno dopo giorno mi rendo conto che
i nostri ritmi, i nostri gesti, le nostre reazioni,
diventano sempre più lenti.
Il gesto si dilata e prende forma
in una condizione temporale
sempre meno definita:
lo spazio e il tempo
acquisiscono un altro spessore,
un altro senso, un’altra pregnanza.
Il tempo lento appare ed è metafora
del tempo immobile:
più è lento, più è significante
e pregno; raggiunge
il suo apice di senso quando è immobile.

Il ritmo delle giornate

Ti rendi conto dell’importanza
del ritmo nelle tue giornate
solo quando lo perdi.
La presenza dei muratori,
che sempre osservi stupito
per la loro sapienza nel fare,
ha portato una perturbazione
in quel ritmo sempre uguale a se stesso.
Per la vita nell’eremo
il ritmo è come il ventre
per il bambino in gestazione:
nel ripetersi del conosciuto
ogni cosa scivola silenziosa
e l’attenzione torna e torna
su quel piccolo presente.