L’essenza dell’amore vero è rendere felice l’altro?

“Quando ami sul serio, fai tutto in funzione della felicità dell’altro”.
Desidero commentare questa espressione, non conosco personalmente il suo autore e il suo pensiero e non intendo polemizzare con lui, mi interessa solo la sua espressione in quanto comune a molti in ambiente cristiano-cattolico.
Ad una prima analisi superficiale, l’espressione è condivisibile soprattutto perchè sottende un principio: non della mia felicità mi curo, ma della tua; anzi, realizzo la mia servendo te.
Ad un’analisi più approfondita, l’espressione mostra i suoi limiti: se ti amo opero, agisco, mi muovo con la finalità, con lo scopo di renderti felice?

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Il Dio senza volto e senza nome incontrato nel sentire

Quando l’umano è nel bisogno forte ed urgente, si rivolge ad un Dio che diviene per lui un interlocutore definito, un Tu che prende forma nell’urgenza esistenziale del momento.
Quando quell’urgenza non c’è e l’interiore è disteso, la persona che non ha ricevuto una educazione religiosa tradizionale, sfuma quel Tu e i suoi contorni si perdono.

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Agire nel mondo mossi dalla compassione, non dalla protesta

Scrive Melania: La lotta alle ingiustizie, quando fermarsi, quando riconoscere che è l’identità che sbraita invece di convincersi di esser mossi dal giusto sentire? […]
Cioè, tutto ci interpella, ma se incontri una vecchina caduta in terra la aiuti a rialzarsi? Ovvio! Se sparano a un nero per il colore della sua pelle manifesti l’assurdità di questo gesto, se convocano in tribunale un minore straniero non accompagnato senza motivo ne chiedi le ragioni, se accusano una freelance per un falso ma il suo capo era connivente, pretendi che lei non sia la sola a pagare: ma quanto ci riguarda davvero tutto questo e in che termini? […]

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L’identità, il sentirsi d’esistere e l’infinita ricerca del significante

L’identità è simile ad un cane da caccia, instancabilmente alla ricerca di una traccia olfattiva il secondo, di un motivo per sentirsi d’esistere la prima.
Tutta la ricerca del nuovo, dello stimolante, dell’interessante, del curioso, dell’attraente, dell’eccitante, del significante altro non è che l’infinito simbolo di un ologramma che ricerca i segni della propria concreta esistenza: non trovandoli, essendo essa niente altro che una interpretazione, una lettura, una etichetta sul modo di vivere e di relazionarsi con i fatti, il dubbio dell’inconsistenza la pervade e la conduce ad una ricerca senza fine di conferme.

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