Noi risorgiamo dal buio dell’ignoranza alla luce della comprensione

Di cosa parla la morte di Gesù figlio di Giuseppe?
Di una vita realizzata ed offerta.
Non è stato il primo, né l’ultimo tra i tanti che hanno offerto agli altri non solo la propria esistenza, ma anche la propria morte.
Quanti sono morti in virtù del compreso e delle loro azioni e quel loro morire è stato un condursi fino in fondo mettendo vita e morte nelle mani del loro prossimo affinché il messaggio fosse completo?
Chi vive comprendendo consapevolmente, non vive mai per sé.
Chi comprende non distingue tra vita e morte, non li considera opposti: un solo respiro lega i due, si muore come si è vissuti.

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Il fuoco del cambiamento

Dal vangelo di Tommaso: 10. Gesù disse: – Ho gettato il fuoco sul mondo ed ecco, veglio su di questo, finché esso arda.
Riferimenti nei sinottici:
Luca 12,49: Io sono venuto ad accendere un fuoco sulla terra; e che mi resta da desiderare, se già è acceso?
Matteo 10:34-36: 34 Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada. 35 Perché sono venuto a dividere il figlio da suo padre, la figlia da sua madre, la nuora dalla suocera; 36 e i nemici dell’uomo saranno quelli stessi di casa sua.
Traduzione e commento M.Craveri, I vangeli apocrifi, Einaudi, pag. 486

Il fuoco di cui Gesù parla riguarda la combustione della visione di sé e del mondo fondata sul vittimismo, sull’egoismo, sulla separazione.

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Custodire

Cerco di custodire questa distanza siderale dal mondo e la proteggo non come qualcosa che mi rende diverso, ma come una immensa possibilità di conoscenza, consapevolezza e comprensione.
Nella distanza da me come soggetto/mondo, i fatti che accadono sul palcoscenico del divenire divengono chiari e mostrano la loro natura al sentire.
Non alla mente, al sentire. Tutto parla del sentire dell’umano in continua trasformazione e delle mille forme che assume nell’apparire della rappresentazione.
Leggo e incontro con la gioa di leggere e di incontrare; scrivo con la gioa di offrire senza pretesa di me.

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La comunione interiore

Mi piace la disposizione interiore dei Quaccheri, i loro silenzi, l’affidarsi alla guida dello Spirito, l’eucaristia interiore.
Mi chiedo perché un non cristiano come me abbia una sensibilità particolare all’eucaristia, al significato profondo dello spezzare il pane e del bere il vino.
Le radici lontane della mia formazione cristiana, mai coltivata, centrano poco: la questione è relativa allo spezzare, al bere dei sorsi.
Nello spezzare, nel bere, l’Uno diviene i molti: la realtà unitaria assume la forma del molteplice.

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