L’accidia, il lutto della mente

L’accidia è quel senso di noia, di fastidio, di disgusto della vita, di torpore spirituale e di scoraggiamento che colpisce al cuore la vita del monaco: tutto ciò che egli è, fa o crede perde improvvisamente significato, tutto diventa ai suoi occhi inutile e vano […] Da Il cammino del monaco, pag 769, Ed. Quiqajon, Bose.

Fino a quando l’identificazione con la vita, il proprio esserci e spendersi, le proprie mansioni, funzioni, ruoli è sostenuta, il pericolo dell’accidia non si presenta.
Quando la pratica meditativa e contemplativa, i processi di disconnessione e di disidentificazione si fanno più profondi; quando le comprensioni conseguite rendono evidente l’effimero accadere degli attaccamenti, dei bisogni, dei giudizi allora bussa prepotente il lutto della mente che storicamente è stato definito con i termini acedia, accidia.

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La condizione del risiedere

Vi propongo questa comunicazione di Soggetto invitandovi a leggerla e rileggerla perché contiene in sé molti spunti di riflessione ed apre lo sguardo sulla profondità dell’accadere.
Sono temi che abbiamo approfondito tante volte ma su cui non bisogna mai stancarsi di indagare perché la realtà è nascosta nelle pieghe del banale, di ciò che la mente considera banale. L’apparente contiene in sé il significante.
Il linguaggio di Soggetto non è dei più scorrevoli, per facilitare la lettura ho evidenziato le parti più rilevanti.

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La bellezza del tacere

Una parola in meno, un silenzio in più.
Alcuni di noi hanno la necessità di dire e di fare e quando questa è un’esigenza di completamento della propria rappresentazione, del proprio personale diritto a dire “io” non c’è nulla da eccepire.
La stagione della propria centralità non dura per sempre e, quando si è dei buoni osservatori, si comprende quando la propria è finita, o volge al termine.
Allora in casa, in ufficio, nelle amicizie possiamo cominciare a coltivare una discrezione e a limitare l’esposizione del nostro esserci.

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La necessità delle esperienze

Si chiede Caterina: “La coscienza ha bisogno di attingere ai dati che le servono. Può aver bisogno di attingere da un’adozione, da un bambino di zero giorni, o dalla vendita di organi. Se regolamentiamo qualcosa possiamo cambiare i dati che servono alla coscienza di qualcuno? A quella coscienza servono i discorsi su cosa è giusto? Nel divenire un venditore di organi può attingere dati dai discorsi di qualcuno e cambiare idea? Anche sì, anche no. Quindi non si può far nulla. All’infuori che rispettare tutte le esperienze che servono alla coscienza. E aspettare che le esperienze si esauriscano?”
Una coscienza è spinta dalla necessità di acquisire comprensioni e in questo suo tentativo non è la morale a trattenerla.

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