L’amore non conosciuto e non compreso che diviene violenza

Chiede Mariella commentando il post Il tempo necessario per contemplare il reale: “Questo vuol dire che anche dietro la violenza, lo sfruttamento, la tortura, ogni efferatezza c’è un impulso d’amore che ti spinge ad agire? Il deficit di comprensione produce un cambiamento di segno?”
Prendiamo il caso di un uomo che usa violenza alla propria compagna: se ascoltiamo ciò che afferma, vedremo che è convinto di agire per amore e, dal suo punto di vista, è certamente così non avendo tutti dell’amore la stessa comprensione.
Dal nostro punto di vista la sua modalità è aberrante ma, d’altra parte, una moltitudine di noi si gira dall’altra parte di fronte al dramma delle guerre, delle carestie, delle migrazioni: siamo più evoluti dell’uomo dell’esempio, ma siamo dei bruti in merito a tante altre questioni.

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Il tempo necessario per contemplare il reale

Ho avuto bisogno di tempo, di molto tempo, di una vita intera da dedicare all’osservazione, all’ascolto, allo stare.
Non avrei potuto vivere diversamente da come ho vissuto e da come vivo: il tempo altro non è che la possibilità di guardare nell’abisso.
Una possibilità che si ripete, che viene offerta ogni giorno, ad ogni ora.
Ho avuto bisogno che il mondo non vorticasse, che la mia mente fosse vuota il più possibile affinché potesse affluire il ciò-che-è.
Non essendo prigioniero del tempo imposto, non dovendo sottostare ai bisogni miei, ho potuto dedicare la grande parte delle energie alla contemplazione del reale, di ciò-che-è, di ciò-che-viene-senza-scopo.

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Il piccolo orizzonte personale e il vasto orizzonte esistenziale

Sapevo che il post Chi sei? Sono il processo dell’obbedire avrebbe provocato qualche mal di pancia, d’altra parte non stiamo qui a “pettinare le bambole”.
Non metto in dubbio che ci siano molte motivazioni valide per quei mal di pancia che affondano le radici nella storia di ciascuno di noi, ciononostante ribadisco un principio: quando si è conosciuta la realtà dell’esistere autentico, l’obbedienza è un’evidenza; se ancora evidenza non è, questo è dovuto al permanere di elementi di identificazione e dunque di condizionamento.
Ogni volta che scrivo dei temi ultimi dell’esistere, mi coglie un timore e il dubbio di parlare di qualcosa che non tocca chi legge o, se lo tocca, lo sfiora ma non lo impatta.

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Chi sei? Sono il processo dell’obbedire

Obbedire: latino oboedire, composto di ob e audire «ascoltare».
Il processo dell’aderire all’ascolto senza da esso volersi e potersi affrancare, senza volerlo e poterlo negare, volendo e dovendo per intima natura propria assecondarlo e perseguirlo.
Assecondare l’ascolto perché altro non è dato e non si cerca: quella è la vita di alcuni di noi, obbedire.
Per estensione, ascoltare è anche osservare, come pure recepire, ovvero tutto ciò che ha a che fare con il processo della vita che ci impatta e che registriamo e proteggiamo nel nostro interiore, nella coscienza innanzitutto.

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