Nel divenire, l’essere rivelato dall’ascolto profondo

Se un fatto non è visto e dall’impatto con esso non si lascia che sorga sensazione, emozione, pensiero, quel fatto non esiste o non ha consistenza.
È cioè necessario che un fatto, che in sé altro non è che sentire, possa attraversare i vari corpi e piani del percepente e trovare una esecuzione, ovvero dar luogo ad una reazione/azione: allora il ciclo si chiude e il processo del conoscere, divenire consapevoli, comprendere ha compito il suo corso.
Questo è ciò che ad ogni attimo viviamo, la sostanza profonda che qualifica ogni sequenza di fotogrammi che riconosciamo come la nostra vita, il nostro presente.
Se il fatto è visto e ci attraversa, allo stesso modo ci abbandona: davanti all’obbiettivo fotografico tutto scorre, tutto viene registrato e suscita impressione, e tutto viene abbandonato.

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L’orizzonte della stabilità interiore e la chiara visione

Definisco stabilità interiore quella condizione emotiva, cognitiva ed esistenziale in cui un naturale fluttuare appoggia sulla chiara visione del proprio procedere esistenziale ancorato ad una visione unitaria di sé e della vita.
La chiara visione del personale procedere sorge quando si esce dalle nebbie dell’ignoranza e si diviene capaci di decodificare quanto il presente porta come insegnamento e quanto come semplice presa d’atto.
La chiara visione nasce dal discernimento dei fatti, delle reazioni personali conseguenti e dalla capacità di non nascondersi di fronte alle proprie responsabilità, affrontando ciò che va affrontato e alleggerendo su ciò che lo richiede.

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Ciò che deturpa la veste della Madre

Di sentire e pensieri, di emozioni e sensazioni, di fiori, erbe, sterco, rami secchi, profumo di radici, foglie e forza di viole è intessuta la veste della Madre.
Ogni mattino, la notte cede senza rimpianto il posto al giorno, gli esseri della notte a quelli della luce, i pensieri confusi al dispiegarsi del reale e di un ordine almeno tentato.
Ed ogni sera, il giorno si ritrae avendo esaurito il suo compito: così, senza apparente fine, si dispiega il manto della Madre e assume i colori, le fattezze, le usure del tempo, l’illusorietà del divenire per noi umani così reale.
Non è lo sterco che deturpa la veste della Madre, è la rinuncia a sé, al proprio progetto esistenziale, alla propria autonomia di manifestazione, all’essere quel piccolo segno e cifra – così come a ciascuno è dato – nel tessuto del tempo e dell’essere.

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Amando l’impermanenza della vita “in sé”

[…] Vivere, amando l’impermanenza, significa appassionarsi a ciò che varia in continuazione, ma rimanendo effimero, e questo porta ad essere in armonia con la variabilità e quindi col nascere e scomparire di tutti gli aspetti che l’alterità mostra dentro le relazioni. Mentre voi umani siete fissi nella pretesa di costanza e di solidità che cercate di costruire e di mantenere nei rapporti che vi interessano.
Ricordatevi che l’impermanenza, vissuta nelle relazioni, non può che entrare in conflitto con la pretesa di cambiamento dell’altro in base alle vostre aspettative – cioè “per voi” – oppure col mantenimento della relazione secondo le vostre esigenze – ancora una volta “per voi” -.

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